La Serbia verso una nuova Costituzione
Incerto fino all’ultimo il referendum per la conferma della nuova Costituzione serba è passato per un soffio. Ora si pensa già alle imminenti elezioni, politiche e presidenziali. La cronaca della nostra corrispondente
La Serbia ha una nuova Costituzione. Al referendum tenutosi il 28 e 29 ottobre scorsi, il cui obiettivo era di confermare il testo della Costituzione già adottato in parlamento, la maggioranza dei cittadini ha risposto affermativamente alla domanda referendaria: siete a favore della conferma della nuova Costituzione?
Secondo i risultati preliminari della Commissione elettorale repubblicana (RIK) al referendum vi è stata un’affluenza del 54,19% dei cittadini, a favore della nuova Costituzione ha votato il 51,46%. I risultati definitivi dovrebbero giungere nella serata di lunedì 30 ottobre. Secondo le dichiarazioni della RIK non sono attese sorprese che potrebbero cambiare il risultato del referendum. All’ultima conferenza stampa tenutasi domenica scorsa, alle 22.00, il direttore della RIK, Dragan Vukmirovic ha affermato che è possibile ormai solo un lieve aumento dell’affluenza man mano che arrivano i risultati dal Kosovo.
Un’ora dopo la chiusura dei seggi, il Centro per le libere elezioni e la democrazia (Cesid), sulla base di un campione di 600 seggi elettorali, ha comunicato che al referendum c’è stata un’affluenza del 53,3% di tutti gli elettori iscritti, dei quali il 51,4% ha votato a favore della nuova Costituzione.
Benché nessuno dei politici serbi si aspetti sostanziali cambiamenti, ha senso attendere i ricorsi che sono stati avanzati durante il voto. Ne sono attesi infatti parecchi, in particolare da parte del Partito liberal democratico (LDP), che ha invitato i cittadini a boicottare il referendum e ha organizzato un monitoraggio parallelo dei seggi elettorali.
L’attuale presidente della Corte costituzionale serba, Slobodan Vucetic, ha ricordato che dopo la chiusura dei seggi seguirà un periodo per presentare i ricorsi sui quali si dovrà decidere nell’arco di 48 ore. Dopo di che, se l’Alta Corte confermerà i risultati del referendum, la decisione passerà al parlamento dove i deputati dovrebbero confermare in un’apposita seduta la Costituzione e adottare la legge costituzionale per l’applicazione della stessa.
L’esito del referendum è stato incerto sino all’ultimo. Alle 14 di domenica sembrava che il referendum non passasse. Occorre ricordare che la procedura per il cambiamento della costituzione rientra, secondo quanto affermano gli esperti e sulla base di indagini comparative, tra le più complicate ed esigenti al mondo. Nella Costituzione adottata al tempo del governo di Slobodan Milosevic era previsto che quest’ultima potesse essere modificata solo con la maggioranza dei due terzi del parlamento, dopo di che la proposta passava al referendum al quale doveva votare il 50% più uno degli aventi diritto. L’ultimo passo è la promulgazione della Costituzione e della legge costituzionale per l’applicazione della stessa sulla quale dovrà esprimersi di nuovo la maggioranza dei due terzi del parlamento. Proprio una procedura così complicata ha costretto tutti i partiti politici a raggiungere un consenso non solo sul testo della Costituzione ma anche sulla campagna referendaria. Suddetto accordo tacito sull’assenza di attacchi reciproci è durato in tutto alcuni giorni, ed è terminato stanotte subito dopo la chiusura dei seggi elettorali quando era chiaro che la Costituzione era stata ormai confermata.
Ancora poche ore prima della chiusura dei seggi elettorali la situazione era molto indecisa. Secondo le stime iniziali, l’attesa affluenza nel corso del primo giorno di referendum doveva essere di circa il 25%, una dinamica che avrebbe garantito il successo del referendum. Ma l’affluenza alle urne è stata il primo giorno sorprendente bassa, 17,5%, nonostante il presidente Tadic e il premier Kostunica, così come Tomislav Nikolic leader dei Radicali, ndt e gli altri alti funzionari si fossero recati alle urne già nelle prime ore del sabato per dare un segnale chiaro all’elettorato.
Domenica, a partire dalle 14.00, si è verificato un aumento dell’affluenza alle urne, ma dalle 8 alle 14 l’andamento dell’affluenza era stata di circa il 2,3% all’ora, dato che non avrebbe garantito l’affluenza del 50%. Nelle ore pomeridiane ha preso il via una vera e propria bufera propagandistica: il premier e il presidente hanno ripetuto più volte ai cittadini di andare a votare, i singoli partiti si sono attivati per verificare che i propri sostenitori si fossero recati alle urne. Si è arrivati ad una vera e propria campagna porta a porta.
Sulla RTS tv statale, ndt e sugli altri canali televisivi tutto il giorno è andato in onda un appello a recarsi al referendum, mentre la Commissione elettorale repubblicana ha inviato messaggi ai cittadini indicando che i seggi erano aperti fino alle 20.00. Quando sembrava quasi sicuro che il referendum non sarebbe passato, la situazione è mutata drasticamente. Il tutto nelle tre ore precedenti alla chiusura dei seggi elettorali.
Nell’ultima ora ha votato il 5% della popolazione, ed è stato superato il magico quorum previsto dalla costituzione precedente. Nonostante questo cambio delle cose appaia sospetto, sembra che non sia il risultato di brogli elettorali, ma la conseguenza di alcuni fattori, dei quali alcuni sono del tutto simbolici.
Innazitutto ieri, nelle prime ore del pomeriggio, ha utilizzato il suo diritto elettorale per la prima volta in 92 anni di vita il Patriarca serbo Pavle, cosa che per molti cittadini è stata di sostanziale importanza e ha funto da messaggio decisivo. Secondo, da qualche parte in Serbia verso mezzogiorno è stata trasmessa una notizia, piazzata dal Consiglio nazionale serbo del Kosovo, secondo la quale Agim Ceku premier kosovaro, ndt stava preparando i festeggiamenti per le vie di Pristina nel caso di insuccesso del referendum, cosa che ha spinto alla mobilitazione di un certo numero di cittadini. Infine l’indecisione dell’elettorato serbo non è una novità. Alle elezioni del 2003 all’ultima ora è stata annotata un’affluenza del 5%, cosa che fa pensare che gli elettori attendano l’ultimo momento e valutino se il loro voto potrebbe essere necessario, e decidono di andare a votare se ritengono che esista il pericolo di un insuccesso.
La maggiore affluenza è stata in Kosovo, dove ha votato il 90,1% degli aventi diritto, la minore in Vojvodina col 45,9%. Nella Serbia centrale l’affluenza è stata del 56,1%, mentre a Belgrado del 53,1%.
Al termine delle votazioni, il presidente e il premier e gli altri funzionari statali si sono congratulati coi cittadini per la nuova Costituzione. Il presidente Tadic ha dichiarato che questo è un passo che avvicina la Serbia all’Europa e sottolinea la definitiva distanza dal periodo di Milosevic, aggiungendo che devono essere risolti tutti i ricorsi presentati durante il voto perché è di importanza cruciale che sulla Costituzione non ci sia nemmeno una macchia. Il premier Kostunica ha affermato dal canto suo che l’adozione della Costituzione è una vittoria per la Serbia, e che non sarà contestata o ascritta ad un solo partito. Kostunica ha aggiunto che la Serbia con la nuova Costituzione diventa più forte, e che ancora una volta si conferma che il Kosovo è parte integrante della Serbia. Il presidente del parlamento Predrag Markovic si è congratulato coi cittadini, aggiungendo che l’insuccesso del referendum avrebbe avuto pesanti conseguenze per il Paese. Markovic ha dichiarato che farà tutto ciò che è in suo potere per far approvare la Costituzione nella seduta parlamentare del 5 novembre prossimo.
Secondo le stime degli analisti l’adozione della Costituzione rinforza il blocco democratico, mentre i più grandi vincitori sarebbero il DS Partito democratico e il DSS Partito democratico della Serbia. A giudicare dai risultati preliminari l’affluenza è stata maggiore proprio là dove i due partiti hanno le loro sedi. Ma subito dopo la chiusura dei seggi i partiti politici hanno iniziato un nuovo round per misurare le forze reciproche e il tema su cui, per adesso, non c’è consenso sono le elezioni.
I programmi di stanotte di tutte le emittenti erano orientati alla questione delle prossime elezioni, piuttosto che sui risultati del referendum che sono caduti subito in secondo piano. Il DS chiede che si tengano allo stesso tempo le elezioni politiche e quelle presidenziali, mentre l’SRS Partito radicale serbo e l’SPS Partito socialista serbo insistono sulla separazione delle due tornate elettorali. Il DSS che sta nel mezzo e che ancora una volta dovrà trovare una soluzione soddisfacente per entrambi i versanti, è incline a spostare le elezioni presidenziali di qualche settimana.
Alcune cose sono comunque già evidenti. Il DS, in questo momento, è il partito più forte tra le fila dei "democratici" e l’unico ad avere un serio candidato alla presidenza. Secondo tutti i risultati, Tadic è in testa rispetto a Nikolic e questa differenza continua ad aumentare. I Radicali segnano un lieve calo, in particolare dopo le elezioni locali a Leskovac di due settimane fa, quando in questa città tradizionalmente di destra, ha vinto il candidato del DS per il posto di sindaco.
Il DS sostiene con razionalità i suoi argomenti sul perché sia necessario tenere contemporaneamente le due tornate elettorali, affermando tra l’altro che la Serbia non ha denaro per organizzare ogni due mesi elezioni, e aggiungendo che nessuno ha il diritto di maltrattare i cittadini con troppo frequenti tornate elettorali.
I partiti che non la pensano così affermano che le elezioni presidenziali debbono essere rinviate perché non esistono le condizioni tecniche per tenerle contemporaneamente con quelle politiche. Spesso si dice che nel caso di elezioni contemporanee il ballottaggio andrebbe a cadere alla vigilia di Capodanno, data in cui non ci si può attendere un’alta affluenza degli elettori. È chiaro, però, che oltre ai motivi tecnici esistono numerose motivazioni politiche, e che già si pensa ai calcoli dei partiti e alla occupazione delle migliori posizioni di partenza prima delle elezioni. La soluzione dovrà essere chiarita entro la fine della settimana perché senza di ciò non sarà possibile approvare la legge costituzionale in parlamento.
Tutti i partiti per preparare al meglio le prossime tornate elettorali dovranno analizzare bene i risultati del referendum e comprendere il messaggio che è stato inviato dall’elettorato. Si stima che sulla bassa affluenza abbia influito l’insistere sulla questione del Kosovo, questione su cui la maggior parte degli elettori di orientamento democratico non si sarebbe identificata. Perché alla maggior parte di questi elettori non è chiaro cosa c’entri il Kosovo con la Costituzione.
Numerose sono state le reazioni negative al meeting tenutosi a Kosovska Mitrovica, prima del referendum, e organizzato dal DSS e dal SRS e dai rappresentanti del Consiglio nazionale serbo del Kosovo settentrionale. In quest’ultimo è stato invocato il nome di Ratko Mladic senza che nessuno dei partecipanti prendesse le distanze. Un rappresentante del SPO (Movimento serbo per il rinnovamento) ha affermato a sua discolpa che era impossibile aspettarsi dai relatori che contrariassero una massa di alcune migliaia di cittadini.
Reazioni negative ha suscitato in Serbia anche una manifestazione tenuta nella centrale Piazza della Repubblica a Belgrado: promossa da rappresentanti degli studenti di Kosovska Mitrovica durante quest’ultima sono stati pesantemente offesi alcuni dei leader del blocco anti-referendum. Per l’occasione sono giunti dal Kosovo alcuni autobus di serbo-kosovari, cosa che ha ricordato a molti i tempi di Milosevic.
Il secondo motivo con il quale molti hanno argomentato la scarsa affluenza alle urne è stata la mancanza di un vero e proprio dibattito pubblico sulla nuova Costituzione.
Ad ogni modo e nonostante i numerosi problemi, il referendum è passato. Adesso si attendono le risposte ai ricorsi effettuati, ma il risultato è già noto. Come abbiamo già detto, l’LDP di Cedo Jovanvic è quello che ha avanzato più ricorsi di tutti. In un’intervista rilasciata stanotte all’emittente B92, Jovanovic ha dichiarato che non crede che i risultati del referendum verranno annullati aggiungendo che "il regime di governo ha falsificato i risultati". Secondo i dati di cui dispone l’LDP al referendum ha partecipato il 49,7% di cittadini. Jovanovic ha portato anche una registrazione in cui si vede che in un seggio elettorale è stato consentito ai cittadini di votare senza carta d’identità o altro documento, cosa che rappresenta una violazione della procedura elettorale.
L’LDP e i partiti del blocco anti-referendum hanno accusato il colpo della conferma della Costituzione, e resta da vedere se alle elezioni riusciranno a superare lo sbarramento del 5%. Vale la pena aggiungere che i rappresentanti del Cesid, così come gli osservatori europei, hanno considerato che il referendum è trascorso senza grosse irregolarità, e che i risultati del voto sono rilevanti e legittimi.
I commenti non ufficiali giunti da Washington e da Bruxelles esprimono soddisfazione per i risultati del referendum, aggiungendo che si tratta di un buon segnale che la Serbia invia alla comunità internazionale.