Segnali di distensione tra Serbia e UE

Kostunica presenta a Bruxelles un "Piano d’Azione" per la cattura di Mladic. Il premier serbo ha bisogno di ossigeno dopo l’annuncio del partito G 17 di uscire dalla coalizione di governo se non riprenderanno i negoziati con l’UE. Ma oltre alle intenzioni servono i fatti

20/07/2006, Rosita Zilli - Bruxelles

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Corax

È un documento scarno, tre pagine appena, il "Piano d’Azione" presentato lunedì scorso a Bruxelles dal primo ministro serbo Vojislav Kostunica per rilanciare la cooperazione con il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia (TPI) per la cattura del generale Ratko Mladic. Pochi anche i punti sottolineati da Kostunica alla conferenza stampa che ha seguito la sua presentazione. "Ha la stessa lunghezza" del Piano stilato dalla Croazia per la cattura del generale Ante Gotovina e delinea "un piano operativo molto dettagliato" che include "una campagna mediatica" per rafforzare la collaborazione con l’opinione pubblica, alcuni interventi sul settore dei servizi di sicurezza ed alcune modifiche legislative. Il piano prevede inoltre "una maggiore collaborazione tra servizi di sicurezza e più scambi di informazioni".

Passa dunque attraverso queste parole l’impegno di credibilità che Belgrado mette sul tavolo di Bruxelles per sbloccare l’impasse creatasi nel maggio scorso dopo la sospensione dei negoziati di Stabilizzazione ed Associazione (SAA). La cattura del super-ricercato leader dei militari serbi di Bosnia, inseguito invano dalla giustizia internazionale da 10 anni per genocidio, crimini di guerra e contro l’umanità resta, infatti, condizione imprescindibile per riavviare le trattative ai tavoli UE.

D’altronde, già il commissario UE all’allargamento Olli Rehn aveva ripetuto fino allo stremo la linea seguita da tempo: nessuna obiezione a riaprire i colloqui con la Serbia ma solo una volta stabilita una "piena cooperazione con il Tpi, che porti alla localizzazione, l’arresto e il trasferimento all’Aja di Mladic". Una rinnovata richiesta d’impegno da parte di Bruxelles, dunque, a cui non manca di fare eco la dichiarazione dello stesso primo ministro serbo che ha sottolineato "l’impegno e la forte volontà politica del suo governo a cooperare con l’Aja", precisando che "nel corso dell’anno la Serbia ha consegnato 60 latitanti al TPI".

Un segnale di distensione nei rapporti tra l’UE e la Serbia quindi, anche se le reazioni del mondo politico europeo si sono altalenate tra misurato scetticismo ed entusiasmo. ”Ci sono ancora i presupposti per concludere l’accordo di associazione con la Serbia entro l’anno, ma rimane cruciale la collaborazione con il TPI che deve portare alla cattura di Mladic. Adesso abbiamo un piano in proposito, aspettiamo di vederne i risultati”, ha commentato il presidente della Commissione europea Jose’ Manuel Barroso, tradendo una certa cautela nel giudicare il nuovo passo avanti. Ha espresso invece piena fiducia nell’impegno di Belgrado il ministro degli Esteri finlandese e rappresentante della presidenza di turno dell’Ue Erkki Tuomioja, secondo cui il Piano "fornisce un’ottima base per un ottimo lavoro e un’ottima cooperazione" tra Belgrado, l’UE e il TPI. Piano promosso a pieni voti anche dall’Alto Rappresentante UE alla politica estera, Javier Solana, che l’ha giudicato un "documento molto buono".

L’indomani, a margine dell’incontro con Javier Solana, si è espresso in merito al Piano d’Azione anche il presidente della Repubblica serba Boris Tadic, giunto a Bruxelles separatamente dal primo ministro Kostunica. Tadic ha apprezzato il modo in cui l’UE ha ricevuto la presentazione del documento. "Credo che possiamo essere molto efficienti nell’implementare il Piano d’Azione e spero che saremo in grado di consegnare i latitanti gia’ nei prossimi mesi”, tuttavia, ha precisato, "in quanto presidente della Serbia non è mia responsabilità portare avanti il piano d’azione, ma darò tutto il sostegno necessario al governo affinché ciò accada". Tadic ha infine sottolineato che i rapporti con l’UE sono al momento al centro delle preoccupazioni della Serbia. "Faremo", ha sostenuto, "tutto il necessario per essere in condizioni di aderire all’UE nei prossimi anni e a questo scopo stiamo portando avanti fondamentali riforme".

Soddisfazione anche da Roma, dove il Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Esteri Massimo D’Alema ha incontrato il procuratore capo del TPI Carla Del Ponte, con la quale ha convenuto che l’attuazione del Piano d’Azione costituisce un ”elemento fondamentale” nel quadro di una collaborazione piena del governo di Belgrado con il Tribunale Penale Internazionale. Una breccia dunque nella diffidenza mostrata soltanto pochi giorni fa dalla stessa Del Ponte, che aveva espresso la convinzione secondo cui il governo serbo fosse certamente in grado di localizzare Mladic ma che esitasse poiché ostaggio di settori d’establishment revanscisti.

Prevale dunque una sensazione di ottimismo sull’impegno dimostrato da Belgrado verso l’UE ed il TPI, benché alcune fonti della Commissione confidino che il Piano d’azione presentato da Kostunica sembri più il doveroso tentativo di riaprire un canale di dialogo con Bruxelles che un progetto concreto per arrivare alla cattura del generale. "Il piano d’azione va nella giusta direzione", ma "non è sufficiente di per sé" e deve essere confermato da "una cooperazione al 100% con il TPI", si sente dire nei corridoi di Bruxelles. Resta inteso dunque che i negoziati di Associazione e Stabilizzazione non ripartiranno in cambio di promesse, ma solo – come vuole Del Ponte – se e quando Mladic sarà davvero estradato all’Aja. Belgrado questa volta è chiamata a fare sul serio per evitare di nuovo la chiusura nel suo amato ed odiato isolamento.

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