Economia kosovara, e se l’UNMIK se ne va?
Per la sua sola esistenza l’amministrazione internazionale del Kosovo, UNMIK, ha speso in questi 7 anni 2.6 miliardi di euro. Ora si pensa ad un suo ridimensionamento. Ma quanto influirà sull’ancor fragile economia del Kosovo?
A volte il Kosovo assomiglia ad un grosso buco nero, che digerisce e fa sparire i soldi che ci vengono buttati dentro. Questo "buco" progredisce relativamente poco rispetto a tutte le risorse che vi sono state investite.
In superfice il Kosovo di oggi sembra molto meglio di quello che 7 anni fa usciva dai bombardamenti NATO e da una guerra che ebbe come risultato migliaia di case saccheggiate e distrutte, infrastrutture devastate. Non solo strade e ponti ma anche uffici postali ed edifici pubblici.
Ora l’UNMIK, amministrazione internazionale a guida ONU di stanza in Kosovo, ha voluto ricordare al Kosovo ed ai kosovari quanti soldi, direttamente o indirettamente, sono stati investiti nella Provincia.
Secondo uno studio pubblicato di recente dalla sua creazione l’UNMIK ha speso 2.6 miliardi di euro per il proprio personale, per beni e per servizi. Di questo totale tra i 75 milioni e i 120 sono finiti ogni anno direttamente nel circuito economico kosovaro.
Negli ultimi anni inoltre negli uffici UNMIK lavoravano circa 3250 kosovari e altri 2600 posti di lavoro sono stati garantiti dall’indotto della presenza UNMIK: per la fornitura di beni e servizi.
Lo staff locale di UNMIK in media in questi anni è stato pagato quasi 6 volte di più del salario di un impiegato nella pubblica amministrazione kosovara. Iniezioni di risorse in un’economia fragile che forse non hanno contribuito allo sviluppo ma in questi anni hanno sicuramente funto da "antidolorifici".
Certamente l’impatto della presenza internazionale e dell’UNMIK in particolare sull’economia locale kosovara è stata rilevante. Soldi sono stati spesi negli affitti, nei ristoranti, nei negozi, per servizi, nei bar … Secondo lo studio "L’impatto dell’UNMIK sull’economia del Kosovo: gli effetti della spesa tra il 1999 ed il 2006 e le potenziali conseguenze di una riduzione della sua presenza", promosso dalla stessa amministrazione ONU, si potrebbe quantificare questa spesa in ulteriori 20-45 milioni di euro iniettati annualmente nell’economia del Kosovo.
Le cifre riportate nel rapporto non sono certo sovrastimate. In più occorre considerare che l’UNMIK non è stata in questi ultimi 7 anni la sola presenza internazionale in Kosovo. Tutt’altro. Erano e sono in parte tutt’ora presenti numerose altre organizzazioni internazionali, NGO, associazioni, per non parlare del contingente militare internazionale KFOR.
Vi sono poi altre risorse che provengono dall’estero. Sono le rimesse della diaspora albanese, risorse grazie alle quali molte famiglie sono state in grado di ricostruire le proprie case distrutte o aprire piccole attività economiche. Non di rado poi si scorgono case lussuose, hotel privati con piscine, mastodontici distributori di benzina, campi da tennis …. a soli 7 anni dalla guerra risorse ve ne sono.
Ma non occorre stupirsi nemmeno se si nota che vi sono grandi differenze economiche in seno alla società kosovara. Vi sono persone molto ricche e nuclei famigliari che fanno fatica ad arrivare alla fine del mese e non di rado si scorgono mendicanti per strada o a fare i giro dei ristoranti frequentati da internazionali e dai colleghi locali per raccogliere qualche spicciolo.
Questi ultimi 7 anni hanno portato forte inequità nella suddivisione della ricchezza. Prima del 1999 non era così, anche nel periodo in cui la comunità albanese del Kosovo era fortemente discriminata e molti kosovari albanesi erano senza lavoro.
Ma perché allora questa sensazione di buco nero? Perché l’impressione che notevoli risorse sono state investite senza però che l’economia kosovara abbia fatto grandi passi avanti?
La massiccia presenza internazionale ha causato un radicale inalzamento dei prezzi degli affitti, nei ristoranti, nei negozi. Nei primi anni del 1999, caratterizzati da una densissima presenza internazionale, si assisteva al paradosso che affittare un appartamento a Pristina non costava molto di meno (se non di più) che affittarlo a Parigi o New York. Le risorse iniettate in Kosovo sono servite per creare un’infrastruttura di servizi a "dimensione" degli internazionali piuttosto che per rilanciare in modo sostenibile l’economia della Provincia. La ruota ha iniziato a girare vorticosamente e non è facile fermarla.
Ora, nella speranza che venga al più presto definito lo status del Kosovo, l’UNMIK sta iniziando a pensare ad un ridimensionamento della propria struttura sul campo. Meno personale internazionale, meno personale locale … meno ristoranti, meno bar, affitti più bassi …
Che conseguenze vi saranno sull’economia del Kosovo? E’ proprio questo che ci si chiede nello studio sopra citato.
Vengono individuati alcuni scenari alternativi per questa nuova fase che sta per aprirsi. Quello più ottimista prevede che rimanga solo 1/3 dell’attuale staff ONU e questo influirà, secondo gli economisti che hanno realizzato lo studio, del 3% sulla crescita annuale dell’economia del Kosovo. Ma questo è lo scenario appunto più ottimista. In realtà si teme che le conseguenze possano essere ben più gravi.
Oltre a questo il governo del Kosovo è stato recentemente invitato dal Fondo Monetario Internazionale a diminuire nel 2007 del 5% i dipendenti statali e poi fare lo stesso nel 2008. Attualmente nell’amministrazione pubblica kosovara sono impiegate circa 70.000 persone. Questo implica altre 7.000 persone senza lavoro. In un paese dove il tasso di disoccupazione ufficiale era nel 2003 del 57% (seppur occorra considerare che l’economia informale sia molto diffusa) e poco meno nel 2005, le prospettive sembrano drammatiche.