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Slovenia e Darfur: due anni di prigioni sudanesi
Operatore umanitario, attivista per i diritti umani, giornalista. Tomo Križnar era in Darfur per conto del presidente sloveno Drnovšek. E’ stato arrestato dalle autorità sudanesi e condannato a due anni di prigione per spionaggio. Il governo sloveno reagisce tiepidamente
Lunedì scorso è arrivata a Lubiana da Al Fasher, nel Darfur settentrionale, la sentenza dei giudici sudanesi nei confronti di Tomo Križnar, noto operatore umanitario, attivista per i diritti umani, africanista, giornalista, scrittore e inviato speciale del presidente sloveno Janez Drnovšek, agli arresti in Sudan dal 20 luglio scorso.
Križnar è stato condannato a due anni di prigione, una multa di 1900 euro e il sequestro di quanto portava con sé, il computer, il telefono satellitare, una macchina fotografica, una videocamera digitale, 5 mila fotografie e tutta la documentazione raccolta sulla crisi umanitaria ed il conflitto nel Darfur. Le accuse rivolte a Križnar sono pesanti: spionaggio, propaganda anti-sudanese e immigrazione illegale.
Pronta la reazione di Drnovšek che ha subito definito assolutamente esagerata e inaccettabile la pena inflitta" e del tutto infondate le accuse di spionaggio contro il suo inviato. Più tiepida e ambigua invece la reazione del governo sloveno. Il ministero degli Esteri fa leva sulle presunte responsabilità formali di Križnar e della presidenza che prima dell’inizio della missione umanitaria lanciata da Drnovšek non si sarebbero consultati debitamente con chi di dovere. Il ministero sottolinea che Križnar è entrato in territorio sudanese senza il necessario visto. Anche sulla sentenza il ministero lascia intendere che si tratterebbe di un castigo tutto sommato non esagerato essendovi in Sudan la possibilità legale di condannare le spie persino all’ergastolo. Palese sullo sfondo la rissa politica tra il presidente e il premier, polemica che da mesi ormai agita le acque slovene. Ma la guerra di interpretazioni e dichiarazioni contrastanti non alleviano certo la situazione di Križnar, da un mese ormai in una cella con altri tredici prigionieri politici sudanesi.
Križnar è stato arrestato nel Darfur il 20 luglio scorso dopo circa quattro mesi si lavoro di documentazione e di incontri con tutte le parti in conflitto e con la popolazione civile vittima della guerra, che l’accordo di pace firmato in giugno ad Abuja in Nigeria, tra il governo ed una parte della resistenza del Darfur (il SLM di Minni Minnawi), sotto l’egida dell’Unione africana, non è riuscito ancora a fermare.
Tomo Križnar si era recato dapprima nel Ciad regolarmente con l’incarico di preparare la visita di Drnovšek (poi slittata) in uno dei tanti campi profughi a ridosso del confine con il Sudan. Il presidente sloveno aveva lanciato a febbraio una propria iniziativa per il Darfur che doveva fungere, con una mediazione tra i gruppi ribelli ed il governo sudanese, da complemento ai negoziati di Abuja. Ma il tutto era finito nel nulla per l’indifferenza e persino l’opposizione dell’ UA e dell’ONU.
Drnovšek aveva ricevuto a Lubiana i leader di uno dei movimenti sudanesi ma non era riuscito a smuoverli dalla loro opposizione all’accordo tra Kartum e Minnawi. Tomo Križnar intanto dal Ciad entra in marzo di sua iniziativa nel Darfur, da dove viene però espulso dai miliziani del SLM. Poi, accompagnato dagli stessi, vi rientra il primo aprile e si incontra con il leader Minni Minnawi, iniziando un lungo viaggio per la martoriata regione dove documenta le conseguenze della guerra, degli attacchi dei temibili janjawidi, appoggiati dall’esercito sudanese.
A Jebel Mari fotografa dalle mani di un comandante del SLA, un movimento che non ha firmato l’accordo di pace, un documento compromettente per il governo sudanese: l’ordine firmato da un alto ufficiale di Kartum di liquidare qualsiasi individuo che tentasse di investigare nei pressi delle presunte fosse comuni. Anche nel caso si fosse trattato di membri dell’ONU. Il documento è parte delle 5000 fotografie in possesso di Križnar e che nel processo vengono considerate prove schiaccianti della sua presunta attività spionistica. Sul banco dell’accusa anche i tanti articoli che Križnar pubblica sulla rete. Per lo più critici nei confronti del governo sudanese e scettici in merito alle reali possibilità offerte dagli accordi di Abuja. E molti fatti danno ragione allo scetticismo di Križnar come gli attacchi ai civili che continuano a perpretarsi nel Darfur e l’uccisione misteriosa di otto operatori umanitari in luglio. L’accusa imputa a Križnar anche i suoi trascorsi nel Kordofan, dove per anni si è occupato di solidarietà con il popolo Nuba.
Tomo si difende: Non sono una spia, il mio operato è trasparente, pubblico. Sono solo un testimone di quanto avviene nel Darfur. Amo il Sudan e voglio la pace". Gli accusatori vedono nel suo operare un tentativo di dimostrare l’inefficienza della mediazione e delle forze di interposizione dell’UA dispiegate nella regione. Un tentativo quello di Križnar – secondo l’ accusa – di privilegiare una soluzione ONU con maggior peso dell’ Unione Europea. E Križnar non lo nega, è un suo diritto di opinione che nulla ha a che fare con lo spionaggio o la propaganda sovversiva. Ammette solo la colpa di essere entrato in Sudan senza visto. Ma a portarlo nel Darfur sono stati i soldati di Minawi che adesso è braccio destro del presidente sudanese Al Bashir e sono loro che gli hanno permesso di documentare la situazione. Poi Križnar, in pericolo di vita, si è consegnato ai militari dell’ UA che invece di portarlo nel Ciad, come promesso al presidente sloveno, lo hanno consegnato alle autorità sudanesi.
Ora è la volta dell’appello. La Slovenia spera nella sua espulsione e nella solidarietà internazionale, soprattutto quella dell’ UE. Due anni nella carceri di Al Bashir non sono uno scherzo.