Procura pulita
Indagini tenute chiuse in un casetto per essere tirate fuori al momento opportuno, marginalizzazione dei procuratori eccessivamente intraprendenti, irregolarità diffuse. E’ stata questa la Procura generale bulgara nell’era Filchev. Ora, il suo successore, sembra voler cambiare strada
Procedimenti bloccati per anni per poi essere tirati fuori al momento opportuno, interventi dall’alto per fermare l’iniziativa di procuratori sottoposti, ordini verbali di compiere atti irregolari o addirittura illegali. Il rapporto voluto dall’attuale procuratore generale Boris Velchev, eletto alla carica nel gennaio di quest’anno, sulle attività della Procura Generale (ufficialmente Suprema Procura di Cassazione, V.K.P.) durante il settennato del suo predecessore Nikola Filchev, ha portato alla luce gravi irregolarità nel funzionamento di quella che, a parere di molti, rimane l’istituzione bulgara più chiusa e arretrata. E se da una parte il rapporto aiuta a capire perché il capitolo "sistema giudiziario" rimane uno dei punti dolenti nelle trattative d’ingresso nell’Unione Europea, dall’altro fa sperare che le cose siano davvero sul procinto di cambiare.
Filchev, intanto, protagonista di un’uscita di scena tra il tragico e il comico, è diventato il primo ambasciatore di Bulgaria ad essere contemporaneamente anche ricercato dalla polizia.
Luce sul "porto delle nebbie"
Eletto quasi all’unanimità dal Consiglio Superiore della Magistratura bulgara nel gennaio del 2006, Boris Velchev, ex docente universitario e nipote di un’altro Boris Velchev, che negli anni ’70 sedeva a fianco di Todor Zhivkov nel Politburo del partito comunista bulgaro, aveva annunciato fin dai primissimi giorni del suo mandato di voler cambiare i metodi all’interno della procuratura, portando trasparenza all’interno dell’istituzione che, durante il settennato del predecessore, noto anche come "era Filchev", era diventata sinonimo di processi bloccati e decisioni incomprensibili, quasi un "porto delle nebbie" in versione balcanica.
Agli inizi di marzo Boris Velchev, anche a causa delle pressioni e delle ripetute richieste di una forte spinta al cambimento da parte della Commissione Europea, che nel suo ultimo monitoring report, pubblicato il 16 maggio scorso, ha ribadito l’inadeguatezza del sistema giudiziario bulgaro in prospettiva dell’ingresso nell’Unione, ha deciso di ordinare un’indagine accurata sull’attività della Procura negli ultimi cinque anni. I risultati conclusivi dovevano essere resi pubblici entro la fine di maggio, ma a quanto pare la mole di lavoro che gli ispettori si sono trovati a dover gestire è stata di parecchio superiore alle loro stesse aspettative.
Lunedì 12 giugno, sul sito internet della Procura (www.prb.bg), sono stati pubblicati i primi dati dell’inchiesta interna, che parlano di gravi irregolarità, come il rallentamento ingiustificato di indagini processuali, ritardate volutamente per anni, l’intervento da parte dei procuratori più alti in grado per sottrarre indagini scomode ai propri sottoposti e l’utilizzo di indagini per tenere sotto scacco politici influenti, e puntano il dito contro i procuratori Tseko Yordanov e Angel Iliev, ritenuti tra i più stretti collaboratori dell’ex procuratore generale Nikola Filchev e accusati nel rapporto di aver "infranto le norme dell’etica professionale".
I metodi dell’ "era Filchev"
Nell’ultimo numero del settimanale Kapital, quasi interamente dedicato ai risultati dell’indagine voluta da Velchev, vengono descritti nei dettagli i metodi con cui Nikola Filchev e i suoi collaboratori utilizzavano le proprie posizioni all’interno della Procura per controllare lo sviluppo delle indagini, esercitare pressioni sul mondo politico e addirittura per incrementare artificialmente le statistiche relative all’attività di lotta alla criminalità organizzata portata avanti dai propri uffici.
Il primo metodo, di cui sarebbe stato un vero esperto il procuratore Angel Iliev, capo della sezione "Lotta alla criminalità organizzata e al t[]ismo" durante il settennato di Filchev, era quello del rallentamento, ingiustificato e arbitrario, delle indagini su indagini di particolare rilevanza, fino a casi limite in cui questo atteggiamento ha portato alla scadenza dei termini processuali. Molti di questi procedimenti, fermi da almeno quattro anni, quasi per magia sono stati ripresi in considerazione ad aprile di quest’anno, qualche settimana dopo la scadenza del mandato di Nikola Filchev.
Un’altra pratica comune, legata stavolta soprattutto al nome di Tseko Yordanov, capo della sezione "Indagini" e membro del Consiglio Superiore della Magistratura bulgara, era quella di sottrarre alcune indagini ai procuratori sottoposti, trasferendo i processi nella Procura Generale come primo grado di giudizio.
Un’ulteriore "stranezza"del metodo di lavoro della Procura è venuta fuori riguardando gli incartamenti di tre indagini diverse, ma che riguardavano tutte importanti politici bulgari. Si tratta di Ivan Marazov, ministro della Cultura nel biennio 96′-’97 e candidato alla presidenza della sinistra nelle elezioni del ’96, Lidia Shuleva, vicepremier nel governo Sakskoburggotski e Mario Dimitrov, vice ministro della Giustizia nello stesso governo. In tutti e tre i casi, gli incartamenti sono rimasti a prendere polvere negli uffici della Procura, per essere poi sospesi quando i suddetti politici hanno perso influenza politica.
Negli anni di Filchev sarebbe stato utilizzato anche un metodo per gonfiare artificialmente il numero dei procedimenti intrapresi contro la criminalità, simulando così un miglioramento nell’attività della Procura, il tutto attraverso un nuovo sistema di registrazione degli incartamenti introdotto nel 2004.
Dopo la pubblicazione del rapporto, Boris Velchev ha richiesto ufficialmente le dimissioni di Tseko Yordanov e di Angel Iliev, che però per il momento hanno deciso di non presentarle, rimettendosi al giudizio del Consiglio Superiore della Magistratura.
Il nuovo ambasciatore in Kazakhstan? E’ un ricercato dalla polizia…
Ma che fine ha fatto uno dei principali protagonisti di questa storia, l’ex procuratore generale Nikola Filchev? Dopo una storia rocambolesca, degna dei più classici serial sudamericani, oggi Filchev si ritrova ad essere contemporaneamente il nuovo ambasciatore bulgaro nella repubblica di Kazakhstan e ricercato dalla polizia giudiziaria, per essersi ripetutamente rifiutato di presentarsi in tribunale come testimone di un altro caso scottante, il cossiddetto "Brambargate", riguardante la scoperta, avvenuta nel 2000, di microfoni e "cimici" nell’abitazione dello stesso Filchev.
La nomina di Filchev ad ambasciatore era avvenuta, su decreto del presidente Georgi Parvanov, subito dopo le sue dimissioni da procuratore generale. Nel frattempo il tribunale militare di Sofia, dopo aver aspettato invano per numerose sedute che Filchev comparisse al processo per il "Brambargate", ed aver ordinato che il testimone fosse condotto forzatamente in aula, giovedì 14 giugno lo ha dichiarato ricercato dagli organi di polizia.
A quanto pare però Filchev ha ancora appoggi ed amici influenti, perché dopo alcuni giorni di voci contrastanti, si è venuto a sapere che era riuscito a partire per il Kazakhstan appena un giorno prima della decisione del tribunale. Filchev potrebbe essere arrestato anche ad Astana, visto che l’ambasciata è territorio bulgaro, ma paradossalmente potrebbe essere estradato solo col consenso delle autorità kazache.
Nessuno fino ad oggi è riuscito a spiegare quali siano le ragioni che tengono l’ex procuratore lontano dal tribunale, ma secondo voci diffuse Filchev avrebbe commesso numerose irregolarità anche nel seguire questa indagine.
E dopo il rapporto sul suo settennato alla Procura, potrebbe avere altre buone ragioni per rimanere a lungo lontano dalla Bulgaria.