Kosovo: tra lutto e timori

Oggi a Pristina i funerali di Ibrahim Rugova. Presenti più di 40 delegazioni straniere. Ed i kossovari assistono a quanto sta avvenendo con profonda tristezza. Ma anche timore che il percorso verso l’indipendenza possa essere messo in dubbio

26/01/2006, Alma Lama - Pristina

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In fila per rendere omaggio a Rugova - B92

Il suo corpo senza vita è stato posto nei giorni scorsi all’ingresso dell’Assemblea del Kosovo, coperto dalla bandiera che lui stesso aveva disegnato e che voleva fosse il vessillo del Kosovo: bandiera ispirata a quella dell’antica Dardania. La morte di Rugova ha fortemente commosso il Kosovo. Migliaia di persone hanno sfidato il freddo ed il brutto tempo per rendere omaggio al loro leader. Una coda senza fine, in un Kosovo vestito del bianco della neve e del nero del lutto.

La morte di Rugova sembra abbia in un colpo solo fatto dimenticare ai kosovari le varie appartenenze politiche. Lo onorano come presidente, come figura di pace, come studioso di letteratura e come icona della lotta per l’indipendenza. Questo era il suo sogno, e per questo qualcuno sulla stampa locale lo ha paragonato a Martin Luther King. Sogni – sono stati i commenti – che nessuno dei due ha potuto vedere realizzati.

Con la sua sciarpa di seta al collo che lo rendevano un po’ enigmatico agli occhi dei giornalisti e diplomatici stranieri che visitavano il Kosovo, Rugova è divenuto un simbolo della storia recente del Kosovo. Alcuni misteri però se li è portati nella tomba, tra questi anche la stretta di mano con Milosevic, a Belgrado, nel 1999, al culmine della campagna NATO in ex Jugoslavia. Fu uno dei momenti dove la sua reputazione fu messa pesantemente in dubbio, in molti lo accusarono di tradimento. Poi risorse alle prime elezioni del Kosovo sotto amministrazione internazionale.

Durante la sua carriera politica Rugova ha conosciuto anche delle disfatte, in alcune occasioni è stato soprattutto accusato di reazioni apatiche e poco energiche. Il merito che gli riconoscono tutti però, in patria e all’estero, è di aver salvato il Kosovo, agli inizi degli anni ’90, da un vero e proprio massacro, come avvenuto in Croazia e soprattutto in Bosnia Erzegovina. Sono molti gli analisti che sostengono che in quel periodo la comunità internazionale non sarebbe intervenuta, l’opinione pubblica mondiale non era ancora pronta.

La domanda che in molti si pongono in questi giorni è se il Kosovo sarebbe, come è nei fatti oggi, vicino ad una possibile indipendenza, senza Rugova e senza il partito da lui fondato. Difficile credere che senza di lui la storia sarebbe andata in questa direzione.

Rugova era figlio di un piccolo commerciante del villaggio di Cerce, comune di Istog. Padre che non ha mai conosciuto perché venne ucciso dai partigiani jugoslavi quando lui era nato da poche settimane. Rugova non ha accettato la logica della vendetta, ha fatto il contrario, ha lottato con l’arma della non violenza per separare il suo paese dalla Serbia.

Quattro giorni dopo la morte osservando la fila di persone arrivate a rendergli omaggio l’impressione forte che si ha è che più che un leader politico Rugova sia stato un vero e proprio leader spirituale. Uomini anziani, arrivati da villaggi remoti del Kosovo, non riescono a trattenere le lacrime. Hanno perso il loro profeta, l’uomo che credeva ciecamente nelle proprie parole e in quello che faceva.

Rugova ha annunciato la sua malattia proprio mentre stava lavorando alla creazione della squadra negoziale kosovara per le trattative sullo status. E’ stata questa la sua ultima azione politica, nel tentativo di trovare l’unità tra i rappresentanti politici degli albanesi del Kosovo, spesso su posizioni distanti e conflittuali.

Ed ora il vuoto, che fa paura a molti. Non solamente spirituale. I kosovari temono che la sua morte renda più difficile arrivare all’indipendenza. Perché dopo 15 anni alla guida del suo popolo Rugova non ha lasciato un chiaro successore. E questo peserà sulla scena politica kosovara ed è evidente il rischio che condizioni negativamente i negoziati sullo status. I nomi di possibili successori sono già stati pubblicati dalla stampa internazionale. Ma in Kosovo la percezione è che sia ancora presto per trarre ragionevoli conclusioni. Nexhat Daci, speaker dell’Assemblea del Kosovo, Veton Surroi, leader del movimento ORA, Hashim Thaci, a capo del PDK, o lo scrittore Sabri Hamiti. Sono alcuni dei nomi fatti. Ma intanto il lutto continua e ci si prepara per i funerali.

Sono più di 40 le delegazioni attese per oggi a Pristina. Ci saranno anche Havier Solana, Olli Rehn e Martti Ahtissari e molti presidenti della regione. Non tutti. Rimarrà a Belgrado infatti il presidente serbo Boris Tadic, che aveva chiesto di esserci. Le autorità kosovare hanno risposto negativamente, molti in Kosovo hanno ritenuto la sua richiesta una vera e propria provocazione.

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