Nervosismo post elettorale

Ombre sui risultati definitivi delle elezioni in Bosnia Erzegovina, mentre si profilano due possibili coalizioni di governo. Ad un’ipotesi "nazionale" se ne affianca una "funzionale", basata sull’accordo nei confronti della riforma della Costituzione

23/10/2006, Zlatko Dizdarević - Sarajevo

Nervosismo-post-elettorale

Sarajevo (Nicola Lux)

Il conteggio dei voti dopo le elezioni, tenutesi il primo ottobre scorso, non procede proprio come dovrebbe. Il termine legale per comunicare i risultati finali formalmente non è ancora scaduto, ma adesso è certo che dietro le porte delle stanze dove venivano conteggiati i voti sono accadute delle cose un po’ strane. I leader dei diversi partiti politici esprimono pubblicamente dubbi per i motivi che hanno portato alla sospensione della comunicazione dei risultati del conteggio. Alcuni di loro inseriscono nella vicenda toni abbastanza inquietanti. Si sentono già parole del tipo "sospetto", "engineering", "artificiosità" ecc. I più rumorosi sono i rappresentanti dell’SNSD di Dodik e del Partito per la Bosnia Erzegovina (Stranka za BiH) di Silajdzic, ma anche alcuni piccoli sconfitti dalle elezioni che dichiarano apertamente che il conteggio dei voti è strano e avvenuto in un secondo tempo, mentre i mandati già approvati si stanno "semplicemente sciogliendo". A questa affermazione si aggiunge anche il presentimento che lo si stia facendo "per impedire la creazione di una maggioranza di due terzi al Parlamento della BiH". Questa maggioranza, pare, potrebbe senza nessun problema votare le proposte dei cambiamenti costituzionali che nel mese di aprile di quest’anno non sono passati.

I responsabili della Commissione elettorale centrale scaricano la colpa dei problemi che si sono creati sulle commissioni elettorali locali che, come dicono, "hanno svolto il lavoro in modo non professionale e da analfabeti nel giorno delle elezioni e al seggio elettorale".

Nel frattempo, nella sede dove vengono conteggiati i voti, si susseguono continuamente turni di giovani che svolgono il lavoro previsto dalle commissioni elettorali. In gioco ci sono un centinaio di sacchi di schede elettorali. Ricontarli ha lo scopo di verificare l’eventuale disarmonia dei dati constatata in precedenza. Come afferma il presidente della Commissione elettorale, la differenza dei due conteggi è dello 0,33 per cento rispetto al numero totale dei voti. Gli osservatori politici più inclini al cinismo già pongono la seguente domanda: se è così difficile conteggiare le schede elettorali compilate da un po’ meno di 1,5 milioni di cittadini (il 54 per cento degli elettori complessivamente iscritti), cosa sarebbe accaduto se l’elettorato fosse stato cinque volte più numeroso?

Ad ogni modo, per la prima volta da quando è stato creato questo Stato, è caduta una pesante ombra sul processo di determinazione dei risultati elettorali. Questo fatto certamente non contribuisce alla creazione di un’atmosfera costruttiva, indispensabile al processo post elettorale. Al contrario. E questo processo è iniziato, come si poteva prevedere, con varie combinazioni e calcoli, supposizioni, sorprese ma anche con la continuazione di una retorica radicale, di accuse ed anche qualificazioni estremamente inadeguate. Si mostra che la campagna estremamente aggressiva non era soltanto funzionale alle elezioni. Essa rispecchiava posizioni e punti di vista ai quali i vincitori non rinunciano nemmeno dopo le elezioni.

Nelle combinazioni pubblicamente dichiarate finora per la formazione delle coalizioni governative, si riconoscono due "linee verticali", in particolare per quanto riguarda il vertice dello Stato. Una è puramente nazionale. Essa rappresenta il rafforzamento dello schema basato sul concetto esclusivamente nazionale dell’organizzazione politica dello Stato. In questa prospettiva la compattezza nazionale è più importante dei diversi punti di vista sul futuro costituzionale. Il secondo gruppo, in un certo qual modo, va oltre questa esclusività nazionale come base per organizzare lo Stato. Esso preferisce un’organizzazione funzionale e di interessi. Questa è basata su punti di vista relativamente simili riguardo l’ulteriore trasformazione costituzionale della Bosnia Erzegovina. Nella sua cornice, per quanto si vede, c’è posto anche per una coalizione di diversi partiti nazionali.

Nella prima variante di potenziali partner di coalizione si trovano il Partito d’azione democratica (Tihic) e il Partito per la Bosnia Erzegovina (Silajdzic). Entrambi i partiti sono quasi esclusivamente composti da bosgnacchi. Sono stati fatti i primi contatti tra i leader dei due partiti e sono stati raggiunti alcuni dei principali accordi sulla coalizione. Gli altri pronti ad avvicinarsi a questo asse sono meno importanti sia per influenza che per i voti ricevuti alle elezioni. Tutti insieme, tranne l’SDA Partito di azione democratica, ndc, hanno rifiutato le proposte di cambiamenti costituzionali per le quali si è votato in aprile al Parlamento della BiH. Ma il comune rifiuto degli allora emendamenti alla Costituzione si basava su motivi diversi. Silajdzic, all’epoca, era per il concetto di un’unione più radicale dello Stato e per l’abolizione della Republika Srpska. I partiti croati che hanno rifiutato gli emendamenti (Ljubic e il suo HDZ 1990 ad esempio) erano insoddisfatti degli emendamenti per altri motivi: essi non aprivano in misura sufficiente la possibilità per la terza entità e per un’indipendenza più decisiva dei croati in BiH.

Il problema principale di una tale coalizione annunciata sta nel fatto che, relativamente alle fallite riforme costituzionali, SDA e SBiH si trovavano su lati opposti. Le differenze erano grandi e di sostanza. Le promesse sulle quali veniva costruito un buon risultato elettorale sia degli uni che degli altri erano basate su queste differenti decisioni. Uno dei due partiti adesso cambierà posizione per potersi coalizzare? Con quali conseguenze? Dal punto di vista dei principi democratici, parlamentari e morali ciò sembra impossibile. In base alla prassi vigente in Bosnia Erzegovina, invece, non c’è nessun problema. Gli scopi della vittoria dei partiti politici in BiH prima di tutto sono il potere e il governare ad ogni costo, e non certo i principi, la morale o l’interesse dello Stato. Bisogna forse ricordare che nello scorso periodo elettorale questo Stato è stato governato da una coalizione assolutamente innaturale formata dall’SDS Partito democratico serbo di Karadzic, l’SDA di Izetbegovic e l’HDZ Unione democratica croata di Tudjman? Il risultato del governo fu disastroso. Suddetta potenziale coalizione ha un problema anche nel fatto che alla Presidenza della BiH ci sono due membri che non gli appartengono: Komsic dell’SDP socialdemocratici e Radmanovic dell’SNSD Unione dei socialdemocratici indipendenti. Le possibilità di stallo sono enormi.

Il secondo gruppo che prefigura una possibile coalizione dovrebbe essere formato sulla base di una stessa visione rispetto ai futuri cambiamenti della Costituzione. Si tratta dei partiti che, nel mese di aprile, si erano espressi senza successo a favore delle modifiche costituzionali, al tempo enormemente appoggiate anche dalla comunità internazionale. Ricordiamo che al Parlamento era mancato un solo voto di un deputato che, all’ultimo momento, è "passato" da una parte all’altra. Oggi si tratterebbe della coalizione tra SNSD della RS (Dodik), HDZ (Covic), SDA (Tihic) e SDP (Lagumdzija). In questa variante fra i principali non c’è il Partito per la BiH di Silajdzic, che ha avuto un ottimo risultato elettorale. La tecnica con cui si darà vita alla coalizione, forse, li potrebbe escludere dalla creazione degli organi esecutivi a livello statale. Per la realtà politica della Bosnia Erzegovina ciò sarebbe molto negativo.

Come nel caso precedente, la debolezza di questa ipotesi è rappresentata dal fatto che un membro della Presidenza (Silajdzic) non ne farebbe parte. Ed è certo che lui potrebbe bloccare completamente il lavoro della Presidenza.

Ma qual è, alla fine, il problema principale di questi scenari, per i quali il nervosismo post elettorale sta ora crescendo? Il fatto che di nuovo nessuno parla delle riforme, delle trattative relative all’integrazione europea, di una vita migliore e dell’economia. La politica vista esclusivamente come potere, a ben guardare, continua a rimanere il fantasma che t[]izza la Bosnia Erzegovina.

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