La strada d’acciaio, ferrovie in Bulgaria (II)
Negli ultimi anni si è scommesso sulle quattro ruote e abbandonato le rotaie. E i treni vanno sempre più lenti. L’intero tratto Salonicco-Sofia-Bucarest viene percorso in circa 20 ore, all’esasperante velocità media di 35/40 chilometri l’ora. Un reportage, le seconda di tre puntate
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Un presente amaro
Il treno interbalcanico "460" arriva nella stazione di Sofia con appena dieci minuti di ritardo. In otto ore ha risalito lentamente i 300 chilometri dell’antica valle dello Struma, costeggiando le cime già innevate del Pirin e della Rila, dopo aver lasciato Salonicco e i tepori autunnali del mare Egeo.
Nel primo mattino, immerso in una bruma densa e lattiginosa, il "460" assomiglia ad una visione onirica: pochi vagoni dall’aspetto trasandato, trainati da un massiccio blocco d’acciaio rosso dalla vaga forma di locomotiva. Sulle tendine sbiadite di velcro marrone lo stemma delle BDŽ, le ferrovie bulgare, a proteggere la privacy di passeggeri più immaginari che reali.
Il treno è silenzioso, chi sale viene quasi inghiottito dagli scompartimenti vuoti. Nel nostro una signora sulla quarantina, capelli biondo cenere e pochi bagagli, ci da un timido benvenuto con un cenno del capo.
Si parte. Le porte del treno rimangono aperte, e dal freddo pungente ci accorgiamo che il riscaldamento non funziona. In corridoio alcuni sportelli sbattono rumorosamente ad ogni irregolarità delle rotaie, mentre le luci al neon ronzano nel disperato tentativo di accendersi.
Una patina grigia, fatta di polvere e abbandono, sembra essersi posata su ogni cosa, come un velo impalpabile e sottile.
Ferrovie vecchie e costose
Secondo i dati ufficiali delle BDŽ, l’82% delle locomotive in funzione ha un’età superiore ai vent’ anni. Una fetta consistente, il 29% ne ha più di trenta. A fare da contraltare a questi dati, un misero 5% ne ha meno di dieci.
Dalle stesse BDŽ è stato calcolato che per l’attuale volume di traffico, già molto ridotto, sarebbero necessarie 372 locomotive. Attualmente quelle utilizzabili sono 346, le altre 235 in possesso delle ferrovie sono ferme o in riparazione, per non parlare dei 717 vagoni fuori uso su un totale di 1383.
Le ferrovie bulgare sono vecchie e il materiale viaggiante non viene rinnovato da ormai troppo tempo. Sono ancora la vecchie "Škoda 44" prodotte in Cecoslovacchia e acquistate dai "fratelli socialisti" tra il 1975 e il 1980 a tirare la carretta, alcune delle quali rammodernate da poco nelle officine meccaniche di Končar, in Croazia.
"Naturalmente" racconta l’ingegner Kondakov, direttore del mensile "Železopaten Transport","il problema è che mancano i soldi, e quelli che ci sono spesso si perdono nella frattura creata tra la "BDŽ" che geste i treni, e la società "Železopatna Infrastruktura", che si occupa dell’infrastruttura a terra. Le due società sono nate nel 2002, quando le vecchie ferrovie sono state divise per permettere a operatori privati di entrare sul mercato. Recentemente due società private, la "Bulmarket" e la "B.Ž.Kompanija", a partecipazione rumena, hanno ottenuto la licenza per viaggiare, anche se per ora solo su linee secondarie".
La divisione ha portato però a una certa confusione nella divisione dei fondi statali, tanto che Oleg Petkov, fresco direttore delle BDŽ, nella sua prima conferenza stampa, tenuta a fine ottobre, ha proposto di rivedere questa sistemazione, tornando ad un legame più stretto, sotto forma di holding o consorzio.
Intanto nei primi nove mesi del 2005 le ferrovie hanno accusato perdite per 26,5 milioni di leva ( c.a.13 milioni di euro), un risultato peggiore di 8 milioni di leva rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
A questi dati possiamo affiancare le parole di Dimitar Gajdarov, giovane direttore della società "Železopatna Infrastruktura", che in una recente intervista si è potuto mestamente fregiare di "una perdita di soli 13 milioni di leva per il 2004, rispetto ai 35 milioni previsti, il miglior risultato finanziario degli ultimi anni".
Per poi aggiungere, "Lo stato ci finanzia nei limiti del suo budget, ma queste risorse sono del tutto insufficienti. Se per il 2005 abbiamo richiesto 100 milioni di leva per le spese minime di rinnovamento e manutenzione delle infrastrutture, i fondi approvati raggiungono appena i 24,3 milioni".
A passo di lumaca
Il treno "460" continua ad andatura ridotta il suo viaggio verso la pianura danubiana. Adesso la strada ferrata si infila nelle strette gole dell’Iskar, fiume che, quasi magicamente, è riuscito in milioni di anni a scavarsi il letto attraverso le montagne, in una lotta impari con i Balcani, guadagnandosi così il diritto di donare le sue limpide acque alla melma pacifica e bruna del Danubio.
In viaggio scopriamo che Adela, la nostra compagna di viaggio, è di Bucarest. Chiediamo come sono le ferrovie rumene. "Sono belle", dice "non come quelle bulgare, che fanno schifo. In Romania funzionano bene, come quelle italiane". Ma ci resta il dubbio di parole partigiane, anche perché Adela ammette candidamente di non essere mai stata in Italia.
Dal finestrino, intanto, vediamo boschi silenziosi e piccoli villaggi di case a pianta quadrata alternarsi a vertiginose rocce variopinte a picco sul fiume. A Bucarest mancano ancora circa 400 chilometri e almeno 9 ore di viaggio. L’intero tratto Salonicco-Sofia-Bucarest viene percorso in circa 20 ore, all’esasperante velocità media di 35/40 chilometri l’ora.
"I treni non vanno soprattutto a causa dell’infrastruttura che invecchia" racconta Hristo Ivanov, trentacinque anni, fisico asciutto e occhi profondi che tradiscono l’amore per il suo lavoro, quello di macchinista. "Le locomotive potrebbero andare più forte, ma per mantenere la sicurezza in queste condizioni i treni devono rallentare, così che oggi la velocità media è nettamente più bassa rispetto agli anni ottanta".
Se sul tratto Sofia-Plovdiv, il più moderno e trafficato, nel 1988 si viaggiava in media a 73,6 chilometri l’ora, oggi la velocità è scesa a 61,1 e il trend rimane negativo. E lo stesso vale per tutte le altre linee della rete.
A queste velocità il servizio è tutt’altro che ottimale, e subisce la concorrenza delle compagnie di trasporto su ruote, che in Bulgaria hanno diffusione capillare. Di solito gli autobus partono con maggiore frequenza, sono più puliti e in genere offrono un servizio più rapido, anche se leggermente più costoso.
"Negli ultimi anni la lobby delle quattro ruote ha avuto la meglio" sostiene l’ingegner Kondakov," e le ferrovie hanno perso terreno. Nell’ultimo piano di sviluppo del ministero dei trasporti, però, il treno ha riacquistato una posizione importante, anche perché alla lunga, in Bulgaria, il trasporto su rotaia rimane il più sostenibile, sia economicamente che dal punto di vista ecologico, e con l’ingresso nell’ Unione Europea, questo si rivelerà un fattore determinante".
Le gole dell’Iskar si aprono, arriviamo a Mezdra e scendiamo dal treno. Il "460" riparte con uno scossone leggero, per un attimo sembra esitare, poi si allontana verso l’orizzonte basso e brumoso.
Quando arriverà a Bucarest la notte avrà già inghiottito il cielo dei Balcani.
(continua … )