Cemento, politica e patrimonio culturale
In Kosovo approvata una nuova legge per la tutela del patrimonio culturale. Un tema fortemente politicizzato essendo legato al tema della tutela dell’identità serba. Sul dibattito sta comunque scendendo una colata di cemento
La scorsa settimana l’Assemblea del Kosovo ha approvato una delle leggi più delicate della sua recente attività legislativa: la legge sulla tutela del patrimonio culturale. L’amministrazione internazionale l’attendeva da tempo e aveva tra l’altro rispedito al mittente la prima proposta di legge elaborata dall’esecutivo kosovaro.
Nel Kosovo del post conflitto, dove non tutte le comunità sono equamente rappresentate politicamente, anche rispondere alla domanda "Cosa si intende per patrimonio culturale" non è semplice. Le risposte, a seconda di chi si interroga, differiscono.
Secondo quanto definito dalla nuova legge in Kosovo vi sono ben 96 siti archeologici, 16 cimiteri storici, 139 edifici sotto tutela ricollegabili alla cultura ortodossa, 3 a quella cattolica e 32 a quella musulmana, 71 edifici abitativi da tutelare, 21 monumenti storici. Si entra poi ulteriormente nel dettaglio elencando altri 19 oggetti, libri, vestiti ed altre cose, da tutelare.
Gordana Markovic, direttrice dell’Istituto per la protezione dell’eredità culturale della Serbia, sottolinea però che gli edifici e i beni che in Kosovo dovrebbero essere oggetto di tutela son ben più numerosi. A suo avviso sarebbero 1300 i luoghi, gli edifici, gli oggetti che apparterrebbero all’eredità culturale serba. Di questi – sottolinea la direttrice – 140 tra monasteri e chiese ortodosse sarebbero stati distrutti nel periodo che va dall’estate del 1999 al marzo del 2004. Secondo i dati resi pubblici dall’Istituto del Kosovo per l’eredità culturale a questi vanno aggiunte più di 200 moschee e circa 450 case sotto tutela dei beni culturali andate distrutte tra il 1998 ed il 1999.
Durante i negoziati internazionali per la risoluzione della questione dello status futuro del Kosovo, in corso a Vienna, la tutela dei beni culturali del Kosovo è stata una delle principali questioni affrontate. Al pari del tema del decentramento amministrativo e della risoluzione del delicato problema delle persone scomparse durante il conflitto. Questo perché è legata strettamente alla tutela dell’identità culturale della minoranza serba. Belgrado ha infatti sempre sottolineato che il Kosovo è la culla della cultura serba, e la comunità internazionale, a prescindere da cosa diverrà il Kosovo, sembra intenzionata a venire incontro su questo alla leadership serba.
In questi giorni, in una pubblicità progresso, il ministro kosovaro per la Cultura Astri Haraçia affronta la questione della protezione del patrimonio culturale kosovaro, alle sue spalle un gruppo di giovani ripara una chiesa. Lo slogan è "Proteggilo, è tuo", ma è ancora dubbio quanto effettivamente le stesse autorità kosovare saranno in grado di proteggere i siti culturali (in particolare serbi ma no solo).
Anche perché non sembra che per i cittadini kosovari la protezione del patrimonio culturale sia in cima alle priorità. Tutt’altro. Il problema principale è quello del miglioramento degli standard di vita. Comprensibile, visto che la quotidianità del Kosovo, nonostante sette anni di aiuti internazionali, rimane precaria. Ma è anche vero che nessuna società può costuire il proprio futuro in spregio del passato. E il passato nel Kosovo di questi anni rischia sempre più di essere ultriormente cancellato non solo dalle profonde divisioni tra le comunità che vi abitano ma anche coperto da gettate di cemento.
Negli stessi giorni in cui veniva approvata la legge di tutela del patrimonio culturale kosovaro si iniziava a costruire, molto vicino al monumento che ricorda, nei pressi di Pristina, la storica battaglia di Kosovo Polje, un nuovo edificio. I lavori, avviati senza alcuna autorizzazione, stanno mettendo in pericolo le fondamenta del monumento.
Attorno alla battaglia di Kosovo Polje, persa dall’esercito serbo contro quello ottomano nel 1389, la Serbia ha costruito la sua epopea nazionale. Nel 1953 venne costruito il monumento in ricordo della battaglia e il 28 giugno del 1989, proprio lì, Milosevic tenne un discorso storico, davanti a un milione di persone, nel quale emerse drammaticamente la sua linea nazionalista.
Ora Milosevic non c’è più ma a molti quel monumento evoca purtroppo ancora la deriva nazionalista avvenuta in Serbia negli anni ’90. Questo è però sufficente per giustificare il fatto che venga cancellato e che si permetta di costuire abusivamente nelle sue vicinanze?
Certo è che non deve aver stupito molti il fatto che si costruisse un nuovo edificio proprio al fianco del monumento. Perché purtroppo quella non è una scena insolita in Kosovo. Si cementifica senza alcuna pianificazione urbanistica e senza permessi.
Qualcuno ha provato a mettere freno alla febbre del mattone (abusivo) che si è scatenata in Kosovo in seguito al conflitto del 1999. Ma quando nel 2001 il direttore del Comitato urbanistico di Pristina è stato ucciso davanti alla propria casa, in molti hanno perso la speranza che ciò fosse possibile.
Ora il Kosovo è il luogo in questa parte d’Europa dove vi è il più gran numero di nuove costruzioni abusive. E’ spesso difficile risalire a chi vi sia dietro a questo boom edilizio o ad esempio alla costruzione di più di 1500 pompe di benzina. Per le singole municipalità quest’ultimo ha sempre rappresentato una buona fonte d’introiti, ottenuti grazie alla registrazione di nuove aziende sul proprio territorio. Ma in ogni caso sono in poche quelle che si sono dotate di un piano di sviluppo urbanistico.
Non si può non pensare purtroppo che questa crescita esponenziale del settore dell’edilizia sia conseguenza della necessità di riciclare denaro sporco proveniente da affari criminali e traffici. Il passato viene velocemente cancellato, il presente è incerto, e il futuro?