Bulgaria: malessere transizione
All’inizio del mese la Bulgaria ha festeggiato l’indipendenza arrivata negli ultimi decenni dell’800. Una commemorazione della quale quest’anno è stato protagonista il movimento di destra ed ultranazionalista Ataka. Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Di Alessandro Rubino
Il 3 marzo 1878, data della Pace di San Stefano, dal nome della piccola cittadina nei pressi di Istanbul, in cui furono firmati gli accordi tra l’Impero Ottomano e la Russia zarista, che garantirono alla Bulgaria un’agognata indipendenza dopo cinque lunghi secoli di dominazione, rappresentata per la società bulgara non solamente una delle ricorrenze più sentite, ma soprattutto un’importante momento di riflessione.
Il centoventottesimo anniversario dell’osvobozhdenie (liberazione nazionale) ha restituito un quadro del paese assai problematico, con una formazione ultranazionalistica, Ataka di Volen Siderov, capace di portare per le strade della capitale più di diecimila persone (8000 secondo le stime della polizia; 50000 secondo quelle del partito), arrivate da tutta la Bulgaria, per sfilare contro l’attuale maggioranza di governo, composta da un’eterogenea coalizione di socialisti, sostenitori dell’ex monarca Simeon II e Turchi: al grido "Liberiamo la Bulgaria dal giogo ottomano", in chiaro riferimento al Movimento per I Diritti e le Libertà di Ahmed Dogan. Siderov e i suoi sostenitori, in marcia su Sofia, hanno compiuto un vero e proprio affronto alle istituzioni del paese, particolarmente grave se si considera l’importanza del 3 marzo come simbolo d’unità e coesione. Le rivendicazioni di Ataka non si sono tuttavia limitate al partito turco, ma hanno investito l’establishment bulgaro a trecentosessanta gradi, non risparmiando nessuno: dall’ex Primo Ministro Ivan Kostov, attuale leader dei Democratici per una Forte Bulgaria, reo di aver speculato durante il proprio mandato; all’ex zar Simeon Sakskooburggotski, che durante gli anni del suo governo si è visto restituire molte proprietà in modo poco chiaro, e ai leader del Partito Socialista, sempre più chini alle direttive provenienti dalla Nato e dall’Unione Europea e sempre meno attenti alle necessità dei cittadini bulgari.
Per cercare di comprendere il fenomeno Ataka, non bisogna tuttavia guardare solamente alla storia bulgara degli ultimi mesi (quando la formazione è stata ufficialmente registrata per partecipare alle elezioni del giugno 2005), ma si deve ripercorrere le tappe della difficile transizione dal comunismo alla democrazia e al libero mercato: il populismo di Siderov e soci affonda, infatti, le proprie radici nel fallimento dei precedenti governi, e in una certa misura anche dell’attuale, non solo nel presentarsi alla base elettorale come genuino prodotto delle proprie preferenze, ma anche come garante degli interessi del cittadino comune.
Secondo alcune indagini sociologiche, il ritratto del sostenitore tipo di Ataka è un cittadino di bassa estrazione sociale, che versa in precarie condizioni materiali e che ha maturato nel corso degli anni un distacco-disprezzo nei confronti della politica tradizionale: il Governo, così come i partiti in generale, al di là del loro orientamento, rappresentano per lui l’altro e in un certo qual modo la causa principale della propria condizione. La scelta di un’alternativa extrapartitica, così come avvenuto nel 2001 con la "discesa in campo" dell’ex zar Simeon II, simbolo puro, e del suo Movimento, costituito in tempo record al fine di far convergere sul nome del proprio candidato di punta tutti i favori dell’elettorato, costituisce, pertanto, l’unica alternativa alla disillusione più profonda, che in Bulgaria si manifesta sempre più frequentemente attraverso i bassissimi dati d’affluenza alle urne.
Le catilinarie di Siderov, diffuse a ritmo incessante dalla televisione via cavo SKAT, (organo semiufficiale del partito, ora sotto osservazione per alcune controverse immagini d’intolleranza razziale), contro la povertà, la corruzione politica, la criminalità da strada e la forbice sempre più ampia tra i diversi livelli della società; associate ad una propaganda d’ispirazione autarchica, incentrata sulla rinegoziazione di alcuni capitoli dei trattati per l’adesione all’EU, come ad esempio lo smantellamento della centrale nucleare di Kozloduj, sul ritiro delle truppe dall’Iraq, sull’abbandono dell’Alleanza Atlantica e sulla revisione dei contratti di privatizzazione stipulati a partire dal 1992 ad oggi, al fine di assicurare in mani bulgare la produzione, il commercio e il sistema bancario, costituiscono la base ideologica di un partito, che alle elezioni della quarantesima Assemblea Nazionale ha raccolto, grazie all’8.75 per cento delle preferenze dell’elettorato, ventuno seggi, ma che, dopo scandali, (il più eclatante quello di pedofilia che ha coinvolto l’onorevole Vladimir Kuzov, prontamente espulso), dimissioni ed epurazioni si sono ridotti a quindici.
La rabbia e la frustrazione maturate dal "sostenitore modello" di Ataka durante un interminabile e sfiancante processo di transizione rendono non solo tollerabile, ma addirittura sostenibile anche il tratto più spiccatamente xenofobo della retorica ultranazionalista di Siderov: la propaganda anti-rom e anti-turca è infatti uno dei punti di forza del "programma" di Ataka ed è tanto più efficace quanto più si tiene conto del suo effetto "capro espiatorio", che permette non solo di canalizzare l’odio e la disperazione popolare verso un nemico interno alla società, percepito, tuttavia, come alieno; ma anche di disinnescare la potenziale carica sovversiva che potrebbe innescarsi nei confronti delle istituzioni nazionali.
Bisogna tuttavia sottolineare che, dopo la tragica svolta nazionalista assunta dal governo Zhivkov nella seconda metà degli anni Ottanta, che portò alla bulgarizzazione dei nomi dei cittadini di origine turca e all’esodo forzato di più 300.000 persone; a partire dall’inizio degli anni Novanta, la Bulgaria è stata considerata dagli osservatori internazionali un modello di tolleranza interetnica e un determinante fattore di stabilizzazione per tutta l’area balcanica: la minoranza turca ha, infatti, potuto ottenere una serie di garanzie e di diritti, tra i quali la possibilità di usare il turco nelle trasmissioni radio-televisive (fattore che ha favorito l’integrazione della comunità nella vita sociale ed economica del paese) e quella di poter creare un partito, il Movimento per i Diritti e le Libertà, a matrice etnica, nonostante un articolo della Costituzione ne vieti espressamente la formazione.
Considerare il movimento Ataka come emblema della deriva nazional-populista in Bulgaria è un’operazione di grande miopia storica e risulta particolarmente pericoloso soprattutto in relazione alle dimensioni del fenomeno, poiché tende a semplificare e a ridimensionare una tendenza sì latente, ma in forte espansione nella società. Da almeno cinque anni a questa parte, infatti, diverse formazioni politiche, oscillanti tra l’estrema destra neo-fascista e l’ultranazionalismo revanscista, hanno provato, senza troppo successo, ad affacciarsi sulla scena politica bulgara: in primis, deve essere menzionato il VMRO (Organizzazione Rivoluzionaria Interna Macedone) di Krasimir Karakachanov, un gruppo fortemente reazionario, che nel 1997 ha preso parte, seppure in maniera marginale alla coalizione di Governo della SDS, il cui sogno è la creazione di una "Grande Bulgaria", secondo i confini antecedenti alla Seconda Guerra Mondiale, attraverso l’annessione della vicina Macedonia. Non devono neppure essere dimenticati il Partito Civico della Bulgaria, del controverso Bogomil Bonev, ex ministro degli Interni in era SDS; il Movimento Georgjovden, fondato da Ljuben Dilov jr., che si situa a destra soprattutto per le sue posizioni "patriottiche" nei confronti della questione macedone; l’Alleanza Democratica del leader del sindaco Podkrepa, Kostantin Trenchev, connotata da uno spiccato populismo di destra e infine gruppi ancora più reazionari, come ad esempio i monarchici della Federazione del Regno di Bulgaria o l’Organizzazione Zashtita, gruppo ispiratosi all’omonima organizzazione fascista dell’anteguerra, che annovera tra i suoi membri ex alti ufficiali dell’esercito e dei servizi segreti pre-1989.
Ciò su cui la politica e la società bulgara debbono, pertanto, interrogarsi è da quale parte hanno deciso di schierarsi: qualora la scelta ricadrà sul fronte nazional-populista, Ataka o le variazioni sul tema (il Movimento "Complete Bulgaria" e l’Alleanza Nazionale Bulgara) o su figure "carismatiche" come quella del sindaco di Sofia Boyko Borisov, che ha strizzato l’occhio a Siderov, autorizzando la manifestazione di protesta nella giornata del 3 marzo e che, nonostante i ripensamenti dell’ultimo mese, è accreditato come uno dei candidati favoriti nella corsa alla poltrona di presidente della Repubblica alle prossime elezioni, fissate per novembre 2006, non ci saranno margini per definire serie politiche d’intervento, che permettano di risolvere quei problemi economici, sociali ed etnici, da cui il populismo non solo trae la propria retorica, ma anche la propria ragion d’essere.