Le regole del gioco

Scontro all’Onu sulle regole del Tribunale dell’Aja. I giudici chiedono di poter snellire capi d’accusa troppo lunghi. Critiche della Del Ponte, che attacca anche l’UNMIK e chiede il potere di arrestare autonomamente i latitanti. Dopo la morte di Milosevic, nell’aria c’è la strategia di chiusura del TPI

16/06/2006, Redazione -

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Di Janet Anderson e Michael Farquhar*, per IWPR, Tribunal Update, L’Aja, 12 giugno 2006 (titolo originale: "Stand off at the Security Council").
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall’Asta

Nuovi schieramenti si sono delineati all’Aja nella battaglia tra i giudici ed il capo procuratore sui metodi per velocizzare i processi, mentre già si profila all’orizzonte il termine ultimo per la conclusione dei lavori del Tribunale penale internazionale.

In due differenti discorsi ufficiali tenuti questa settimana al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il presidente del tribunale Fausto Pocar ed il capo procuratore Carla Del Ponte si sono detti d’accordo sulla necessità di misure urgenti, che permettano al Tribunale di ottimizzare i procedimenti giudiziari.

Ma gli emendamenti alle regole del Tribunale, adottati nel corso di una sessione plenaria dei giudici solo pochi giorni prima della prevista relazione alle Nazioni Unite, e che conferivano loro il potere di dirigere l’accusa per selezionare quali capi d’imputazione portare in giudizio, hanno scatenato la diretta reazione del procuratore.

La Del Ponte ha criticato con veemenza le nuove regole in quanto attacco all’indipendenza della sua autorità. Ha affermato che "sarebbe impossibile dividere i casi a pezzi", ed ha suggerito che ciò avrebbe portato alla "impunità per certi crimini".

Ha detto poi che avrebbe interpretato i cambiamenti a titolo di "puri suggerimenti".

La proposta di cambiare le regole è stata bene accolta da alcuni esperti legali. Michael Scharf, ex procuratore consulente sugli affari ONU del Dipartimento di Stato Usa e professore di diritto in Ohio, ha criticato costantemente l’accusa perché formulava troppi capi d’imputazione per ogni singolo individuo.

"Il Tribunale non è una commissione per la verità", ha dichiarato Scharf a IWPR, aggiungendo che esso non dovrebbe cercare di fornire "un resoconto dettagliato di tutto" ciò che è successo.

La procura dovrebbe emettere imputazioni solo per i crimini più seri, quelli in cui le prove sono più solide, ha detto.

"Queste ‘accuse esemplari’ fornirebbero delle ‘istantanee del male’ sufficienti per gli obiettivi della giustizia internazionale", ha detto Scharf.

Edgar Chen, osservatore ai processi dell’Aja per conto della Coalizione per la giustizia internazionale, evidenzia che i giudici già possiedono poteri considerevoli. Essi possono confermare un capo d’imputazione; respingerne alcune parti dopo che le prove sono state presentate, e decidere in base alla loro rilevanza quali prove essi hanno la necessità di sentire; e tutte queste cose, afferma, "rafforzano l’economia giudiziale".

Ma l’accusa, egli sostiene, deve tenere presenti altri pubblici di riferimento quando stila i capi d’accusa: "le vittime, e coloro nella regione che vogliono vedere chiare attribuzioni di responsabilità per una vasta schiera di presunti crimini".

Anton Nikiforov, portavoce del procuratore, ha spiegato ad IWPR che l’accusa non si aspetta che i nuovi emendamenti riguardino i due grandi rinvii a giudizio, che riguardano più imputati, casi di alto profilo che stanno per aprirsi nelle prossime settimane.

In questi casi sono compresi quello dei nove ufficiali d’alto rango dell’esercito serbo bosniaco accusati di genocidio in merito al massacro del 1995 di circa 8.000 tra uomini e ragazzi a Srebrenica, e quello contro sette importanti uomini politici ed ufficiali serbi in relazione alle deportazioni ed uccisioni di massa avvenute in Kosovo nel 1999. Entrambi i processi si apriranno in luglio.

Ma Nikiforov ha puntualizzato anche che se dei tagli fossero richiesti in casi minori, come per esempio quello che vede imputati ex generali croati e che deve ancora essere messo in agenda, agli occhi degli osservatori la corte potrebbe apparire "sbilanciata". Le accuse a carico sono spesso "complesse e mutuamente collegate", ha spiegato, il che rende molto difficile separarle.

Egli ha anche sottolineato che ciò potrebbe essere percepito come non equo da parte di coloro i quali sono già stati processati dalla corte.

Nikiforov ha detto che il solo ricorso disponibile per il procuratore sarebbe fare appello. Ma, ha notato, la camera d’appello è retta dal giudice Pocar, lo stesso che ha annunciato il cambiamento delle regole.

Oltre a ridurre i capi d’imputazione, i giudici hanno anche deciso un certo numero di passi per controllare più strettamente i procedimenti al tribunale, "spostandosi da un processo guidato dalle parti ad uno gestito più da vicino dai giudici del tribunale", come ha spiegato Pocar.

Le innovazioni s’incentrano principalmente sul lavoro dei giudici pre-processuali, su come essi debbano stilare agende con tempi ristretti, richiedere all’accusa e alla difesa di fornire tempestivamente resoconti pre-processuali, trovare i testimoni e fare da entrambe le parti "un più ampio ricorso al potere sanzionatorio".

Chen dice che le misure di cui parla Pocar, ed i vari suggerimenti fatti dalla Del Ponte nel suo discorso stanno comunque tutte ad indicare la "sconfortante pressione della ‘strategia della conclusione’ che tutti gli organi della corte avvertono nel loro operato".

Carla Del Ponte si è servita altresì del suo resoconto verbale al Consiglio di Sicurezza per attaccare la cooperazione offerta al suo ufficio in Serbia, Republika Srpska, Russia e da parte della Missione delle Nazioni unite in Kosovo, UNMIK.

Come sempre, le sue critiche a Belgrado si sono appuntate sugli sforzi per catturare l’indiziato Ratko Mladic, ex comandante dell’esercito serbo bosniaco. Ha lamentato che, anziché arrestare Mladic, le autorità serbe hanno perso tempo cercando di spingerlo a costituirsi volontariamente. E se una serie di operazioni indirizzate nel corso di quest’anno contro la sua rete di sostegno possono essere state efficaci per conquistare spazio sulla carta stampata, ha aggiunto, ad esse è mancata la discrezione necessaria per acquisire informazioni che avrebbero potuto condurre al suo arresto.

In aggiunta, la Del Ponte ha espresso apertamente il sospetto che la frammentarietà dei rapporti presentati al suo ufficio dalle autorità serbe fosse un segno che le informazioni in essi contenute fossero state "manipolate per ragioni politiche".

La Del Ponte ha ammesso di non avere avuto "ormai da più di un anno", "informazioni credibili" sulla localizzazione di Radovan Karadzic, l’ex presidente della Republika Srpska (RS), anch’esso accusato di genocidio.

Ma ha anche puntato il dito sulla RS, sostenendo che "una parte della sua rete di supporto lì rimane", e ha lamentato un calo nella cooperazione. Dopo l’esito positivo del referendum sull’indipendenza in Montenegro, il procuratore ha detto che c’è il rischio che "sorgano dei problemi" nella cooperazione col Tribunale, dato che per quell’area responsabili sono gli organi dell’Unione di Stati.

Comunque, alcune delle critiche più sferzanti della Del Ponte sono state riservate all’UNMIK, da lei accusata nel rapporto di ostacolare deliberatamente l’accesso alle prove. "Il mio ufficio ha al presente più difficoltà ad accedere ai documenti in mano all’UNMIK che a quelli presenti in qualsiasi altro posto dell’ex Jugoslavia", ha detto al Consiglio di Sicurezza.

Nel suo resoconto ha anche rilevato che l’UNMIK è stata in diverse occasioni negligente nella custodia dei testimoni, il che ha portato ad una perdita di fiducia nella capacità del sistema di protezione. E ha lamentato la percezione – "giustificata da numerosi fatti" – in Kosovo che Ramush Haradinaj, l’indiziato kosovaro albanese all’Aja di più alto profilo, goda del sostegno dell’UNMIK.

Haradinaj era primo ministro del Kosovo prima di essere trasferito al tribunale dell’Aja l’anno scorso. L’UNMIK ha espresso apprezzamento per il suo passato operato, e ha appoggiato il suo tentativo – coronato da successo – di tornare in Kosovo e rientrare in politica mentre attendeva il processo per crimini di guerra.

In un comunicato stampa diffuso il giorno successivo al discorso della Del Ponte davanti al Consiglio di Sicurezza, l’UNMIK ha definito le sue accuse "infondate". La dichiarazione riferisce che anche i giudici del Tribunale hanno respinto le accuse di comportamento non appropriato dell’amministrazione ONU in Kosovo in relazione ad Haradinaj.

Verso la fine del suo discorso a New York, la Del Ponte ha anche annunciato l’intenzione di premere presso il Consiglio di Sicurezza perché esso garantisca al suo staff il potere di arrestare autonomamente i latitanti. Data la mancanza di volontà politica di arrestare Mladic e l’altro principale latitante del tribunale, l’ex presidente serbo bosniaco Radovan Karadzic, ha detto: "Io non vedo per il Tribunale nessun altro modo per adempiere al suo mandato e per soddisfare le legittime aspettative che le vittime hanno riposto nelle Nazioni Unite".

Ha ripetuto poi che i piani per chiudere il Tribunale dell’Aja tra pochi anni non possono andare avanti finché i due maggiori imputati non avranno affrontato il loro processo.

In seguito al discorso di Del Ponte, il delegato russo Vitaly Churkin ha respinto le critiche al suo governo e ha definito "fantasie" il discorso sull’ottenere il mandato di arrestare essa stessa i latitanti.

*Janet Anderson è programme manager per IWPR all’Aja e Michael Farquhar è reporter per IWPR a Londra

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