Allargamento UE, la voce degli intellettuali
Ricercatori e intellettuali si confrontano sul possibile rallentamento del percorso di integrazione europea dei Balcani dopo l’ingresso di Romania e Bulgaria. Da Belgrado, nostre interviste
Il presidente della Commissione europea, Manuel Barroso, ha dichiarato nelle settimane scorse che, dopo l’ingresso di Romania e Bulgaria, l’allargamento dell’Unione Europea avrebbe dovuto rallentare per dare tempo a Bruxelles di ripensare al proprio assetto istituzionale. A Belgrado, nell’ambito della Conferenza internazionale su globalizzazione, nazionalismo e conflitti etnici tenutasi dal 28 al 30 settembre scorso, abbiamo raccolto le reazioni sull’argomento di ricercatori, docenti e intellettuali europei e della regione
Florian Bieber – Kent University
Credo che la prospettiva di accesso all’UE sia stata la più grande spinta per il cambiamento nei Balcani occidentali e credo che chiudere ora la porta ad ulteriori allargamenti sia pericoloso. Perfino con la prospettiva d’integrazione nelle istituzioni europee è stato difficile procedere alla realizzazione di riforme: se chiedi ai cittadini serbi se vogliono entrare nell’UE loro ti rispondono "sì", ma è una prospettiva da qui a 15 anni, è lontana, è astratta. Perciò la sfida è quella di portare l’integrazione europea più vicina, almeno mentalmente. Invece, affermare che il processo d’integrazione subisce un rallentamento e che l’UE dovrà affrontare i propri problemi interni prima di allargarsi ulteriormente, fa percepire l’integrazione molto lontana ed il magnetismo che l’UE poteva esercitare penso subirà una severa diminuzione come risultato di queste dichiarazioni.
Non credo che la Croazia avrà problemi ad entrare perché si tratta di uno Stato singolo e probabilmente sarà accettata (anche se non è certo), ma vedo un problema serio per gli altri: Serbia, Montenegro, Bosnia, Macedonia ed Albania e penso che un periodo di riflessione troppo lungo possa avere un impatto negativo riducendo la capacità di persuasione dell’UE.
Credo che l’opinione pubblica croata sia più problematica per molti versi, mentre l’opinione pubblica serba lo sia meno. I serbi non hanno aspettative così alte rispetto all’Europa ed alla possibilità che gli venga offerto molto nel prossimo futuro. Tuttavia può sembrare un tradimento agli occhi delle persone che dicono "noi stiamo facendo tutto questo per garantirci l’accesso all’Unione europea" e c’è sempre l’aspettativa che le porte dell’UE siano aperte.
Ed ora che sono chiuse, o può apparire che siano chiuse, si rischia di provocare un contraccolpo che probabilmente avrà un effetto di lungo periodo sulla percezione dell’UE o sul sostegno ai processi di riforma. Personalmente non sono molto preoccupato per la mancanza di sostegno all’Unione europea ma sono seriamente preoccupato per un ridotto sostegno alle riforme che sarebbe davvero allarmante.
Viktor Bojkov – Università di Sarajevo
Per quanto ne so la Commissione Europea non è felice del fatto che Bulgaria e Romania accederanno l’anno prossimo, tuttavia l’Europa non ha scelta perché ha già preso un impegno ed ha firmato un accordo nell’Aprile 2005. A causa di questo impegno i due paesi entreranno, se tutte le procedure di ratifica andranno a buon fine.
La dichiarazione secondo cui su futuri ulteriori allargamenti si dovrà riflettere più attentamente è collegata a queste premesse. Proprio per il fatto che la promessa di accesso è stata fatta a Bulgaria e Romania prima di sapere in che misura questi paesi avrebbero fatto progressi, l’esperienza degli scorsi mesi insegna di dover essere più cauti nel fare promesse a ulteriori paesi candidati.
Riguardo alle istituzioni, non so se se sia stato fatto consapevolmente ma Bulgaria e Romania erano incluse nel trattato di Nizza quali parti delle istituzioni europee: sono previsti loro parlamentari; il commissario europeo; il voto in Consiglio. Dopo il fallimento della costituzione non è cambiato niente perché i due paesi erano già contemplati nelle istituzioni europee, perciò l’allargamento prosegue. Al contrario, possibili nuovi membri come Croazia, Turchia ed altri non potranno accedere prima che le istituzioni europee vengano riorganizzate.
Al momento penso che l’iniziativa europea si trovi in un momento di stagnazione perché un nuovo trattato non può essere firmato prima di vedere cosa accade alla costituzione, e la costituzione traballa perché due stati membri hanno rifiutato di ratificarla.
Questa è la ragione per cui credo che Barroso mostri molta cautela e cerchi di mandare il messaggio "non dovremmo fare promesse prima di ristrutturare le istituzioni per una membership più ampia" ed in questo senso l’esperienza con Bulgaria e Romania insegna, perché se non fossero state fatte promesse probabilmente il loro accesso non sarebbe avvenuto prima del 2008 o 2009.
Ad ogni modo la Commissione non è composta da una singola persona ma da 25 membri. Ed uno dei vice-presidenti della Commissione è Günter Verheugen che ha sempre rappresentato forti posizioni pro-allargamento ed ha reso possibile l’allargamento ai 10 nuovi stati membri avvenuto nel 2004. Se non fosse stato per lui forse non sarebbe accaduto in quell’anno. E lui oggi ha una posizione diversa da quella di Barroso. Barroso è il presidente tuttavia tutti i commissari sono indipendenti.
Inoltre si deve tenere in considerazione che la decisione finale spetta al Consiglio Europeo e non alla Commissione. Se vi ricordate, quando la Grecia era pronta per l’integrazione negli anni ’80, la Commissione ha dato un parere contrario all’accesso. Ma poi il primo ministro Karamanlis, un politico molto abile, convinse il Consiglio (allora composto da 9 stati membri) ad andare avanti con l’allargamento contrariamente alla posizione della Commissione.
Barroso è un singolo individuo all’interno di un’istituzione che ha molte voci, molte coalizioni e così via.
Se mi chiedete di Croazia e Turchia, mi pare ovvio che la Croazia sia un po’ più avanti nel processo rispetto alla Turchia. Tuttavia è vero che la Croazia ha i suoi alleati all’interno dell’UE (Austria, Ungheria, ecc) che stanno spingendo per l’ingresso della Croazia ma ci sono altri Stati membri che sono più cauti sul fare promesse specialmente perché, come detto, Romania e Bulgaria sono cattivi esempi verso i quali si è dovuto agire sulla base di promesse fatte in passato, in tempi in cui si sperava che questi paesi facessero progressi più veloci.
Francesco Strazzari – Università di Amsterdam
La dichiarazione di Barroso un disastro, gioca con delle aspettative di medio e lungo periodo su cui hanno investito le élite che puntavano alla democratizzazione e alle riforme nei paesi balcanici, va a rafforzare confini come quello per esempio tra Macedonia e Bulgaria, che andavano invece stemperando la loro caratteristica di essere duri e blindati. Sicuramente segnerà un passo indietro in tutti i processi politici della regione balcanica.
Melita Richter – Università di Trieste
Mi sembra che tutt’oggi manchi un concetto di Europa, non si può decidere che chi ha il pedigree per entrare entra mentre gli altri restano fuori, anche se fanno comunque parte dell’identità europea, e stanno cercando di cambiare dall’interno la loro società, democratizzandola… Credo che si debba almeno pensare di non chiudere la porta a questi membri per ora potenziali, i cosiddetti Balcani occidentali. Il pensiero europeo dovrebbe di nuovo pensare a come dar loro l’opportunità di far parte dell’Unione europea… sarebbe un danno lasciare questo processo così monco.
Francesco Privitera – Università di Bologna
Certamente Barroso ha fatto una dichiarazione che è in funzione di quello che è il clima oggi in Unione europea, e le opinioni pubbliche sono profondamente orientate verso l’allargamento. È ovvio che dire adesso che si va verso un allargamento in tempi relativamente rapidi rispetto ai Balcani occidentali avrebbe un impatto emotivo estremamente negativo. Tuttavia dubito che in realtà Barroso e l’Unione europea possano effettivamente tenere fede a questa impostazione, perché in ogni caso il negoziato è già avviato con la Croazia, la Macedonia segue a ruota, e non si può posticipare oltre un tempo ragionevole per l’ingresso di questi paesi nell’Unione europea. Verosimilmente dobbiamo immaginare che entro la metà del prossimo decennio questi paesi siano già entrati.
Robert Hayden – Pittsburgh University
Si tratta di una classica e semplice questione politica, ma non è nell’interesse dell’Unione europea che i Balcani siano il buco nero dell’Europa. I Balcani sono una parte dell’Europa, credo che tutti siano consapevoli di ciò. Ci sono motivi politici interni per cui adesso dicono che non si procederà immediatamente con l’allargamento, ma alla fine si deve arrivare all’allargamento. Non c’è logica senza l’allargamento.
Nenad Ðurđević – Centar za nenasilni otpor, Forum za etničke odnose
Penso che la dichiarazione di Barroso sia una buona cosa, perché l’opinione pubblica serba non è così scettica riguardo all’integrazione nell’Unione europea, piuttosto lo è per quanto concerne le norme, le modalità di comportamento, che devono essere adottate per far sì che la Serbia diventi uno Stato normale. Se venisse sospeso il processo d’integrazione nell’Unione europea, allora la gente si chiederebbe perché si devono fare le riforme, quando non si ha nemmeno la prospettiva dell’Unione europea. Penso che l’Unione europea sia vissuta come una sorta di favola. Secondo me la Serbia dovrebbe fare il possibile per essere uno Stato tale da poter essere domani un membro dell’Unione europea, anche se non dovesse più esistere l’Unione europea.
Le persone qui vivono l’Unione europea solo come un certo stile di vita che le attira. Ci sono molti dibattiti su cos’è l’Unione europea, se esistono istituzioni nazionali, cos’è l’identità europea, i valori, lo stile di vita, ecc. ma tutto assomiglia ad una sorta di supermarket dove compri quello che ti piace, e in questo modo viene percepita l’integrazione della Serbia nell’Unione europea. Tutti pensano a come sarà il lavoro, se sarà ben pagato, se ci saranno strade, infrastrutture, scuole. Pensano a tutti i benefici che potrebbero trarre dall’integrazione. Ma nessuno guarda l’altra faccia dell’integrazione, quali sono i doveri da rispettare. Io credo che la Serbia dovrebbe modernizzarsi e cambiare non tanto per l’Unione europea, ma per se stessa.