Ardino, quando i bulgari sono minoranza nazionale

Di villaggio in villaggio, tra i monti Rodopi orientali e quelli occidentali. Paesaggi rurali ancora molto autentici ma anche emigrazione, disoccupazione, marginalità. Un reportage dalla nostra corrispondente

04/08/2006, Tanya Mangalakova - Ardino

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Una festa tradizionale nei Rodopi

Quella di Ardino, Egridere in turco, è una municipalità montana, periferica, al confine tra i Rodopi orientali e quelli occidentali, con 53 villaggi ed una popolazione in maggioranza turca. Dei 15mila abitanti della regione il 68% è costituito da turchi, il 16% da bulgari e il 15% da "altri", soprattutto pomacchi (bulgari di religione islamica). Alcuni centri, come Ardino e Bial Izvor hanno popolazione mista, altri invece sono compattamente abitati da turchi. La regione ha numerose bellezze naturali, ma probabilmente la cosa più bella da vedere sono i piccoli villaggi montani, con i pochi ed ospitali abitanti che continuano ad abitarli.

Siamo stanchi del DPS!

I bulgari stanno abbandonando la regione di Ardino, dove le prospettive di trovare un buon lavoro sono davvero poche. Ma anche i turchi stanno andando via, nonostante Ardino sia un vero e proprio feudo del DPS, il Movimento delle Libertà e dei Diritti, che seppur non ufficialmente (la costituzione vieta i partiti etnici) rappresenta i turchi di Bulgaria, ed è al governo come partner di coalizione. Nelle ultime elezioni, qui il partito ha ottenuto il 76,35%, lasciando le briciole agli altri partiti, e a livello locale ha una maggioranza schiacciante nel consiglio comunale.

Ad Ardino non ci sono tensioni etniche. Alcuni bulgari, però, dicono con un pizzico di amarezza: "I turchi ci isolano, parlano solo nella loro lingua". Nei casi in cui i diritti non sono rispettati, la responsabilità viene attribuita all’affiliazione o meno al partito "giusto". "Se chi fa una richiesta è del DPS, allora verrà accontentato", mi hanno detto nel villaggio di Padina. Chi parla lo fa quasi sempre in cambio dell’anonimato, per paura di essere licenziato. Chi vuole andare avanti, si iscrive al DPS. Il potere assoluto del partito è messo in risalto come uno dei limiti più visibili all’uguale accesso alle opportunità, anche da parte della comunità turca. "Baktisahme ot DPS!" (Siamo stanchi del DPS), è il motto che esprime questo malcontento. "Penso che i parlamentari e i ministri del DPS siano stati scelti in base ad un criterio, l’obbedienza", mi dice un giovane turco. "Secondo lo statuto del partito è il segratario in persona, Ahmed Dogan, a scegliere i candidati, una modalità fuori tempo e antidemocratica".

Molti, però, sono preoccupati più dal basso livello di qualità degli amministratori che dei diritti delle minoranze. Vista l’alta disoccupazione, i turchi emigrano in Europa occidentale o in Turchia, i pomacchi verso le città bulgare. In queste condizioni ogni mancata assunzione negli uffici pubblici di Ardino potrebbe essere interpretata arbitrariamente come mancato rispetto dei diritti delle minoranze.

Ardino: una moschea con due minareti, una discoteca dove nessuno balla

Ardino è una città bulgara per molti versi particolare, non solo perchè la gente ti saluta con "Seliam" o "Buyrum", o perchè ci sono solo 120 bulgari in tutta la città. Tutti parlano in turco, anche se sono in grado di comunicare in un bulgaro fluente. Indicazioni e cartelloni pubblicitari sono però scritti esclusivamente in bulgaro. Tra le particolarità di Ardino c’è anche una moschea con due minareti, costruita grazie all’impegno dell’ex sindaco Mehmed Dikme, che è riuscito a fare una brillante carriera come ministro dell’Agricoltura nel gabinetto di Simeone di Sassonia-Coburgo, e a portare nuova linfa economica in città.

Dikme ha mostrato molta attenzione, facendo pressione perchè, insieme alla moschea, fosse restaurata anche la chiesa di "Sv. Arhangel Mihail", che però rimane sempre chiusa.

Anche la "febbre del venerdì sera" è piuttosto particolare ad Ardino. La discoteca, piena di giovani, è il regno del pop-folk e della musica turca. Fa una certa impressione però vedere che nessuno balla, a parte un paio di ragazzi. Qui non è "abitudine" che i giovani possano ballare insieme in discoteca.

Leniste: il sindaco e gli anziani

I 130 abitanti di Leniste, per la maggior parte anziani, sono tutti turchi, compreso Fehri Alilov, il sindaco. Sulla carta gli abitanti sono 500, ma quasi tutti sono emigrati oltreconfine. "Il villaggio sta per scomparire. Nel 1989 eravamo in mille, e 350 bambini frequentavano la scuola. Adesso c’è un solo alunno in tutto il villaggio", mi racconta l’anziano maestro del paese. A Leniste non c’è più neanche l’ambulatorio, e due volte alla settimana un dottore di Ardino sale in paese per le visite. Le case sono quasi tutte vuote. I pochi giovani che sono rimasti in paese sopravvivono con la coltivazione del tabacco e l’allevamento, con cui producono latte venduto a prezzi stracciati (15 centesimi al litro). Anche se il sindaco Fehri è stato tra i fondatori del DPS, adesso governa il paese come rappresentate del SDS (Unione delle forze Democratiche), partito di opposizione."Qui in paese ci conosciamo tutti, e ripettiamo le persone, più che i partiti", mi ha detto un anziano prima di lasciare il paese.

Garvane: "Non è il regno delle sottane, ma schiavitù al femminile"

Garvane è un piccolo centro turco in alto, sulle montagne, frazione del villaggio di Beli Izvor. Qui vivono 40 famiglie appena, gli altri sono emigrati a Cipro, in Turchia o ad Ardino. Oggi Garvane è abitato quasi solo da donne, e mentre gli uomini lavorano in città, le donne allevano mucche e coltivano tabacco. Il paese si porta la nomea di una specie di matriarcato, "il regno delle donne". Chiedo se è vero a due donne, suocera e nuora. "Yok! (No, in turco). Questo non è il regno delle sottane, ma è schiavitù al femminile", mi risponde la nuora, raccontandomi di come deve zappare e badare agli animali per sfamare se stessa e i figli. Suo marito lavora a Sofia, e lei deve consultarlo prima di prendere qualsiasi decisione importante. Una donna di 42 anni, disoccupata, anche lei col marito a Sofia e con due filgi sulle spalle, deve tirare avanti con i 300 leva (150 euro) che il marito spedisce, e che devono bastare per tre mesi. Ha chiesto al sindaco assistenza sociale, ma le è stato risposto di no, visto che ha un marito.

Le donne più anziane portano i vestiti tradizionali, lo "shalvar" e la "shamia". Kerime, 94 anni e una sua eleganza tutta particolare, porta il rosario islamico. Nessuna delle anziane parla il bulgaro, hanno dimenticato il linguaggio ufficiale dello stato in cui vivono. Anche per questo nessuno di loro sa cosa pensare dell’ingresso della Bulgaria nell’unione Europea. "Abakalum!" ("Vedremo!" – in turco). La maggior parte delle donne hanno votato per il DPS, ma non nascondono la propria delusione per le promesse non mantenute.

Yabalkovetz: l’Ue va bene, ma solo per i ricchi

Il villaggio di Yabalkovetz, con le sue piccole case di pietra, dove vivono circa 300 persone, sembra uscito dal regno delle fiabe. Anche qui la maggior parte degli abitanti è emigrata, e in paese non ci sono più bambini. In compenso ci sono almeno 30-40 scapoli, tra cui Redjep, 47 anni, originario del vicino villaggio di Chubritza.

Nei campi si falcia il fieno e Redjep, Sahila e suo marito lavorano sotto la forte calura estiva. "Come va? Riusciamo a malapena a sbarcare il lunario, viviamo di aria pura e acqua buona", mi dice Redjep. "Il villaggio non ha prospettive", dice Sahila, che nei 63 anni della sua vita non è mai stata al mare. Per loro l’Unione Europea è un concetto astratto. Redjep critica i politici. "Si sono riempiti le tasche di soldi. Non siamo pronti per l’Europa, c’è troppa mafia…", e allora Saliha lo sgrida, "Parli troppo, ti farai un sacco di nemici". Suo marito però commenta brusco "Il cane abbaia, ma la carovana continua a viaggiare".

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