Politica, polizia e crimini di guerra
Forti polemiche tra l’Alto Rappresentante e i vertici della RS. Coinvolgono anche le indagini sui crimini di guerra commessi contro soldati e civili di nazionalità serba. Secondo il settimanale di Sarajevo DANI, un ulteriore esempio di ingerenza della politica nel lavoro della polizia e della magistratura
Di Esad Hećimović, 23 settembre 2005, DANI (tit. orig. Šemsudin Mehmedović i Mustafa Cerovac pred Sudom BiH?!)
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Ivana Telebak
Le divisioni nazionali e le influenze politiche all’interno della polizia continuano ad essere il maggiore impedimento allo svolgimento di indagini serie sui crimini di guerra. Un parziale riconoscimento di tali divisioni è giunto dall’OHR (Ufficio dell’Alto rappresentante, ndt), solo dopo che le trattative della scorsa settimana sulla riforma della polizia sono fallite e i colloqui per firmare l’Accordo di associazione e stabilizzazione con l’Unione europea, per quest’anno, sono stati rimandati.
Domenica 18 settembre 2005, l’OHR ha reso noto che durante la scorsa settimana è stata consegnata una lettera al ministro degli affari interni della Republika Srpska, Darko Matijasevic, nella quale Lawrence Bulter, il primo vice dell’Alto rappresentante, "preoccupato constata che il ministro ha mescolato pubblicamente la politica con il lavoro della polizia". Nella lettera si critica la direzione del MUP (Ministero degli interni, ndt.) della RS per avere organizzato la conferenza stampa del 9 settembre a Pale, durante la quale la polizia della Republika Srpska ha reso pubblici i dettagli dell’indagine su eventuali crimini di guerra commessi contro i serbi.
L’ambasciatore Butler ha affermato che con "la pubblicazione dei dati relativi alle indagini sui crimini di guerra, il ministro ha violato uno dei principi fondamentali del lavoro della polizia – la sicurezza della procedura d’indagine". Secondo Butler, "informazioni di questo genere dovevano essere passate in modo silenzioso e professionale ai procuratori competenti, per permettergli di svolgere il loro lavoro in un’atmosfera che avrebbe contribuito all’applicazione dei termini di legge". Il primo vice dell’Alto rappresentante ha ricordato al ministro Matijasevic che l’Alto rappresentante ha inviato lo stesso avviso al direttore della polizia più di tre mesi fa.
Dragan Andan allora si era impegnato a fare in modo che in futuro non ci sarebbero più stati episodi simili. "Il vostro ministero, invece, ha organizzato di nuovo la conferenza stampa e ha presentato informazioni fatte apposta per suscitare la preoccupazione dell’opinione pubblica della RS e della BiH, senza adeguate prove o valutazioni indipendenti del procuratore", ha detto l’ambasciatore Butler, affermando che ciò rappresenta l’intromissione della politica nel lavoro della polizia. "Organizzando questa conferenza stampa, il ministro degli affari interni della Republika srpska ha confermato di non essere in grado di rispettare il primo dei tre principi della Commissione europea per la riforma della polizia – l’eliminazione dell’ingerenza politica nel lavoro della polizia", ha sottolineato Butler, chiedendo al ministro Matijasevic di consegnargli entro mercoledì 21 settembre il rapporto col quale dovrebbe spiegare il comportamento del suo ministero.
Come ci si poteva anche aspettare, tale lettera a Banja Luka è stata recepita in modo sbagliato, come un divieto di presentare delle prove sui crimini di guerra commessi contro i serbi. Il presidente del Governo della RS Pero Bukejlovic il giorno dopo a Kozarska Dubica ha detto che "nessuno ci può negare il nostro diritto di esporre pubblicamente i crimini commessi contro il popolo serbo". "Noi continueremo le ricerche in tutti i territori dove sono stati commessi i crimini di guerra", ha promesso Bukejlovic, affermando che proprio Banja Luka "è stata la prima ed unica ad avviare l’accertamento della verità su Srebrenica".
Bukejlovic, facendolo di proposito o no, non vede la differenza fra queste due indagini. Nel caso di Srebrenica, i crimini sono stati commessi sul territorio che era sotto il controllo del governo della RS e con la partecipazione delle unità della polizia e dell’esercito della RS. In parole povere, il governo della RS era direttamente coinvolto in questi crimini.
I crimini dei quali adesso si parla nei rapporti del MUP della RS sono stati commessi sul territorio sotto il controllo del governo di un’altra entità. Durante la conferenza stampa in questione il 9 settembre è stato reso pubblico che una squadra speciale del MUP della RS e i centri della pubblica sicurezza di Banja Luka, Doboj, Trebinje, Bjeljina e Sarajevo orientale hanno consegnato all’inizio di settembre di quest’anno sette nuovi rapporti sui crimini di guerra compiuti contro i serbi nelle zone di Sarajevo, Mostar, Jablanica, Konjic, Bihac, Cazin, Tesanj, Kladanj, Teslic, Bosanski Petrovac, Drvar, Krupa sulla Una, Kljuc, Sanski Most, Mrkonjic-Grad e Sipovo.
Il MUP della RS afferma che in questi rapporti sono stati documentati 66 casi di omicidio, tre di ferimento, cinque casi di stupro e 1.136 arresti. Per questi casi sono state sospettate 555 persone identificate e parzialmente identificate. Sulla qualità dei rapporti e delle prove, naturalmente, il giudizio preliminare verrà dato dalle procure competenti (la procura statale di Sarajevo e le procure distrettuali della RS) ai quali il MUP della RS ha inviato questi rapporti. I nomi dei denunciati per ora non sono stati pubblicati.
Non è ancora chiaro quali casi saranno processati a livello statale e quali a livello cantonale nella Federazione, e a livello distrettuale nella RS. Finché ciò non accade, nonostante tutte le riforme, permane una completa divisione secondo la nazionalità della vittima.
I tribunali, solitamente, sono competenti per i processi relativi al luogo in cui è stato commesso l’atto penale, ma ciò non accade in BiH. Da noi, per esempio, per i crimini contro i bosgnacchi a Doboj (RS) il processo si tiene a Zenica (FBiH), e il processo per i crimini contro i serbi di Tesanj (FBiH) si tiene a Doboj (RS). Dunque, la competenza della polizia, della procura e dei tribunali dipende dalla nazionalità della vittima.
Insieme con la precedente indagine contro alti funzionari politici, militari e di polizia di nazionalità serba di Doboj, condotta a Zenica, la polizia adesso ha inviato alla procura di Doboj la denuncia per i crimini contro i serbi a Tesanj. Il Centro per la pubblica sicurezza di Doboj ha inviato, il 31. 8. 2005, alla Procura distrettuale di Doboj il rapporto sui crimini commessi da nove persone identificate o parzialmente identificate e altre persone non identificate, membri dell’Armija BiH e dei mujahedin, sulla base del sospetto che abbiano commesso crimini di guerra contro i prigionieri di guerra, assassinio e ferimento del nemico violando le regole di guerra, crimini di guerra contro la popolazione civile, organizzazione dei gruppi di persone e istigamento a commettere azioni criminali.
"Nella località di Crni vrh, nel territorio del comune di Tesanj e di Teslic, i membri dell’Armija BiH – i Gruppi operativi 7-Jug – hanno imprigionato un gruppo di sei membri dell’Esercito della Republika Srpska, che consegnavano il cibo con un carretto trainato da cavalli e siccome non conoscevano il territorio, si sono smarriti fino ad arrivare alle postazioni del nemico. Tre soldati sono riusciti a scappare, mentre sono stati arrestati Blagoje Blagojevic (1948), Nenad Petkovic (1971), e Branislav Djuric (1952), tutti i tre di Teslic. Dopodiché, sono stati uccisi in modo atroce dai membri dell’Armija BiH e dai mujahedin: gli è stata tagliata la testa. I loro corpi, e le fotografie in cui si vedono i membri dell’Armija BiH e i mujahedin che trionfano sopra le loro teste mozzate, sono stati trovati dai membri dell’Esercito della RS, dopo il contro attacco durante il quale hanno liberato le zone della località menzionata. E’ stato accertato in modo sicuro che le teste di questi tre soldati sono state impalate per un mese presso la fortezza di Tesanj, dopo di che sono state sepolte in un posto sconosciuto e ancora non sono state trovate", si afferma nella denuncia della polizia della RS.
Si parla anche della eliminazione di altri prigionieri membri dell’Esercito della RS accaduta a luglio e agosto del 1993. Precedentemente, alla fine di giugno di quest’anno, il Centro per la pubblica sicurezza di Doboj aveva inviato alla Procura distrettuale di Doboj anche "il rapporto sugli atti penali commessi contro una persona identificata di Tesanj, sulla base dell’esistenza del sospetto che abbia commesso un atto penale ascrivibile al crimine contro l’umanità previsto dall’articolo 172 e crimini di guerra contro la popolazione civile previsto dall’articolo 173 del Codice penale sulla popolazione civile serba del comune di Tesanj". Nella sola Tesanj di solito a queste affermazioni rispondevano che si tratta "di propaganda serba" e che tali affermazioni sono o infondate o che si tratta di casi già processati.
Nella procura distrettuale a Doboj al giornalista di Dani il 14 settembre hanno confermato che "hanno registrato due rapporti sui crimini di guerra commessi scontro i serbi sul territorio di Tesanj e Teslic". Hanno precisato che un rapporto è stato avviato contro una persona che nel 1992 era a capo della Stazione della sicurezza pubblica: in tale periodo questo impiego era svolto dalla stessa persona che oggi è a capo dei deputati della SDA al Parlamento federale Semsudin Mehmedovic.
Nell’altro rapporto sono state denunciate nove persone per crimini di guerra commessi nel periodo che va dal 1992 al 1995 contro la popolazione civile, i prigionieri di guerra, e per assassinio e ferimento del nemico in violazione alle leggi di guerra. Fra i denunciati ci sono il comandante del Gruppo operativo 7- Jug dell’Armija BiH (Mustafa Cerovac), e i membri dell’Armija BiH che insieme ai mujahedin erano addestrati nella formazione militare mista che a Jablanica, vicino a Tesanj, aveva il campo di ritrovo e di addestramento.
"I rapporti registrati, così come i nuovi casi, in accordo con la raccomandazione della Procura della BiH e con le indicazioni della Procura della Repubblica della RS, sono stati messi a disposizione della Procura BiH", hanno risposto da Doboj. Nonostante questa risposta rimandi soltanto alla procedura stabilita fra i diversi livelli della procura, è ovvio che le stesse denunce non sono state respinte.
L’OHR rimprovera alla polizia della RS di aver pubblicato le informazioni sulle indagini prima della loro verifica, e non, ovviamente, per l’indagine in sé sui crimini di guerra contro i serbi. Ma, il dibattito fra l’OHR e i politici di Banja Luka ancora una volta ha messo in mostra che le riforme della magistratura e della polizia fatte fino ad ora non hanno toccato il problema della divisione nazionale e della politicizzazione delle questioni relative ai crimini di guerra.
Politici e poliziotti continuano a fare scontri internazionali su chi è colpevole, per che cosa e quanta colpa ha, e non si sono dedicati all’indagine e alla punizione degli effettivi crimini di guerra commessi sul territorio in cui loro rappresentano il potere. Perciò la notizia che alcune denunce per alcuni di questi crimini siano finalmente arrivate alle procure locali è un incoraggiamento importante, perché la loro storia finalmente passerà dalla propaganda ai tribunali.