Centrale nucleare di Belene: il ritorno della Russia

Sarà un’azienda russa a costruire due nuovi reattori nucleari nella centrale di Belene. Sofia lega così la sua politica energetica a Mosca. Protesta ecologista, ritiro dal progetto del gruppo Unicredit

14/11/2006, Tanya Mangalakova - Sofia

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Proteste di fronte ad una sede di Unicredit

Appena un giorno dopo la rielezione a presidente di Georgi Parvanov, il 30 ottobre, la NEK, compagnia nazionale bulgara per l’elettricità, ha annunciato che la russa "Atomstroyexport" costruirà due dei reattori della nuova centrale nucleare di Belene, sul fiume Danubio, un mega progetto da 3,9 miliardi di euro. La francese "Areva" e la tedesca "Siemens" saranno partner della compagnia russa nel progetto, che dovrebbe partire nel 2013-14 e produrre annualmente 16 miliardi di chilowatt. "La Russia ha conquistato Belene" ha titolato il giorno seguente il quotidiano Trud, citando poi il ministro per l’Economia e l’Energia Rumen Ovcharov, che ha assicurato che grazie al progetto non ci sarà nessun razionamento energetico.

"La Russia rientra nel mercato nucleare europeo con Belene", ha dichiarato Sergey Kirienko, direttore della compagnia "Rosatom", citato dal sito Mediapool. "Il candidato della Gasprom costruirà Belene" ha scritto il 31 ottobre Dnevnik, sottolineando che il gigante del gas, attraverso la sua "Gasprombank" controlla il 49,8% dell’"Atomstroyexport". Così, a due mesi dal suo ingresso in Ue Sofia lega la sua politica energetica a Mosca, hanno commentato molti media bulgari.

La centrale di Belene sarà il più grande progetto nel campo infrastrutturale nei Balcani per i prossimi 10 anni. Belene era stata pensata già durante il regime comunista, ma il progetto era stato fermato nel 1992 per problemi finanziari ed ambientali. Nel 2003 il governo l’ha riproposto con l’obiettivo di consolidare la posizione della Bulgaria come esportatore di energia nell’Europa sud-orientale. Il ministro Ovcharov è il principale sponsor della costruzione di una seconda centrale atomica in Bulgaria, ed è arrivato a predire foschi scenari energetici nel caso di una sua mancata costruzione. Dopo la dismissione di due reattori nella vecchia centrale di Kozloduy la Bulgaria ha ridotto di un terzo le sue esportazioni nella regione, proprio mentre la domanda di energia cresce rapidamente.

Il ministro Ovcharov ha scritto direttamente al commissario comunitario per l’energia, Andris Piebalgs, informando Bruxelles sulle previsioni di crisi energetica nella regione.
Il monopolio russo nell’energia bulgara
Il mega-progetto di Belene ha sollevato molte critiche e voci discordanti. Innanzitutto, attraverso la centrale la Russia diviene uno dei maggiori "azionisti" nel mercato energetico bulgaro. Gli investimenti ammonteranno a più di 6 miliardi di euro, quanto l’intero ammontare delle entrare del budget statale, più del debito estero e due volte le riserve valutarie del paese. La struttura del progetto, poi, è scandalosamente poco chiara, e le informazioni che la riguardano sono scarse e contorte. La costruzione della centrale costerà 4 miliardi di euro, il resto delle spese previste riguardano il pagamento dei crediti necessari a mettere insieme tale somma. E’ quasi impossibile che il progetto "Belene" ottenga crediti facilitati, visto che le agenzie di rating internazionale lo ritengono molto rischioso.

"Il costo totale per la costruzione della centrale sarà compreso tra 5 e 6 miliardi di euro", ha dichiarato ad Osservatorio Guergui Kaschiev, fisico nucleare ed ex direttore dell’Agenzia per la Sicurezza Nucleare in Bulgaria, che oggi lavora per l’"Istitute of Risk Research" di Vienna. "C’è molta politica nel progetto di Belene, concepito come un contrattacco dell’élite post-comunista, che da una parte si è defilata prudentemente assicurando che il futuro della Bulgaria è nella Nato e nell’Ue, ma dall’altra lega il futuro del paese alla Russia attraverso la dipendenza energetica", ha dichiarato Kaschiev, secondo cui anche la gara d’appalto era falsata in partenza, visto che richiedeva soluzioni tecniche sviluppate esclusivamente dai russi.

"Una vera e propria mafia dell’energia ha tenuto in apprensione i cittadini bulgari con lo spettro della crisi energetica", ha concluso Kaschiev, "ma 4 anni dopo la dismissione dei primi due reattori di Kozloduy non si è vista nessuna crisi".
Ecologisti contro Belene
Il Procuratore generale e l’Antitrust dovrebbero indagare sulla gara per la costruzione della centrale di Belene, e su tutte le attività del progetto, ha dichiarato il 7 ottobre Ivan Sungarski, presidente dell’ ong "Ecoglasnost".

La stessa ong ha inviato una dichiarazione contro la "nuova vecchia centrale" alla commissione europea, contestando gli studi di impatto ambientale davanti alla Corte amministrativa suprema. Anche secondo Sungarski, i termini della gara erano tali da consentire la vittoria dei russi in modo predeterminato.
La manifestazione del 13 ottobre e il dietrofront di Unicredit
Già nel 2004 varie organizzazioni ambientali bulgare avevano iniziato una campagna contro la costruzione della centrale di Belene sotto lo slogan "Ne na BeleNE!" (No a Belene!), alla quale hanno aderito cittadini ed ong da 24 diversi paesi.

Il 13 ottobre scorso queste organizzazioni hanno manifestato di fronte alle varie banche controllate dal gruppo" Unicredito" nei propri paesi, chiedendo marcia indietro sul finanziamento alla centrale di Belene. Naturalmente la protesta è stata realizzata anche a Sofia di fronte alla "Bulbank", anch’essa controllata dal gruppo finanziario italiano, e le organizzazioni ecologiste hanno inviato una lettera alla dirigenza sottolineando che la centrale di Belene verrà costruita in zona sismica.

Il 20 ottobre il gruppo Unicredit, insieme alla Deutsche Bank, ha annunciato il suo ritiro dal progetto "Belene", appena una settimana dopo che "Standard&Poor’s" ha ridotto il giudizio sulla NEK da "promettente" a "negativo" proprio a causa della partecipazione della società nel progetto "Belene" col 51%.

"La centrale di Belene è un investimento ad alto rischio finanziario ed ecologico. Questo è chiaro a tutti tranne che al governo bulgaro", ha dichiarato ad Osservatorio Petko Kovachev, del CEE Bank Watch Network. "La centrale è progettata per l’esportazione, e tutte le storie sulla crisi e sulla sete di energia dei nostri vicini balcanici sono favole" ha detto ancora Kovachev. "Tra l’altro l’Italia è uno dei paesi che sta premendo maggiormente per importare energia dai Balcani. Le voci sulle trattative della NEK con la compagnia italiana "Trafigura" (www.trafigura.com) per un contratto di esportazione a lungo termine, 500 MW in quindici anni, sono un’ulteriore prova che la centrale di Belene sarà costruita per l’esportazione. Ma non ci piace questo tipo di imperialismo energetico, e la Bulgaria non dovrebbe essere ridotta ad una "colonia" energetica", ha concluso Kovachev.
L’opposizione di destra contro "Belene"
Il 9 ottobre sui media bulgari è apparsa la richiesta fatta dai Democratici per una Forte Bulgaria, partito di opposizione di destra, affinché le decisioni del governo sulla costruzione della centrale di Belene fossero portate di fronte al Consiglio Consultivo per la Sicurezza Nazionale.

Secondo Ivan Ivanov, deputato del partito, la Bulgaria sarà ridotta a cavallo di Troia nell’invasione russa del mercato energetico europeo. Ivanov ha ricordato che la Duma ha approvato una legge che proibisce lo smaltimento di rifiuti radioattivi provenienti da altri paesi in Russia dopo il 2020, così che i rifiuti prodotti dalle centrali di Kozloduy e Belene dovranno restare in Bulgaria, che non ha nessuno stabilimento per lo smaltimento delle scorie.

Secondo l’opposizione di destra il progetto "Belene" è un passo indietro verso la concezione comunista dell’economia, concentrata sulla costruzione di enormi fabbriche e centrali. Il timore è che, nonostante l’ingresso nell’Ue il 1 gennaio 2007, Sofia rimarrà nella sfera di influenza della Russia a causa della sua strategia di sviluppo dell’energia atomica.

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