Il coraggio di Jelka Strojan
Nell’ottobre scorso la fuga, minacciati dai compaesani del villaggio dove risiedevano. Poi mesi passati in un centro accoglienza e il razzismo che si accendeva contro di loro. Ora le donne della famiglia rom degli Strojan sono ritornate a casa. Franco Juri le ha incontrate
Sembra serena mamma e nonna Jelka. I suoi occhi verdi che sulla carnagione scura diventano ancor più profondi mi guardano direttamente nell’anima. In essi non c’è né odio, né rancore, né tantomeno t[]e. C’è piuttosto dignità, ferita forse, ma comunque dignità. E coraggio.
Eppure lì, sulla strada in mezzo al bosco, tra Ambrus e Zagradec, le donne Strojan sono praticamente sole con alcuni dei loro bambini: il timido Elvis che ha sette anni e frequentava la scuola di Zagradec, ma ora non vi può andare, lo smaliziato Danijel, quattro anni e mezzo, biondissimo dai grandi occhi marrone, e la piccola Samanta, sempre sorridente.
Ci sono le figlie di Jelka Viola e Jasna che è incinta, e Lidija, la donna di Željko, l’unico Strojan che ha un impiego e l’unico uomo cui è concesso di vivere nella propria casa. Lidija non è rom, è una "civilka", una slovena di Žužemberk che per amore cinque anni fa scelse di vivere con gli Strojan.
L’abitato è presidiato giorno e notte da una ventina di poliziotti armati fino ai denti con tanto di giubbotti antiproiettile. Due anni e mezzo fa da queste parti qualcuno lanciò una granata contro una baracca rom uccidendo due donne. Qui non si scherza ed anche i rom sono armati, anche se le loro pistole e fucili sono nascosti nel bosco. Si ha paura di qualche testa calda, ce ne sono parecchie in giro.
A dar man forte ai paesani si sono offerti anche gli skin head ed i "hervardi" i "guerrieri carantani", falange organizzata a difesa della pura identità slovena. Questo movimento conta persino con finanziamenti governativi, sborsati dall’Ufficio del governo per l’informazione.
Lungo la strada che dalla casa degli Strojan porta ad Ambrus e a Zagradec ci sono alcuni check point sempre attivi, con polizia in uniforme e in borghese. Nei paesi si respira una calma plumbea e particolarmente tesa. I giornalisti non sono ben visti. Il sindaco di Ivančna Gorica Andrej Lampret e lo stesso parroco locale Jože Kastelic si sono rifiutati di incontrarmi e concedere interviste per la TV di Capodistria. Il parroco per telefono accusa i media: "Siete voi giornalisti la causa di tanta confusione!". I giovani di Ambrus non hanno dubbi: "Se dovessero tornare gli Strojan noi ci organizzeremmo nuovamente".
Il governo ha promesso loro di portare quella famiglia via, lontano. Una delibera del consiglio comunale di Ivančna Gorica, il comune cui appartiene Ambrus, impedisce a questi rom di insediarsi entro i suoi confini.
La famiglia è ora divisa, separata: a otto tra donne e bambini è stato concesso un rientro provvisorio e vigilato. Contemporaneamente gli ispettori hanno decretato l’abbattimento delle loro case "abusive" . Mamma Jelka attende il destino sorprendentemente lucida: "Se abbatteranno la nostra casa, pianteremo una tenda e vi rimarremo, questa è la nostra terra e chi grida e minaccia non ci farà più andare via. Di costruzioni abusive qui nei dintorni di Ambrus e Zagradec ce ne sono altre. Abbatteranno anche quelle?".
Il grosso della famiglia, 16 membri, compresi i tre uomini adulti Mirko, Miha e Rajko, sono segregati nel centro di accoglienza per stranieri di Postumia e non possono tornare a casa, la polizia frustra ogni loro tentativo di raggiungere la madre e le sorelle. Motivi di sicurezza, dicono. Il premier Janez Janša ed il ministro degli Interni Dragutin Mate hanno promesso agli abitanti di Ambrus che la famiglia rom non sarebbe più tornata in quell’insediamento abusivo. Una casetta e alcune baracche costruite in dodici anni di permanenza su un terreno che gli Strojan comperarono legalmente ma che non ottenne mai lo status di superficie edificabile .
A fine ottobre la famiglia dovette scappare, minacciata da oltre 500 paesani armati di pali e seghe a motore che la accusavano di essere un covo di malavitosi, di inquinare l’acqua e di minacciare la sicurezza dei passanti. Ora il governo di Lubiana manda in giro un documento in inglese in cui sostiene che gli Strojan se ne sono andati da Ambrus di propria volontà. Bugie dalle gambe molto corte. Ad andarsene dalla loro casa sono stati costretti dalla folla organizzata da militanti del SDS il maggior partito di governo.
Le accuse contro i maschi Strojan si sono accumulate anche in contumacia, dopo la loro espulsione e deportazione a Postumia. Il tabloid scandalistico Direkt è arrivato ad accusare in prima pagina i tre fratelli Strojan di aver violentato brutalmente una minorenne nel 1994. L’accusa però non è stata mai avallata della magistratura, il procuratore archiviò allora la denuncia per mancanza di prove. Anche altri magistrati e criminalisti giudicano quella denuncia infondata. Nemmeno Direkt pubblica uno straccio di prova, né rivela il nome o la provenienza della presunta vittima. In cambio accusa di latitanza i magistrati che archiviarono il caso e descrive nei minimi e più morbosi dettagli la presunta violenza carnale ai danni nell’anonima minorenne.
Uno scoop che gli Strojan a Postumia neanche leggono, ma che eccita la xenofobia dei "civili" e induce il leader del Partito Nazionale Sloveno Zmago Jelinčič a inveire contro gli "zingari" rei di tutti i malanni che affliggono la società slovena, stupri compresi.
La TV di stato monta uno spettacolo dal titolo Piramida, uno di quei talk show all’americana in cui gli ospiti si affrontano a suon di retorica e con tanto di concitata tifoseria. Vengono invitati Jelincic ed il conigliere rom a Novo Mesto Zoran Grm. Tra il pubblico, per rendere più piccante lo show, ci sono pure i fratelli Strojan che la TV ha portato da Postumia nei propri studi.
Jelinčič, nel suo stile istrionico ed esibizionista farcito di razzismo, spara a zero sui rom, offendendoli per tutta la trasmissione. Infine stravince con oltre il 70 per cento delle preferenze degli utenti. Scoppiano le polemiche e la replica della trasmissione viene tolta dal programma e da internet.
Ma i rom sono ormai stigmatizzati ed il linciaggio mediatico ha sortito i voluti effetti. Uno di questi è pure la polarizzazione e la spaccatura all’interno della comunità rom in Slovenia. Quella più agiata del Prekmurje, dove la convivenza fila ed i rom sono ben organizzati, fa appello alla moderazione e alla pazienza. I rom della Dolenjska, meno integrati in un ambiente comunque tradizionalmente più ostile rispetto al Prekmurje, si radicalizzano ulteriormente e annunciano la costituzione di una nuova Unione rom, staccata da quella guidata a Pušča dal moderato Jožef Horvat-Muc.
Nel caso Strojan c’è stata comunque una flagrante violazione delle leggi nazionali e delle convenzioni internazionali. I membri di una famiglia sono separati contro la loro volontà. Una figlia di 17 anni, ad esempio, non può raggiungere sua madre. Ora gli avvocati cui si sono affidati i membri della famiglia, molti dei quali hanno offerto ai rom il loro aiuto gratuitamente, pensano ad una denuncia contro lo stato. E per ottenere giustizia gli Strojan sono disposti ad arrivare fino alla Corte europea di Strasburgo.