Macedonia, il grande processo
Gli imputati sono 28 e vengono accusati di aver fatto parte di una rete criminale che trafficava persone verso la Grecia. Si è avviato a Skopje il più grande processo della storia della magistratura macedone
Il più grande processo della storia della Macedonia è iniziato lo scorso aprile. Coinvolte 28 persone accusate di trafficking e di aver organizzato una rete internazionale per "commerciare" persone umane tra Macedonia e Grecia.
Gli arresti erano arrivati alla fine dell’anno scorso quando la polizia macedone aveva interrotto quello che sembra essere stato un network ben rodato e che coinvolgeva trafficanti originari della Macedonia, Bulgaria, Albania e Serbia. Tra loro anche poliziotti, funzionari delle dogane, camionisti. Tutti parte di uno schema per far entrare migranti in Grecia.
L’operazione è stata denominata "Sud". La maggior parte delle attività criminali erano infatti concentrate nel sud della Macedonia, al passaggio di confine di Bogorodica, presso Gevgelija, al confine greco-macedone.
Il processo iniziato l’11 aprile è, per numero di imputati coinvolti, il più grande che si sia mai tenuto in Macedonia. Per riuscire a far stare tutti in aula si è dovuta utilizzare quella principale della Corte Suprema al posto di quelle delle corti tradizionali, come vorrebbe il codice di procedura penale. Alcuni degli avvocati difensori si sono lamentati di essere seduti troppo lontani dai giudici e di non riuscire a lavorare nel modo appropriato. Ciononostante il giudice ha cassato la proposta di suddividere il processo in vari procedimenti ritenendo gli imputati tutti coinvolti in un "crimine organizzato" di grosse proporzioni.
Lo scorso dicembre, in una delle operazioni che ha portato allo smembramento della rete criminale, in un comparto nascosto di un camion sono stati trovati 16 migranti. Tutti di nazionalità albanese, entrati in Macedonia legalmente e poi "presi in carico" per farli arrivare in Grecia e quindi nell’area Schengen.
"A ciascun migrante venivano chiesti dai 1200 ai 1600 euro", spiega Borce Pesevski, portavoce del ministero macedone degli Interni.
La questione del trafficking si è guadagnata le prime pagine della stampa macedone qualche anno fa con il caso che ha visto protagonista Dilaver Bojku, proprietario di numerosi bordelli nei quali venivano fatte prostituire ragazze provenienti dell’est Europa. Venne arrestato solo in seguito a pressioni sulle autorità macedoni da parte della comunità internazionale. Fuggì poi di prigione – anche perché molti di coloro i quali erano coinvolti nell’arresto e nella sua detenzione temevano vendette – per poi essere nuovamente arrestato in Montenegro.
La Macedonia è uno dei canali chiave di collegamento per i traffici criminali tra Europa e Asia ed è, assieme ad altri paesi dei Balcani, anche la destinazione di molte vittime del trafficking. Molti dei migranti che si affidano a reti criminali poi sono a rischio di violenze. In particolare le donne. Partono spesso per svolgere lavori stagionali e si ritrovano prigioniere e obbligate alla prostituzione. Migrare attraverso canali illegali comporta anche altri drammatici rischi. Ai primi di marzo la polizia italiana ha trovato, in un comparto nascosto di un camion, i cadaveri di due cittadini macedoni e di un kosovaro: erano soffocati durante il viaggio.
La Macedonia ha, nel 2004, riformato il proprio codice penale in modo da adeguarlo a quanto previsto dal Protocollo ONU sul trafficking, conosciuto come il Protocollo di Palermo. Ora per il trafficking è previsto un reato specifico e la pena minima applicabile è di 4 anni di prigione.
Secondo alcuni esperti internazionali per combattere con più efficacia il trafficking servirebbero però sentenze più severe ed una più puntuale applicazione della legge. Le corti dovrebbero inoltre più spesso di quanto fanno sino ad ora non solo condannare a detenzioni ma procedere anche alla confisca di beni, come ad esempio bar e club dove molte vittime di trafficking sono obbligate a prostituirsi.
Un rapporto del Dipartimento di Stato sul trafficking nel 2005 ha inserito la Macedonia tra i paesi che non applicano appieno le misure anti-trafficking.
Secondo il protavoce NATO a Skopje, Lutz-Herbert Seidel, "serve una stretta cooperazione tra tutti i soggetti coinvolti, governativi non-governativi per combattere quello che è uno dei peggiori crimini".
Recentemente sono continuate le operazioni di polizia. La polizia macedone ha scoperto e poi chiuso numerosi bordelli situati nel pieno centro di Skopje dove si trovavano donne vittime di trafficking.
"La percezione sul trafficking dovrebbe essere cambiata in modo da far capire alla gente che si tratta di un crimine e di una grave violazione dei diritti umani" ha dichiarato recentemente Stevce Jakimovski, ministro del Lavoro e degli Affari sociali.
Agli occhi della legge macedone poi il favoreggiamento all’immigrazione clandestina è un reato meno grave del trafficking. Ma spesso è molto difficile definire dove finisce il primo, ed inizia il seocondo.