Reportage uranio (2)
Continua il nostro dossier di aggiornamento, realizzato in occasione della giornata internazionale per la messa al bando delle armi all’uranio impoverito, con la pubblicazione della seconda parte del reportage dalla Bosnia Erzegovina di Luisa Morfini e Ciro Cortellessa
di Luisa Morfini e Ciro Cortellessa*
La contaminazione dell’ambiente secondo l’Istituto di Igiene di Sarajevo
L’Istituto di Igiene della Facoltà di Medicina di Sarajevo ha svolto una ricerca nel corso della quale ha analizzato 37 luoghi in cui si sospettava la presenza di uranio impoverito; i ricercatori Suad Dzanic e Delveta Deljkic hanno trovato tracce di uranio impoverito solo ad Hadzici, in prossimità della fabbrica bombardata. La tabella che segue sintetizza i risultati delle rilevazioni a Hadzici.
I rilevamenti sono stati fatti a partire dal 2004 e per tutto il 2005. Non ci sono dati relativi agli anni immediatamente successivi ai bombardamenti. Il ritardo nelle analisi è dovuto – rispondono i ricercatori – al fatto che negli anni precedenti non c’erano i fondi per fare tale lavoro. La verifica è comunque importante perché sia nell’ipotesi che ad essere nociva sia la radiazione dell’uranio impoverito, sia nell’ipotesi che lo siano le nano-particelle di metalli pesanti, entrambe le possibili cause hanno durata nel tempo, non decadono.
Purtroppo l’Istituto di Igiene ha verificato la presenza di radiazioni solo nell’acqua; i ricercatori hanno analizzato l’acqua nei punti esatti delle esplosioni, subito a lato di tali punti e lontano da essi; e non hanno trovato tracce significative di radiazioni. Ma perché le verifiche sono state fatte solo nell’acqua? La risposta è che, siccome nell’acqua non hanno trovato tracce significative, non hanno analizzato il terreno. Questo anche perché, secondo i ricercatori e Goran Cerkez, il terreno attualmente non è contaminato. Non lo è, dicono, sia perché negli anni precedenti il governo federale ha dato dei fondi per decontaminare le aree, sia perché l’uranio impoverito si potrebbe essere diluito.
Vedremo che quest’ultima valutazione è in contraddizione con quanto rilevato da altre istituzioni.
Per quanto riguarda la possibile contaminazione dell’ambiente da parte di nano-particelle di metalli pesanti, vi ha lavorato un laboratorio all’Istituto di Sanità di Sarajevo: per il momento nell’acqua non sono state rilevate tracce di metalli pesanti; ma anche in questo caso non è stato analizzato il terreno; le ricerche, dati i fondi a disposizione, per il futuro andranno avanti solo per il rilevamento delle radiazioni, non delle particelle, e solo nell’area di Hadzici. Se in futuro dovessero essere segnalate altre località, anch’esse saranno analizzate.
La contaminazione dell’ambiente secondo la Commissione parlamentare
La Commissione parlamentare sull’uranio impoverito in Bosnia Erzegovina è stata istituita nel febbraio del 2005; essa era presieduta dalla serba Jelina Djerkovic e composta da medici, da fisici nucleari, da chimici e da veterinari.
La Commissione ha acquisito alcune informazioni sull’influenza delle radiazioni dell’uranio impoverito sulla salute delle persone e sull’ecosistema; in particolare ha collaborato con gli Istituti di Salute di Sarajevo, di Sarajevo Est e di Bratunac (si veda il citato lavoro della dottoressa Jovanovic) e ne ha assunto i risultati; ha poi collaborato con un Istituto di Ingegneria genetica di Sarajevo che è arrivato alla conclusione che la radiazione provoca modifiche genetiche.
Un altro degli obiettivi della Commissione è stato quello di individuare quali aree erano state decontaminate e quali restano ancora contaminate. Sono stati quindi raccolti i dati relativi al lavoro di decontaminazione delle istituzioni bosniache e della Republika Srpska, i rilievi che l’UNEP ha realizzato presso la fabbrica di Hadzici e presso altre località, e i dati che la Nato ha messo a disposizione circa le coordinate dei bombardamenti. I dati rilevati non sono completi: la Nato, per esempio, ha dato solo le coordinate di 16 località sul totale delle 21 bombardate. In ogni caso le tre località maggiormente colpite a oggi risultano Hadzici, Han Piesak in Repubblica Srpska e Kalinovik.
Di queste tre località solo una parte di Hadzici (non tutta la fabbrica) è stata decontaminata, le altre no. Così esse sono ancora minate e vi sono ancora i proiettili all’uranio impoverito nel terreno e negli edifici; gli esperti della Commissione hanno espresso il parere che per decontaminare queste località sia necessario togliere definitivamente questi proiettili perché, se è vero che dopo 10 anni la radiazione superficiale non è più presente nell’aria, essa permane nell’acqua e nel terreno. Inoltre i proiettili rimasti inesplosi nel terreno sono pericolosi perché, dice Jelina Djerkovic, nei prossimi 30-40 anni si possono ossidare e liberare le particelle di metalli pesanti che contengono e quindi inquinare terra e acqua ed entrare nella catena alimentare.
Anche Zijad Fazlagic, direttore della fabbrica di Hadzici bombardata, conferma che non tutto il terreno della fabbrica è stato decontaminato. C’è un rapporto UNEP che segnala i punti bombardati di Hadzici, ma i proiettili sono entrati a fondo nel terreno e, dice Fazlagic, "quando guardi con gli occhi non li vedi; ma ci sono".
La Commissione ha concluso i lavori a novembre 2005 arrivando ad alcune raccomandazioni:
– ha suggerito che il governo della BiH crei un istituto per la sicurezza finalizzato ad affrontare a questo problema e che potenzi gli Istituti che si occupano di salute;
– ha suggerito un set di leggi per la protezione dalla radiazione nucleare in caso di nuova contaminazione per l’uranio non ancora esploso (per evitare di trovarsi impreparati come ai tempi di Chernobyl);
– ha chiesto che si completi in modo esaustivo il censimento delle località ancora minate da uranio e metalli pesanti.
Nel marzo 2006 l’Agenzia atomica europea ha messo a disposizione 60.000 euro per i problemi connessi con la decontaminazione da uranio. La Commissione ha chiesto che siano formulati precisi programmi per la decontaminazione e che siano formate squadre di esperti per utilizzare questi fondi per curare le conseguenze dell’uranio sull’ambiente e sulla salute.
Perché
L’impressione che si ricava dall’insieme di questi contatti è che le autorità bosniache non si possano ancora permettere di affrontare il problema in modo esaustivo. A tratti sembrano anche cercare di ridimensionarlo. Cerkez, per esempio, Assistente del Ministro della Salute, dice che "si fa troppa ricerca e si parla troppo di uranio mentre bisogna cercare anche altre cause"; in particolare, con riferimento alle morti dei nostri soldati, Cerkez domanda: "Cosa hanno mangiato i vostri militari quando erano qui? Io so che i cittadini della Bosnia per tutta la guerra hanno mangiato cibo in scatola per tre anni, con molti conservanti: questi sono fattori di rischio. Anche lo stress è un fattore di rischio, molto più dei bombardamenti. Secondo le nostre fonti ci sono altre cause per le numerose morti".
E’ vero che le cause dell’aumento della mortalità potrebbero essere diverse, è vero che non si può pretendere troppo da un Paese che sta lentamente riprendendosi dalla guerra tra mille difficoltà di natura economica e legate alle esigenze di ricostruzione. E’ vero che ci sono molti altri problemi prioritari da affrontare tutti i giorni (come la disoccupazione al 40%, tanto per dirne una). Però, negare la "responsabilità" della contaminazione ambientale correlata con l’esplosione dell’uranio impoverito ha conseguenze pericolose per la popolazione, e intralcia l’avvio del necessario percorso di ulteriore decontaminazione del territorio.
Intervista a Zvonko Maric
Abbiamo raccolto il parere di Zvonko Maric, giornalista di "Bosnia-Hercegovina Federacija TV"; Maric lavora ad un programma televisivo che si occupa di quei problemi di cui nella stessa Bosnia si parla poco, di problemi che tanti hanno paura di affrontare, come il caso dell’uranio impoverito.
Perché le autorità bosniache non possono dedicare energie al problema dell’uranio impoverito?
Uno dei motivi è il fatto che le Nazioni Unite non hanno controllato bene, non hanno avvisato bene ed hanno anche fatto una grande pressione presso il Parlamento bosniaco, presso la Commissione parlamentare, chiedendo di non parlare, di non mettere in evidenza questo problema. Anche il Parlamento bosniaco è sotto pressione.
Un secondo motivo è l’intenzione di tenere la popolazione bosniaca più serena, perché se si cominciasse a parlare di questo problema, la popolazione si preoccuperebbe molto e forse ci sarebbe ancora un ulteriore spostamento di popolazione.
Sarebbe necessario portare in tribunale i responsabili delle Nazioni Unite che hanno lasciato eseguire questi bombardamenti all’uranio impoverito. Qua potete parlare con i giornalisti che hanno coraggio e che vogliono che si scopra la verità e che qualcuno risponda per essa. Quelli che sono meno curiosi non parlano mai, cercano di evitare il problema perché temono di non resistere nel portarlo avanti.
Secondo lei qual è la vera dimensione del problema nei dintorni di Sarajevo e nei campi profughi serbi in Republika Srpska?
Il problema ha delle dimensioni che si cerca di nascondere. Solo quelli che non vogliono essere e non sono informati non sanno che pericolo esiste; ma tutti quelli che sono un po’ informati, non possono non vedere sia il dato del numero di soldati italiani che sono stati qua in missione di pace e che sono morti, come anche il dato dell’elevato numero di persone che abitavano a Hadzici, e che ora vivono nei campi profughi di Bratunac e che si ammalano e muoiono. Stanno morendo molti giovani. Ma si ammalano e muoiono tante persone che vivono ora a Hadzici.
Jelina Djerkovic ha detto che molti posti non sono ancora stati decontaminati…
E’ vero e non si può negare, ma la cosa peggiore è che nessuno fa qualcosa per decontaminare quei terreni che rappresentano ancora oggi un pericolo per le bombe ancora non esplose nel terreno. La Bosnia Erzegovina non è ancora uno Stato normale. Non voglio che si pensi che la popolazione non sia normale, sono i politici a non essere normali, non so se si arrabbiano a sentire dire questo, ma lo posso mettere per iscritto: non sono normali. Non hanno fatto proprio niente per proteggere la popolazione, per garantire il diritto alla salute.
L’unica loro preoccupazione è la criminalità, ma non per eliminare quel problema. Come giornalista ho verificato tante volte che non fanno niente per proteggere il diritto alla salute della popolazione, che è uno dei diritti più importanti.
Secondo lei, anche la Commissione parlamentare ha subito pressioni nei suoi lavori?
Sicuramente le commissioni che si formano in Bosnia hanno l’obiettivo specifico di non fare niente, vengono messe le persone che non vogliono fare niente.
Lei hai la libertà di dire queste cose nella sua televisione?
Io le dirò sempre queste cose; vivo da 4 mesi protetto da poliziotti perché ci sono delle persone che mi minacciano, ma io le dirò sempre.
Ma la sua trasmissione va in onda su questo argomento?
Sicuramente, sì. Vorrei però dire ancora una cosa sulla Commissione: essa è sempre sotto la pressione dei politici e delle Nazioni Unite e funziona sempre sotto quelle pressioni; la Commissione non ha tanta forza, tanta possibilità di trattare questo problema, di avere tutti i dati ma anche se li ha, non può pubblicarli. La Commissione è politica, non ha esperti.
Cosa pensa del lavoro di Slavica Jovanovic?
Lei ha provato ma il suo lavoro non è stato sufficiente. Non perché non sia preparata, ma perché anche lei è stata sotto pressione. In tutta la Bosnia non si trova nessuno che possa dimostrare la relazione tra malattie e presenza di uranio impoverito. Tutti fanno tentativi di fare qualcosa, ma sono quasi tutti sotto pressione.
Cosa pensa del lavoro di Slavtko Zdraje?
Lui ha alcuni dati, ma se ve li darà, lo farà in modo non ufficiale, perché non li può dare; magari ve li darà un po’ modificati. Davanti alla telecamera dirà qualcos’altro, un po’ meno di quello che è veramente; se gli dici che lo proteggerai e che non metterai il suo nome e cognome, i dati possono essere più importanti, più vicini alla verità.
Solo i giornalisti parlano e non hanno paura; hanno paura della loro sicurezza, ma non della loro carriera; sono minacciati, ma non rischiano il posto di lavoro; gli altri cercano di nascondere la verità perché proteggono il loro posto di lavoro. In Bosnia funziona tutto così: se tu intervisti qualcuno della Commissione e gli prometti di non dire il suo nome, ti darà più informazioni rispetto a quello che ti dirà di fronte ad una telecamera. (2 – fine)
*Centro di Documentazione di San Donato Milanese