Soeren Jessen-Petersen: l’ultimo pezzo del puzzle

Ieri Soeren Jessen-Petersen, rappresentante speciale di Kofi Annan in Kosovo, si è dimesso. La nostra corrispondente, pochi giorni prima, lo aveva intervistato. "Sono venuto in Kosovo perché convinto che questo era l’ultimo pezzo del puzzle per girare questa drammatica pagina di storia locale ed internazionale"

13/06/2006, Alma Lama - Pristina

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Soeren Jessen-Petersen - B92

Alcuni tra i più prestigiosi quotidiani statunitensi, il New York Times e il Washington Post, hanno recententemente scritto che le Nazioni Unite hanno preparato un piano per gestire un eventuale esodo dei serbi del Kosovo nel caso quest’ultimo divenisse indipendente. L’UNMIK ha collaborato alla realizzazione di quest’ultimo?

No, non vi è alcun piano di questo tipo. L’UNMIK collabora quotidianamente con tutti ed ha particolarmente a cuore lo status della comunità serba in Kosovo, prova ad andare incontro alle loro preoccupazioni, creare un clima di fiducia che permetta loro di pensare ad un futuro sicuro e degno qui. Naturalmente sia io che tutti gli altri desideriamo che i serbi del Kosovo rimangano qui. Ritengo che gli articoli usciti si siano basati su qualche piano operativo che a volte le agenzie internazionali come l’UNHCR fanno. Sono stato presso l’Alto Commissariato per i Rifugiati molti anni e questi piani sono necessari per essere preparati ad affrontare il futuro. Ma non bisogna dare importanza a questi piani operativi. La realtà è che i serbi del Kosovo vogliono stare qui e noi stiamo lavorando assieme a loro.

Ma è già accaduto che lei abbia avuto incontri con i rappresentanti dei serbi del Kosovo che le hanno detto che nel caso il Kosovo divenisse indipendente loro se ne sarebbero andati …

Sì, ho incontrato spesso i serbi del Kosovo. Ma la maggior parte dei serbi del Kosovo mi dice esattamente il contrario. Mi dicono che sono nati qui, che vogliono vivere qui anche se, lei ha ragione, vi è anche chi non accetterà mai che il Kosovo non sia più parte della Serbia.

Quindi, per ritornare alla domanda iniziale, lei dice che quello di cui si è parlato è solo un piano del tutto normale, preparato dall’UNHCR per affronatre un’eventuale crisi che riguardasse i serbi del Kosovo?

E’ assolutamente un esercizio normale, lo fanno su tutte le aree del mondo, Asia, Africa, Europa. Fa parte di una responsabilità nella gestione di eventuali crisi.

Ma sono state fatte anche delle cifre, 25.000 o 70.000 sfollati che rischiano di abbandonare il Kosovo. L’UNMIK è in possesso di segnali che qualcosa del genere potrebbe accadere?

Ma questo avviene perché in questo tipo di pianificazioni si deve lavorare sullo scenario peggiore, ma non ha niente, ribadisco niente a che vedere con la realtà sul campo ed inoltre credo che l’UNHCR abbia nagato di avere un piano del genere.

Non proprio, l’ufficio UNHCR di Belgrado ha confermato …

Ma hanno piani per l’Africa del sud, per l’Africa occidentale, per l’Asia centrale. Ma sono solo esercizi di pianificazione. Stiamo lavorando affinché i serbi del Kosovo abbiano fiducia nel loro futuro. E stiamo lavorando anche con la comunità albanese, con il primo ministro che ha recentemente creato, e lo ha annunciato nei giorni scorsi, un Consilgio per la sicurezza delle comunità. E’ chiara quindi la direzione per la quale stiamo lavorando.

Negli ultimi giorni un rapporto di un’altra organizzazione internazionale, l’HRW, ha criticato il sistema di giustizia kosovaro che non sarebbe stato in grado di condannare i criminali di guerra ed i responsabili degli scontri del marzo 2004. Cosa ne pensa? Ritiene l’UNMIK abbia creato un sistema giudiziario efficente?

In parte accetto queste critiche. Ma la situazione è complessa. Per quanto riguarda polizia e ordine pubblico rintengo che abbiamo raggiunto molti successi. Abbiamo ora una polizia kosovara composta da più di 7500 persone, sono loro a prendersi cura quotidianamente del rispetto della legge e dell’ordine. E’ inoltre un’istituzione multietnica, il 15% dei poliziotti appartiene alla comunità serba o ad altre minoranze. Per quanto riguarda invece gli aspetti giudiziari i successi sono stati minori.

Perché?

Ritengo che vi sono più ragioni per spiegarselo. Innanzitutto su questo l’UNMIK si è mossa troppo lentamente. Inoltre abbiamo demandato troppo tardi competenze alle autorità locali, ora lo abbiamo fatto istituendo il nuovo ministero della Giustzia e degli Interni. Capiamoci, sono i locali che devono assumersi la responsabilità dell’ordine pubblico e della giustizia. Perché noi non abbiamo sufficiente conoscenza della realtà kosovara, non ne conosciamo le dinamiche.

Ma perché questi ritardi se è da molto tempo che le autorità locali richiedono più competenze?

Perché il trasferimento delle competenze non era così ovvio, è stato necessario un lungo dibattere con New York perché queste competenze sono molto vicine a quella che si può definire "sovranità". Non si potevano attribuire queste competenze perché in contrasto con la risoluzione 1244. Ma dopo un lungo dibattito con i quartieri generali ONU ci siamo trovati d’accordo che altra cosa era la sovranità ed è quindi partito il graduale trasferimento delle competenze. Anche Belgrado affermava che di fatto si stava consegnando al Kosovo la sovranità …

Sì, ma Belgrado contesta tutto ciò che ha a che fare con il Kosovo …

Si, ma a noi spetta rispettare la risoluzione 1244. In ogni caso mi lasci dire un’altra ragione per cui lo stato di diritto è debole in Kosovo. Quest’ultimo è debole in quei paesi dove l’economia è debole. Quando poi si riprende diminuisce la corruzione e diminuisce anche la criminalità organizzata. Basti vedere come queste due piaghe siano drasticamente diminuite nei Paesi dell’Europa centrale una volta entrati nell’UE. Ora tocca a Bulgaria e Romania il cui destino dipende ancora molto dalla loro capacità di garantire lo stato di diritto. E’ un problema quindi che riguarda il Kosovo, ma anche altri paesi dei Balcani occidentali, la Serbia, l’Albania …

Certo, ma il rapporto HRW si concentra in particolare su crimini di guerra e scontri del marzo 2004. Per quanto ne sappia io nessun criminale di guerra è stato ancora arrestato, forse uno o due … è un problema grave che colpisce duramente le comunità che abitano in Kosovo …

Le informazioni in suo possesso non sono del tutto precise. Partiamo con gli scontri di marzo …

Mi riferivo in particolare ai crimini di guerra …

Allora ha ragione, coloro i quali sono stati arrestati per questi crimini, se escludiamo quelli con processi pendenti presso il Tribunale dell’Aja, sono molto pochi. Ed il problema più grave che ci si trova ad affrontare è che i testimoni faticano a farsi avanti. Questo è un problema molto serio.

L’UNMIK ha spinto alle dimissioni qualche membro della polizia ONU dopo gli incidenti di Krusha e Vogwl?

Proprio perché stiamo parlando di stato di diritto sarà d’accordo con me nell’affermare che occorre si svolgano delle indagini in merito. Solo in base a queste possono essere presi provvedimenti disciplinari. Proprio questa mattina mi è stato consegnato un rapporto su quanto è accaduto. Ora il nostro Direttore del settore Giustizia lo sta leggendo e trarrà le sue conclusioni. Le garantisco che che se nel rapporto viene affermato che chiunque nell’UNMIK non abbia rispettato le regole di condotta adotteremo provvedimenti molto seri. Se ci mettiamo ad agire prima di ricevere le informazioni necessarie non rispettiamo lo stato di diritto, ma piuttosto la legge della giungla.

Cosa ne pensa di quanto affermato dall’Assemblea del Kosovo, che gli incidenti sono stati una conseguenza di una provocazione da parte della polizia dell’UNMIK?

Non posso rispondere a questa domanda perché prima devo leggere il rapporto che citavo prima. Quello che posso dire è che bisognerebbe sempre essere consapevoli delle emozioni della gente in una società, e allo stesso tempo dobbiamo rispondere nei limiti e garanzie poste dallo stato di diritto.

Il presidente serbo Boris Tadic ha protestato contro le attività del movimento Vetevendosja, "autodeterminazione". So che l’UNMIK ha organizzato immediatamente un incontro su questo tema. E’ stato deciso qualcosa a proposito della richiesta di Tadic?

Prima di tutto quello che so del presidente Tadic è quello che ho letto sui giornali. Secondo i media si sarebbe rivolto a me per fermare qualunque cosa che il movimento faccia, comprese attività in merito ad alcuni boicottaggi. Ma io non ho ricevuto nulla da Tadic, quindi non posso commentare. Credo molto nella libertà di espressione. Posso solo dirle che ho parlato con il presidente ieri notte di una questione totalmente diversa, l’incidente a Zvecan, e non mi ha detto null’altro.

Perché non avete preso provvedimenti riguardo alle polemiche sulla gestione dell’areoporto di Pristina? Il rapporto dell’OIOS denuncia corruzione ad alti livelli, e l’ha accusata personalmente di non aver preso, dopo esservi insediato, i provvedimenti drastici necessari contro la corruzione.

Penso che qualcuno sia stato licenziato …

Ma non ad alti livelli …

Non so. Il rapporto è senza dubbio molto ampio. Su alcuni aspetti denunciati sono partite delle indagini. Penso siano già stati presi dei provvedimenti. Dipende però da cosa lei considera per "alti livelli", sicuramente so di un caso affrontato che ha rigurdato una persona appartenente agli "alti livelli".

Lei ha affermato che vi sono stati problemi per il trasferimento delle competenze, nel campo della giustizia o dell’ordine pubblico per via della risoluzione 1244. Ma perché non sono state trasferite competenze che nulla hanno a che fare con la sovranità, come la gestione dell’aeroporto, le poste PTK, l’azienda elettrica KEK?

Il trasferimento è in corso, l’aeroporto per esempio è gestito dalle atuorità locali insieme all’UNMIK. Il manager dell’aeroporto è, credo, americano. Ma quello che continuiamo a fare è "kosovizzare" queste istituzioni…

L’azienda postale PTK è sempre stata criticata per l’alto livello di corruzione. Adesso abbiamo un rapporto finale su questo. E’ un’istituzione che genera un sacco di soldi e le accuse vertono su questo: che l’istituzione non passa ad una gestione dei locali per via dei soldi che genera.

Non penso sia per questo, è un dato di fatto che la gestione delle imprese pubbliche sta avvenendo in maniera concertata tra autorità locali ed UNMIK. Il prossimo passo è kosovizzarle tutte. Questo sta già accadendo.

Lei ritiene che queste grandi imprese non sarebbero potute essere gestite dalla gente del luogo già durante il 2006?

Penso che lo possano fare molto meglio che gli internazionali. Quando sono arrivato qui, una delle prime cose che ho fatto è stata trasferire tutte le competenze che si potevamo trasferire. Quindi per quanto mi riguarda tutto dovrebbe essere nelle mani dei locali, ci stiamo muovendo in questa direzione. Tutto poi avverrà completamente una volta definito lo status, e devo dire che ormai siamo molto vicini. E’ mia convinzione che noi possiamo fornire un sostegno ma che le autorità locali sono in grado di farcela da sole.

Questa politica è cambiata solo dopo il suo arrivo …

Sì, magari siamo stati lenti ma negli ultimi due anni tutte le indicazioni dimostrano che i locali hanno competenze adeguate e spesso sono più efficaci degli internazionali. E’ una questione di fiducia. Io mi fido dei locali, non sono mai stato deluso. Quindi penso che uno non si dovrebbe preoccupare di quanto non è stato fatto i primi quattro o cinque anni, dovrebbe invece concentrarsi sul fatto che ci stiamo muovendo assolutamente nella direzione giusta, sempre più responsabilità sono dei locali, e, soprattutto, stiamo spingendo per uno status finale, così da fare in modo che tutto venga gestito dai kosovari.

Questo mese lei presenterà al Consiglio di Sicurezza dell’ONU l’ultimo rapporto sugli standard. E’ molto importante perchè a luglio cominceranno le trattative sullo status finale. Come sarà questo rapporto? Positivo, negativo, quali sono i punti deboli, si stanno facendo progressi?

Verranno fatti rapporti al Consiglio di Sicurezza fino a che esisterà la risoluzione 1244. Questo rapporto è molto importante perchè Ahtisari intende fare un briefing privato presso il Consiglio di Sicurezza sui progressi fatti finora ma anche sul cammino futuro. E’ molto importante che quando Ahtisari andrà al Consiglio di Sicurezza ci sia un rapporto fatto dal Segretario generale e da me sui progressi sul terreno e il Segretario generale conferma che questi progressi vi sono stati e dice anche che se questa tendenza continua, possiamo aspettarci altri buoni risultati. Se gli standard non sono messi in pratica qui, se non c’è progresso sul terreno, è molto difficile che Ahtisari riesca a procedere nel suo compito.

Quindi il rapporto sarà positivo?

Senza dubbio, dal momento che dal cambiamento della leadership politica, e in particolare dall’arrivo del primo ministro Ceku c’è stato un nuovo dinamismo nel governo e un sacco di lavoro e buoni risultati, ma è ancora presto, è al potere da meno di tre mesi. La seconda ragione per cui il progresso è limitato è che c’è ancora molto da fare per quanto riguarda le minoranze. Finchè i serbi del Kosovo non parteciperanno, e non saranno incoraggiati da Belgrado a partecipare alle istituzioni, i progressi saranno limitati.

Quali sono i 13 standard che il Gruppo di Contatto ha deciso la scorsa settimana di considerare prioritari?

Sono tratti da una mia valutazione tecnica. Il Gruppo di Contatto ha deciso di concentrarsi sulle aree che sono particolarmente importanti politicamente perché il processo sullo status possa andare avanti, tra cui per esempio viene citata la necessità di adottare una legge sull’eredità culturale. Altro elemento cruciale è che la ricostruzione dei danni fatti nel 2004 deve essere completata. Il Gruppo di Contatto ha anche sottolineato che occorre istituire un sistema funzionante per il trasporto delle minoranze, entro settembre. Altri punti specifici sono emersi, come le agenzie anticorruzione, e così via…

Facciamo un passo indietro. L’anno scorso lei ha deciso di fornire garanzie all’ex-premier, Ramush Haradinaj, incriminato presso l’Aja. I suoi predecessori non fecero altrettanto nel caso di Limaj. Come mai?

Innanzitutto non posso parlare a nome dei miei predecessori. Nel caso di Haradinaj, il team che si occupa della sua difesa si è messa in contatto con noi, con me, hanno detto che avrebbero presentato una richiesta per il rilascio provvisorio di Haradinaj. In tal caso occorre garantire che la persona sarà tenuta sotto osservazione, e che tornerà all’Aja. Non c’è uno stato in Kosovo, quindi tocca a noi farlo. Abbiamo valutato la situazione e siamo andati dal Tribunale a confermare che eravamo in grado di dare le garanzie necessarie. Quindi è stato fatto in risposta a una richiesta diretta. E lo stiamo facendo in un modo che il Tribunale ha definito "responsabile e intelligente". Questo è importante. Nel caso di Fatmir Limaj, come ho detto, è successo prima che arrivassi io. Ho messo in chiaro al PDK, al tempo, che eravamo pronti a fornire garanzie, ma nel frattempo Limaj era stato già rilasciato.

Come mai ha deciso di accettare l’offerta di Annan di amministrare il Kosovo durante questa fase? Se ne è mai pentito?

Il motivo ha a che fare con la mia storia personale. 15 anni fa, quando cominciarono le guerre nell’ex-Jugoslavia, io lavoravo per l’UNHCR, e viaggiai nella regione e vidi le prime atrocità commesse contro i civili, e passai molto tempo, tra il ’92 e il ’95, nella regione. Sono stato in Bosnia come inviato speciale dopo Dayton, e poi venni in Kosovo, nel ’98. Vidi molte atrocità nell’agosto del ’98. Quando Annan mi fece la sua proposta io ero già coinvolto da molti anni, accettai perchè credo, e lo dissi, che il Kosovo rappresenti l’ultimo pezzo del puzzle. Spero che trovando una soluzione per lo status del Kosovo, potremo finalmente girare questa bruttissima pagina nel libro di storia locale e internazionale. Quindi vidi una sfida, un’opportunità di contribuire a sistemare l’ultimo pezzo del puzzle.

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