La strada d’acciaio, ferrovie in Bulgaria (III)
Nel 2005 le ferrovie bulgare hanno investito milioni di euro per acquistare dei nuovi treni passeggeri. Ma, per gli addetti ai lavori, salvare le BDŽ sembra davvero un’impresa titanica. Anche la natura ha girato le spalle alla ferrovia, con le inondazioni che quest’estate hanno provocato danni per decine di milioni di leva. Un reportage, l’ultima di tre puntate
Assalto al treno
"Io veramente preferisco guidare i treni merci" mi dice all’improvviso Hristo, mentre chiacchieriamo nel centro di Sofia, alla fredda luce di un pomeriggio tardo autunnale. Macchinista da sei anni, sguardo tranquillo, parla dei treni come se rivelasse un segreto prezioso su una cosa o una persona amata. "Sono meno sofisticati", continua, appassionandosi al suo stesso racconto, "e per dominarli bisogna sentirne le vibrazioni, il respiro, come se fossero cose animate e vive".
Le parole scorrono lente, davanti ad un caffè che fuma pigramente in bicchieri di plastica giallo vivo. "D’altronde" riprende Hristo, senza riuscire a nascondere un sorriso, "sui treni merci bisogna fare presto l’abitudine alla lentezza, alle lunghe attese su linee morte, ai treni passeggeri che ti sorpassano veloci."
"I treni merci però hanno anche i loro svantaggi", e la luce negli occhi per un attimo cambia colore. "Quando attraversiamo le "mahala" (quartieri degradati abitati da rom) veniamo assaltati da bande organizzate, che rubano i rottami di ferro che trasportiamo, per rivenderli a pochi soldi. Montano sui vagoni in corsa, anche quando viaggiamo ai quaranta all’ora. Spesso, poi, per rallentarci, bersagliano coi sassi le locomotive, o improvvisano barricate sui binari, col rischio di far deragliare il convoglio".
In un comunicato ufficiale di inizio aprile le BDŽ, le ferrovie di stato bulgare, esprimevano viva preoccupazione per i numerosi "attacchi contro il materiale viaggiante delle ferrovie, soprattutto da parte di rappresentanti della comunità rom, che cominciano ad assumere il carattere di t[]e sistematico".
Nel primo trimestre 2005, tra Birimirtzi e Podujane, alla periferia di Sofia, il tratto più problematico, ci sono stati ventisei episodi di aggressione, su quello Hrabarsko-Pernik almeno diciannove. Su tutta la rete gli attacchi sarebbero stati 184, contro i 105 dello stesso periodo dell’anno precedente, a sottolineare un fenomeno in crescita.
"Rubano anche i componenti dell’infrastruttura", conclude amareggiato Hristo, "e chiamare la polizia non serve a niente, visto che alla fine riescono sempre a farla franca", e nelle sue parole si avverte un solco, una frattura profonda che oggi attraversa e divide la società bulgara.
Il futuro si chiama "Desirò"?
7 gennaio 2005. Finalmente, dopo tanti bocconi amari, per le ferrovie bulgare sembra essere arrivato il giorno della riscossa. Viene firmato in pompa magna l’accordo tra le BDŽ e i tedeschi della Siemens per l’acquisto di venticinque motrici diesel modello "Desirò", nuove di zecca. Si tratta di piccoli treni con 123 posti a sedere, ultramoderni, per le linee non elettrificate, quelle dove le perdite sono più pesanti. Costo dell’operazione, 67 milioni di euro.
Le prime "Desirò", accolte alla stazione di Sofia dall’allora premier Simeon Sakskoburggotski, entrano in servizio a fine aprile, e poco più di un mese più tardi viene firmato un ulteriore accordo, con cui Siemens e BDŽ creano un consorzio per la manutenzione delle motrici. Viene inoltre sottoscritta l’opzione d’acquisto di altre venticinque motrici, stavolta elettriche, da effettuare entro la fine del 2008, al costo di 117 milioni di euro.
Se l’acquisto delle nuove motrici, già adottate dalle ferrovie greca e rumena, rappresenta il più grande sforzo di modernizzazione delle ferrovie bulgare, questo non significa che manchino le critiche.
"Con gli stessi soldi si potevano comprare locomotrici più flessibili, in grado di trainare sia treni merci che passeggeri" sostiene Ivajlo Ivanov, del sindacato S.Ž.B., " e poi a che ci servono treni che vanno a 120 chilometri l’ora, se le linee non lo permettono?".
La sostanza dell’accordo è stata messa in dubbio anche dallo stesso Oleg Petkov, nuovo direttore delle BDŽ, appena insediato dal nuovo governo Stanišev, sostenendo che questo doveva essere rivisto da cima a fondo. Qualcuno mormora che la vecchia dirigenza abbia preteso per sé una fetta dei soldi investiti, e che adesso anche la nuova voglia la sua parte.
Il destino delle "Desirò" ancora non è chiaro. Per il momento però viaggiare su questi treni sembra essere rischioso soprattutto per i macchinisti. Da quando sono entrate in funzione, anonimi lanciatori di pietre hanno centrato le nuove motrici già quattro volte, l’ultima a fine novembre tra Simeonovgrad e Harmanli, non lontano dal confine turco.
L’ultima speranza viaggia sui "corridoi"
Nonostante gli sforzi, salvare le BDŽ sembra davvero un’impresa titanica. Anche la natura ha girato le spalle alla ferrovia, con le inondazioni che quest’estate hanno provocato danni per decine di milioni di leva. Lo stato non ha i mezzi per rispondere da solo alla crisi, e allora le speranze vengono dall’esterno.
Quando, negli anni novanta, a Creta ed a Helsinki furono stabiliti i tracciati dei "Corridoi di trasporto pan-europei", la Bulgaria si ritrovò al centro di un grande progetto di collegamento tra est ed ovest del continente, con ben cinque corridoi, su un totale di dieci, che si intersecano sul suo territorio.
Circa il 42% dei 4320 chilometri della rete ferroviaria bulgara si trova sui tracciati dei corridoi, comprese tutte le linee principali. Il tratto Gjueševo-Sofia-Varna-Burgas fa parte del corridoio n°8, che collega l’Adriatico al mar Nero, quelli Kulata-Sofia-Vidin, con il progettato secondo ponte sul Danubio, e Plovdiv-Svilengrad del corridoio n°4, mentre il tratto Sofia-Kalotina, verso la Serbia, funge da connessione col corridoio n°10.
Il problema è che non basta aver approvato i tracciati, bisogna anche realizzarli, e in fretta, perché le direttrici di traffico fanno gola a tutti, e la concorrenza è forte. "Al momento", conferma Todor Kondakov, di "Železopaten Transport", "l’unico progetto su cui si sta effettivamente lavorando è la modernizzazione del tratto Plovdiv-Svilengrad, grazie a un prestito della Banca Europea e ai fondi pre-adesione".
Nel frattempo, sostiene su "Geopolitika & Geostrategija" Dimitar Konstantinov, professore all’Università dei Trasporti di Sofia, il rischio è di venire accerchiati: dalla Romania a nord, che costruisce sulla direttrice Arad-Bucarest-Costanza e dalla Grecia, che col progetto "Via Ignazia", rischia di svuotare di significato il tanto agognato corridoio n°8 connettendo, a sud, Igoumenitsa con Istambul.
Secondo Iordan Mirčev, presidente della commissione trasporti del parlamento bulgaro, "bisogna agire entro i prossimi tre-cinque anni, e non più tardi del 2009, altrimenti sarà troppo tardi. Se non si prendono le misure necessarie nel 2010 il traffico su rotaia sarà ridotto in Bulgaria al 7% del volume complessivo".
Bisogna fare presto, e le ferrovie bulgare, così come il paese, forse riusciranno a farcela, a rinnovarsi e a cambiare, a non rimanere troppo indietro in un mondo che si è trasformato in fretta, e che continua a trasformarsi ancora più in fretta.
Eppure non è ancora passato il tempo di Hristo, dei suoi lenti viaggi su linee nascoste, quasi dimenticate, delle sue lunghe pause sognanti lungo le vecchie strade d’acciaio che attraversano la Bulgaria, in compagnia delle sue locomotive sbuffanti e vive.