Filo rosso, da Locarno a Sarajevo
Si è chiuso il Sarajevo Film Festival ed ha vinto ”Das Fräulein” di Andrea Štaka. Una rassegna a cura di Nicola Falcinella sui due festival più importanti dell’estate
I due maggiori festival di agosto e lo stesso esito. Il miglior film, che siamo a Locarno o a Sarajevo, è «Das fräulein» di Andrea Štaka. Una regista di origine serba che vive in Svizzera e ha raccontato, con toni di intensa umanità e partecipazione, le vicende di tre donne di età diverse conflueite dall’ex Jugoslavia a Zurigo.
Al festival bosniaco, che si è chiuso sabato sera, il film ha ottenuto anche il premio «Heart of Sarajevo» per la migliore interprete per Marija Skaricic, la più giovane delle protagoniste.
L’opera prima della regista è stata definita dalla giuria (fra gli altrti i registi Jasmila Zbanic e Jan Cvitkovic) «un viaggio sensibile attraverso una relazione insolita fra due donne e la scoperta dei loro mondi interiori».
Il premio spaciale della giuria è andato al sorprendente film bosniaco «Mum’n’Dad – Mama i tata» di Faruk Loncarevic. Un’altra opera prima (erano 7 su 9 titoli in gara), spuntata l’ultimo giorno di proiezioni. Un film breve (65 minuti), che racconta un paio di giornate di una coppia di anziani. Lui è silenzioso, impenetrabile e all’apparenza non in grado di gestirsi neppure nelle cose più semplici ciome andare in bagno. Lei è piena di attenzioni fino al limite del fastidio. Lunghi piani sequenza fissi sono interrotti da spot pubblicitari e da inviti a votare per l’uno o per l’altro come se si fosse in un reality show che va contro tutti i canoni correnti. Il regista non spiega troppo ma il risultato è affascinante e coraggioso.
All’altro bel film bosniaco «Sve dzaba – All for Free» di Antonio Nuic il premio di migliore attore per Rakan Rushaidat.
Una menzione speciale è andata al rumeno «Paper Will Be Blue – Hirtia va fi albastra» di Radu Muntean. La notte prima della rivoluzione in un film scuro, claustrofibico, ambientato per lo più in un tank o in locali – progione molto piccoli. Un film compatto, con un finale terribile solo suggerito anche se sorge il sole. Era in concorso anche a Locarno dove non ha ottenuto neppure un premio minore. Peccato, perchè in entrambe le competizioni era quello più solido e coraggioso, anche se la difficoltà di identificarsi nei personaggi (a lungo a stento riconoscibili) e la necessità di un minimo di infarinatura su quel che accadde in Romania nel dicembre ’89 hanno pesato a suo sfavore.
Sempre al Festival di Locarno, da notare come «Das fräulein» abbia vinto pure il premio della giuria giovani, nonchè vari riconoscimenti minori non ufficiali. La giuria dei documentari di Sarajevo, che doveva valutare un lotto di storie molto forte e con una grande necessità di essere raccontate (e viste!!), ha dato la vittoria al croato «Facing the Day – Što sa sobom preko dana» di Ivona Juka. Il premio per i diritti umani è stato assegnato a «Vukovar – Final Cut . Vukovar – Poslednji rez» del serbo Janko Baljak. La giuria dei corti (presieduta dall’attrice Valeria Golino e comprendente anche il regista e sceneggiatore croato Ognjen Sviličić) ha premiato come miglior film lo sloveno "Good Luck Nedim» di Marko Šantić, con menzioni speciali al croato «It’s Not That I Know, That’s Just the Way It Is – Nije da znam, nego je tako» di Tanja Golić e il greco «Thought of the Day – Skepsi Tis Imeras» di Yiannis Gaitanidis.
Locarno ha invece dedicato la sezione «Pardi di domani» con i cortometraggi dei giovani che saranno i registi del futuro a «A est del Mediterraneo». Dall’Istria a Israele brevi storie lungo le sponde del mare che unisce Europa, Asia e Africa. Il premio maggiore è stato attribuito al ritratto di bambino solo «Bubachki – Bugs» del macedone Igor Ivanov, il secondo premio all’israeliano «West Bank Story» di Ari Sandel. Una menzione è andato al greco «Defteri fisi» di Vardis Marinakis, mentre un premio speciale per il sottotitolaggio in tre lingue dell’Europa centrale è andato a turco francese «Bir damla su – un goccio d’acqua» di Deniz Gamze Ergüven, su una donna che rompe le tradizioni maschiliste e si batte per la sua libertà. La sezione, oltre al concorso riservato alle novità del 2006, comprendeva anche una «retrospettiva» con i migliori cortometraggi dell’area: fra loro lavori dei bosniaci Jasmila Zbanic, Aida Begic, Ahmed Imamovic e Srdjan Vuletic, dei serbi Pavle Vuckovic e Vladimir Perisic, dei turchi Kazim Oz, Esen Isik e Tayfun Pirselimoglu, del macedone Mitko Panov e della stessa Štaka con il suo primo lavoro, «Hotel Beograd» del 1998.