Nenad Čanak: l’identità della Vojvodina
Nell’ambito della Conferenza internazionale su globalizzazione, nazionalismo e conflitti etnici tenutasi a Belgrado dal 28 al 30 settembre scorso, abbiamo intervistato Nenad Čanak, parlamentare e Presidente della Lega dei socialdemocratici della Vojvodina
Nel suo intervento durante la conferenza lei ha parlato dell’identità della Vojvodina. Cosa si intende con identità vojvodinese?
Non c’è nulla che possa essere facilmente definito come per esempio nazione, religione, ecc. La Vojvodina è un luogo multiconfessionale, multiculturale, un luogo fatto di molte patrie, perché è una regione d’immigrazione, e come tale essa costruisce la propria identità sotto l’aspetto giuridico, senza mancare di accogliere i generali valori europei. E questa l’unica cosa che possiamo definire come identità della Vojvodina. Tutto il resto è soggetto a cambiamenti e non vale la pena parlarne.
Non è raro che accadano degli avvenimenti non proprio piacevoli nei confronti delle minoranze. Come è la situazione oggi in Vojvodina?
Non è che in Vojvodina accadano in misura maggiore rispetto alla situazione generale della società. Quando guardate la televisione statale e i media filo-regime, come diffondono la xenofobia e l’odio, allora possiamo dire che da noi in Vojvodina si sta ancora bene. Mi riferisco al continuo potenziamento della retorica e del modo di pensare dell’inizio degli anni ’90, che tutt’oggi è presente, perché non c’è mai stata quella discontinuità che tutti ci attendevamo sarebbe accaduta coi cambiamenti del 2000.
Quindi secondo lei la situazione del Paese non è cambiata affatto dopo il 2000?
Non posso dire che non ci siano stati cambiamenti, ma non posso dire che siano sufficienti.
E cosa pensa della costituzione che oggi stesso (28 settembre) il parlamento adotterà?
Sarà anche peggio! La nuova costituzione è solo nuova ma non migliore della precedente. A noi non serve una nuova costituzione, a noi ne serve una migliore, una costituzione europea. In questa costituzione ci sono alcune cose pericolose, per esempio l’insistere sul concetto di nazionalità. Ciò significa che ogni serbo diventa cittadino della Serbia, e che le persone che non vivono nel Paese possono votare. Questo secondo me è un precedente molto pericoloso e penso che recherà molti danni alla Serbia e alla democrazia della Serbia. Dall’altro lato definire il Kosovo come una parte inseparabile dalla Serbia potrebbe significare che, nel caso in cui gli organi dello Stato obbligassero a difendere gli interessi statali e il Kosovo venisse dichiarato indipendente, ci metteremmo in guerra col Kosovo. Non credo che questo accada, ma è sempre meglio impedire certe situazioni finché si è in tempo.
Riferendoci ancora alla Costituzione, cosa andrebbe bene alla Vojvodina? Andrebbe bene il grado di autonomia che aveva con la costituzione del 1974?
Non possiamo parlare della costituzione del 1974, perché si riferisce ad un Paese che non esiste più, ad un’architettura di uno stato che non esiste più. La Vojvodina deve avere cinque cose, e queste sono: potere legislativo, potere esecutivo e potere giudiziario, una legge sulle entrate e una legge sulla proprietà. Senza queste cinque cose tutto il resto è chiacchiera. Adesso si tende a far passare la tesi secondo la quale la Vojvodina, con la nuova costituzione, otterrebbe più soldi, nel senso che molte risorse finanziarie rimarrebbero in Vojvodina. Tuttavia, detto sotto forma di metafora, ciò equivale alla situazione in cui uno vi dà più acqua di quanta ne avevate fino ad ora, ma non vuole darvi il bicchiere.
Secondo lei la Serbia deve temere una secessione della Vojvodina?
No, non vedo la necessità di questo. Ma ciò che è davvero terribile è il fatto che con la nuova costituzione si offre al Kosovo una sostanziale autonomia, mentre alla Vojvodina la si limita. E questo è un pessimo messaggio, che dice: se fate una guerra allora vi prendiamo sul serio. O detto altrimenti: la Serbia non conosce altro linguaggio che quello della guerra.
Al governo di Novi Sad, la capitale della Vojvodina, ci sono i radicali. Come collaborate con loro?
Non collaboriamo affatto!
Come interpreta la dichiarazione rilasciata alcuni giorni fa dal Presidente della Commissione europea, Manuel Barroso, relativamente alla proposta di frenare l’allargamento dell’UE dopo l’ingresso della Romania e della Bulgaria?
Mi sembra logico. Se io fossi stato al posto del leader dell’Unione europea avrei pensato la stessa cosa. Perché includere nell’Unione europea paesi che non solo non hanno una reale intenzione di adattarsi agli standard dell’Unione europea, ma portano con sé il peso di relazioni irrisolte con altri paesi. Io penso che sia un messaggio molto serio che ognuno dovrebbe ascoltare e in particolare il governo serbo.
Pensa che la Vojvodina potrebbe essere il motore della Serbia verso l’Unione europea?
La Vojvodina non ha strumenti per poterlo fare. Questo è il vero problema. Se la Vojvodina disponesse di questi strumenti di cui parliamo… Faccio un esempio: il parlamento della Vojvodina nel 2001 ha adottato una dichiarazione riguardante la collaborazione con il Tribunale dell’Aja, e se avessimo avuto la nostra polizia avremmo arrestato i criminali di guerra, ma non lo possiamo fare. Non abbiamo la nostra magistratura. A questo proposito in Vojvodina esiste una forte volontà politica, mentre in Serbia ci sono gli strumenti ma manca la volontà politica. E adesso siamo a questo punto morto tra la volontà e la possibilità, che tutt’ora continua a recare danno alla Vojvodina.