Zagabria sotto le pressioni degli USA
Gli USA vorrebbero che Zagabria firmasse l’accordo in base al quale i cittadini americani sospettati di crimini di guerra non verrebbero estradati al Tribunale penale internazionale. Finora la Croazia si è rifiutata di assecondare le richieste degli USA, riuscirà a farlo ancora?
Firmerà la Croazia, in occasione dell’imminente visita di Dick Cheney, il vice presidente degli Stati Uniti d’America, l’accordo che si riferisce all’articolo 98 dello Statuto di Roma sulla non consegna di cittadini americani al Tribunale internazionale penale (ICC)? Questo tema scottante, incitato dall’imminente arrivo di Cheney, che soggiornerà a Dubrovnik dal 5 al 7 maggio per la riunione dei paesi firmatari della Carta dell’Adriatico, (Croazia, Macedonia, Albania), si è trovato in cima alle priorità della politica estera croata. I rapporti dei due paesi sono aggravati dai ripetuti rifiuti della Croazia di firmare l’accordo che obbligherebbe Zagabria a non consegnare i soldati americani, sospettati di crimini di guerra, al Tribunale internazionale penale. Per questo motivo gli Stati Uniti in più occasioni, in misura minore o maggiore, hanno esercitato pressioni sulla Zagabria ufficiale, e adesso si specula che la ripetizione del "no" croato, potrebbe significare anche un ulteriore rinvio dell’ingresso nella NATO.
Per il premier Ivo Sanader, la firma dell’articolo 98 è quasi un problema irrisolvibile. Esistono come minimo tre buoni motivi per cui il suo governo non lo può fare. Il primo è in che modo spiegare all’opinione pubblica croata che il Paese, che ha insistito così tanto per la fondazione del Tribunale internazionale dell’Aia, e poi ha accettato di consegnare i propri cittadini sospetti per detti crimini, adesso si opponga alla consegna degli americani, a un tribunale simile, fondato con lo Statuto di Roma il 1° maggio 2002. Il secondo, con la firma dell’articolo 98, il premier croato giungerebbe allo scontro diretto con il presidente della repubblica, Stjepan Mesic, che si oppone fortemente a una cosa del genere. E il terzo, Sanader mettendo la firma sull’accordo di non consegna degli americani si troverebbe a scontrarsi fortemente con l’Unione europea, che con la sua politica ufficiale si oppone alla non consegna degli americani.
Dall’altra parte, se l’accordo con gli americani non venisse firmato, Sanader si esporrebbe ad un rischio, perché è possibile che durante la riunione del Patto atlantico nel 2008 gli Stati Uniti non mandino alla Croazia l’invito per l’ingresso nella NATO, come non lo manderanno nemmeno quest’anno a Rigi. Per la politica estera di Sanader, il cui scopo principale era l’inclusione della Croazia nell’integrazione euro-atlantica (l’ingresso nell’Unione europea e nella NATO), ciò poterebbe essere un serio colpo politico. Prima di tutto perché le elezioni regolari in Croazia sono previste per la fine dell’anno prossimo e poi perché il premier, se le cose rimangono come sono fino ad ora, non avrà una carta da giocare davanti agli elettori. Perciò per Sanader sarebbe importante almeno ricevere l’invito per la NATO, visto che non è ancora certo quando la Croazia diventerà membro dell’Unione europea.
"Adesso che l’ingresso nell’Unione europea nel 2009 sembra troppo ambizioso e non reale, anche una più veloce integrazione nella NATO aiuterebbe politicamente la Croazia per accelerare il processo di diventare membro dell’UE", dice il commentatore di politica estera del quotidiano di Zagabria "Jutarnji list", Augustin Palokaj.
Consapevole di questo fatto il premier croato negli ultimi mesi ha lasciato andare dei "palloncini di prova" fornendo a due dei suoi più stretti collaboratori di un tempo, Miomir Zuzul e Andrija Hebrang (rispettivamente l’ex ministro degli esteri e l’ex vice premier) il compito di iniziare durante le uscite pubbliche a sostenere il bisogno del consenso croato per la non consegna degli americani al Tribunale internazionale penale. Zuzul, che a gennaio del 2005 ha dovuto dare le dimissioni per uno scandalo di corruzione e Hebrang che è uscito di scena poco dopo a causa di una grave malattia, nelle ultime settimane hanno sul serio sostenuto la tesi che la Croazia dovrebbe firmare l’articolo 98. Una cosa simile l’ha fatta anche il "collaboratore silenzioso" di Sanader, il presidente del Partito croato del diritto (HSP), Anto Djapic, che dopo il recente soggiorno negli Stati Uniti ha iniziato anche lui a sostenere questa tesi.
Sanader ovviamente ha lasciato che gli altri facessero questo lavoro al posto suo, perché non lo può fare lui stesso apertamente, per non disturbare i rapporti con l’Unione europea. "Noi in Croazia crediamo che la partnership e l’amicizia dell’Europa e dell’America non abbiano alternative. Si tratta della nostra politica in Croazia, e si tratta anche della politica dell’UE. Sul cambiamento dei nostri punti di vista che abbiamo avuto fino adesso ci consulteremo con l’Unione europea", ha detto in modo indiretto Sanader, quando la settimana scorsa i giornalisti gli hanno chiesto se Zagabria a breve apporrà la firma sul discusso articolo 98.
Secondo i sondaggi che col tempo hanno svolto i media croati, i cittadini croati in grande misura si oppongono all’ingresso del paese nella NATO. Quasi il 60 per cento degli intervistati crede che la Croazia non dovrebbe diventare membro del Patto del Nord Atlantico, e la loro paura dalla NATO prima di tutto la spiegano col fatto che in quel caso i militari croati dovrebbero partecipare alle azioni della NATO come quella in Afghanistan o in Iraq. A dire il vero la Croazia ha un piccolo contingente di militari in Afghanistan, ma siccome le pressioni degli USA sono sempre più accentuate e siccome si chiede a Zagabria di aumentare questo contingente, la ministra degli Esteri Kolinda Grabar Kitarovic, durante una recente visita a Kabul, ha detto che, nonostante il peggioramento della situazione relativa alla sicurezza in loco, il contingente croato presto sarà aumentato e passerà a 150 soldati.
Ma, il presidente croato Stjepan Mesic, è deciso sulla sua posizione che Zagabria non può firmare questo accordo con gli americani, e rifiuta ogni possibilità che ciò venga fatto durante la visita del vice presidente americano in Croazia. "Mentre noi consegnamo i nostri cittadini al Tribunale dell’Aia, non potrebbe essere in nessun modo possibile che in Croazia il pubblico acconsentirà alla decisione che i cittadini stranieri non vengano consegnati (al Tribunale internazionale penale). Questa mia opinione è nota", ha detto Mesic.
La maggior parte degli osservatori crede che la Croazia con la firma dell’accordo con gli Stati Uniti sulla non estradizione dei cittadini di questo paese al Tribunale internazionale penale perderebbe parte della sua stima internazionale come stato difensore delle istituzioni internazionali legali alla cui fondazione ha partecipato lei stessa. Ma, già durante l’imminente visita di Dick Cheney a Dubrovnik si vedrà se la pressione degli americani sarà più forte di questo principio.