Belgrado: Ahtisaari indigesto
Una frase molto poco diplomatica di Marrti Ahtisaari, inviato speciale dell’ONU per i negoziati sul futuro status del Kosovo, e in Serbia è una levata di scudi. Dalla nostra corrispondente a Belgrado
La dichiarazione dell’inviato delle Nazioni Unite Marrti Ahtisaari, le reazioni del team negoziale di Belgrado e la bomba gettata domenica scorsa nella parte settentrionale di Mitrovica, hanno di nuovo riportato l’attenzione dell’opinione pubblica serba sul processo negoziale sul futuro status del Kosovo.
A giudicare dai primi indicatori è chiaro che gli ultimi fatti hanno mobilitato una grande parte di opinione pubblica che non aveva posto la questione del Kosovo come priorità della politica interna.
L’inasprimento dei rapporti Belgrado – Ahtisaari, e indirettamente anche con la comunità internazionale, è iniziato alla metà del mese di agosto, quando i funzionari serbi hanno reagito alla, come hanno detto, dichiarazione di Ahtisaari che i serbi sono colpevoli come popolo. Secondo le dichiarazioni dei membri del team negoziale di Belgrado, Ahtisaari durante i negoziati dell’8 agosto ha risposto ad uno dei membri del team dicendo che i serbi portano il peso della colpa per quanto succede in Kosovo, fatto che è servito come punto di partenza per esprimere tutta l’insoddisfazione del modo in cui Ahtisaari conduce i negoziati.
Nonostante, come è stato detto, si tratti di una dichiarazione informale, i politici belgradesi ritengono che Ahtisaari abbia oltrepassato le competenze conferitegli col mandato e che abbia infranto il principio della neutralità che porta con sé la funzione che ricopre.
Dall’altra parte Ahtisaari durante la conferenza stampa ha detto che la sua dichiarazione è stata estrapolata da un contesto più ampio e ha ribadito di aver detto che in occasione della decisione sullo status del Kosovo si deve tenere in considerazione anche l’eredità storica.
Secondo quanto riporta l’emittente B92, Ahtisaari ha sottolineato che ogni popolo ha il proprio peso e che deve vivere e confrontarsi col proprio passato, rifiutandosi di commentare i fatti summenzionati. Sulla stessa questione è intervenuta in una dichiarazione scritta Hua Jiang, portavoce dell’inviato speciale dell’ONU per i negoziati sul Kosovo, sostenendo che Ahtisaari durante la sua visita a Pristina ha precisato la sua posizione secondo la quale l’attuale potere democratico in Serbia non può essere considerato responsabile per la politica di Milosevic in Kosovo, ma che i funzionari di Belgrado devono accettare la sua eredità e il fatto che la politica condotta fino al 1999 sarà tenuta in considerazione mentre si prenderà la decisione sullo status.
I rappresentanti della comunità internazionale hanno appoggiato l’inviato speciale, e il portavoce di Kofi Annan, il segretario generale dell’ONU, Brendon Varma ha valutato che nella dichiarazione di Ahtisaari non c’è niente che possa dimostrare che abbia oltrepassato il mandato. Per il team di Ahtisaari questo "caso" è chiuso. Secondo le loro parole, nei prossimi giorni saranno del tutto noti i piani per la decentralizzazione in Kosovo e il nuovo giro di negoziati che dovrebbe tenersi nella prima settimana di settembre.
Ma la bufera a Belgrado non si placa. I funzionari serbi annunciano una dura offensiva diplomatica che dovrebbe dare come risultato un cambiamento di immagine della Serbia rispetto ai negoziati kosovari. Immediate reazioni ci sono state anche da parte di alcuni analisti serbi.
Djordje Vukadinovic, redattore della rivista "Nova srpska politicka misao", in una dichiarazione per la BBC ha detto: "Il messaggio di Belgrado è che la collaborazione con Ahtisaari non solo è in crisi, ma forse è persino terminata, perché dopo l’accusa è difficile per Belgrado pensare ad un rinnovo della collaborazione tra il team serbo per i negoziati e Ahtisaari. La Serbia non può da sola far dimettere Ahtisaari, ma forse a Belgrado sperano che l’insoddisfazione di una parte della comunità internazionale rispetto a quanto sta facendo Ahtisaari in combinazione con l’offensiva diplomatica serba potrebbe portare alla destituzione di Ahtisaari dalla funzione di mediatore principale dei negoziati. L’idea di Belgrado è quella di screditare in modo chiaro e forte gli sforzi di mediazione di Ahtisaari e preparare il terreno per rigettare la soluzione sullo status finale se questa dovesse essere l’indipendenza".
Ad ogni modo le valutazioni unanimi che giungono da Belgrado vanno nella direzione di negare l’argomento della "colpa storica", sottolineando che un popolo non può essere punito per i crimini del regime. Nella dichiarazione per l’agenzia Tanjug, il premier Kostunica ha detto che le storie riguardanti un ampio o stretto contesto sono infondate, aggiungendo che tale argomento, a parte la mancanza di affermazioni reali e legalmente fondate, rappresenta in modo evidente un paravento per attribuire l’indipendenza al Kosovo.
Kostunica, dopo l’incontro col team negoziale, ha aggiunto che la Serbia per ora non chiederà la revoca di Ahtisaari, ma si concentrerà piuttosto su un’ampia e sistematica offensiva diplomatica, sì da poter infrangere i pregiudizi sui serbi.
Il ministro degli esteri Vuk Draskovic sostiene che si può anche sollevare la questione dell’eredità storica, ma allora si deve prendere in considerazione l’intera storia delle relazioni tra serbi e albanesi, con la quale, secondo il ministro, i serbi risulterebbero vincitori. Draskovic ha aggiunto che in occasione di una valutazione sull’eredità storica si deve discutere della responsabilità di tutte le parti in causa, aggiungendo che la Serbia è già stata punita con le sanzioni e i bombardamenti.
La atmosfera già tesa è stata ulteriormente aggravata dall’attacco nel bar "Dolce vita" nella parte settentrionale di Kosovska Mitrovica. Sabato 26 agosto verso le 19 è stata gettata una bomba nella parte di Mitrovica dove risiede la maggioranza della popolazione serba. Il bar si trova nelle immediate vicinanze del ponte che divide le due comunità e per molti rappresenta un luogo simbolico. Secondo i primi risultati delle indagini il responsabile dell’attentato sarebbe Adem Dibrani, albanese di sedici anni, che indisturbato ha attraversato il ponte, è entrato nel bar e ha attivato la bomba. Nell’attacco sono rimaste ferite nove persone, delle quali quello che ha subito le ferite più gravi è un membro della polizia dell’UNMIK. Fortunatamente non ci sono stati morti.
Dibrani è stato arrestato col sospetto di essere il responsabile dell’attentato, è stato trasferito a Pristina e poi a Lipljan. Per adesso rimane agli arresti per 30 giorni. La famiglia di Dibrani sostiene che lui non abbia niente a che fare con l’attacco, e che per caso si era fermato sul ponte e ha iniziato a correre quando la bomba è esplosa, fatto che ha attirato l’attenzione della polizia. La famiglia aggiunge inoltre che Dibrani è malato di emofilia e che un anno fa aveva perso la memoria, sicché fino a quel giorno, non era mai uscito senza accompagnamento.
Dall’altra parte, i rappresentanti serbi di Mitrovica affermano di conoscere bene lo scenario secondo il quale i responsabili degli attacchi sono sempre dei minorenni, perché non possono essere condannati alla detenzione. I rappresentanti serbi dichiarano che le pressioni sulla parte settentrionale del Kosovo sono aumentati e chiedono un’ulteriore protezione da parte della comunità internazionale e la chiusura del ponte fino al termine dei negoziati.
D’altra parte il ponte sul fiume Ibar è stato chiuso subito dopo l’attacco, e la polizia dell’UNMIK fornisce il permesso a tutti gli individui che decidono di attraversalo.
La situazione a Mitrovica nord adesso è tranquilla, e i rappresentanti della polizia dell’UNMIK sottolineano l’aiuto dei leader serbi che subito dopo l’attacco hanno reagito sobriamente e hanno controllato la situazione nella loro comunità.
Si deve tenere presente che la soluzione di Mitrovica rappresenta proprio uno dei problemi più difficili dei negoziati, e che la situazione in questa città si è aggravata negli ultimi mesi.