Inventario del socialismo

La riflessione sul passato recente della Bulgaria attraverso le parole e gli oggetti. Nostra intervista a Georgi Gospodinov, giornalista e scrittore, tra gli animatori del progetto "Ho vissuto il socialismo" e coautore di "Inventario del socialismo"

08/01/2007, Francesco Martino - Sofia

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Un tentativo di raccogliere i piccoli e grandi oggetti che hanno caratterizzato il periodo socialista in Bulgaria prima che questi scompaiano. Ma anche uno strumento inusuale per stimolare il dibattito sul passato regime, mai affrontato fino in fondo. "Inventarna kniga na socializma" (Inventario del socialismo), di Georgi Gospodinov e Yana Genova, raccoglie più di 500 oggetti, tutti di produzione bulgara, che hanno segnato la vita quotidiana dei bulgari dal 1956 al 1989. Oggetti che raccontano, ricordano, fanno riflettere.

Gospodinov, classe 1968, uno dei giovani scrittori bulgari piu’ noti, redattore del "Literaturen Vestnik" ed editorialista del quotidiano Dnevnik, e’ stato incluso nella recente raccolta "Antologia del racconto bulgaro" edita dall’Associazione Bulgaria-Italia. Il suo romanzo d’esordio, intitolato "Romanzo naturale", gia’ tradotto in molti paesi, verra’ pubblicato in Italia da Voland all’inizio del 2007.

Quando e come e’ nata l’idea dell’ "Inventario del socialismo"?

Quest’ idea nasce piu’ di due anni fa, da chiacchierate intorno ad un tavolo con Yana Genova sui ricordi della nostra infanzia. Ci siamo chiesti cosa fosse successo a tutti quegli oggetti che circondavano allora la nostra esistenza, che cosa fosse rimasto di loro. Allora e’ nata l’idea del libro come archivio di quello che e’ scomparso, ma anche indagine su quello che resta.

Nell’introduzione del libro si dice chiaramente che "Inventario del socialismo" vuole essere un modo per stimolare il dibattito sul passato regime, un dibattito definito "debole". Perche’, secondo te, questo dibattito in Bulgaria non e’ avvenuto?

I motivi sono vari e diversi. A quanto pare, un vero dibattito si e’ rivelato scomodo a tutti. Da una parte scomodo per chi in quel periodo deteneva il potere, e che che ha continuato ad esercitarlo per buona parte della transizione, che avrebbe dovuto rendere conto delle proprie azioni e spiegare molte cose. Dall’altra, sorprendentemente, scomodo anche per chi non era al potere, per i cittadini comuni. Io credo che molti abbiano avuto paura di esporsi, nel dubbio che il regime fosse davvero finito. Questo puo’ sembrare strano, ma soprattutto nei piccoli centri il senso di paura verso un regime durato 45 anni e’ scomparso molto lentamente, sconsigliando molti dall’aprire una discussione approfondita sul passato.

Ma che ruolo possono avere gli oggetti di uso comune all’interno di questo dibattito?

Gli oggetti sono importanti, perché’ fanno parte delle nostre storie personali. Vivere in un paese che, come la Bulgaria socialista, non dava scelta al consumatore, un paese in cui tutti dovevano utilizzare gli stessi prodotti , significa avere a che fare con una fortissima memoria collettiva legata a quegli stessi oggetti. Gli oggetti accendono ricordi, questa e’ una verita’ che chi scrive conosce bene.

In che cosa consiste l’essere "socialista" degli oggetti raccolti nell’ "Inventario"?

Non e’ facile dare una risposta a questa domanda. In un certo senso bisognerebbe chiedersi se gli anni ’60 o ’70 in Bulgaria, dal punto di vista della realizzazione di prodotti, ma non solo, sia paragonabile a quanto avveniva nello stesso periodo nel resto d’Europa. Ci sono molte cose in comune, che potremmo definire moda, o spirito del tempo. D’altra parte il socialismo ha portato sue peculiarita’. In molti oggetti a prima vista manca l’elemento ideologico, che pero’ emerge ad un’analisi piu’ attenta. Potrei fare l’esempio dei fiammiferi, semplici oggetti d’uso quotidiano, che pero’ si trasformano in qualcosa di profondamente diverso nel momento in cui, sulla scatola che li contiene, appaiono scritte quali "15simo Congresso del Partito Comunista Bulgaro" o "Attenti! Il nemico non dorme!"

Nell’ "Inventario" si mostrano gli oggetti del socialismo. Per ovvi motivi, non trova spazio uno degli aspetti che ha caratterizzato la "cultura materiale" del socialismo, e cioe’ la mancanza stessa di oggetti di consumo, e soprattutto la loro diversificazione…

Questo e’ un tema molto importante. In un certo senso quello che non c’era ha piu’ valore di quello che c’era, forse perche’, per cosi’ dire, quello che non c’era difficilmente puo’ essere dimenticato. Credo che il passo successivo della ricerca cominciata con l’ "Inventario" potrebbe essere, idealmente, la creazione di un museo dalle vetrine vuote, oppure di un museo di tutto quello che abbiamo desiderato, senza poterlo avere. Prodotti che varcavano accidentalmente le frontiere con l’Occidente, portati in Bulgaria da marinai o camionisti, che assumevano il ruolo di "oggetti del desiderio". Molte persone collezionavano bottiglie vuote di whisky, di "metaxa" greca, pacchetti di sigarette occidentali vuoti. Oggetti spesso kitsch, ma che esercitavano un fascino irresistibile per chi viveva immerso nel rigore grigio dell’estetica socialista.

Dei vari oggetti raccolti nell’ "Inventario" forse il piu’ curioso e interessante e’ il "chushkopek", piccolo forno domestico universalmente usato, anche nelle grandi citta’ industrializzate, per cuocere i peperoni e conservarli per l’inverno. Interessante perche’ sembra simboleggiare piu’ di altri oggetti un mondo contadino a cui molti bulgari guardano con nostalgia e vergogna allo stesso tempo, ma anche il senso di inadeguatezza di fronte alle nazioni moderne, ricche e avanzate dell’Occidente, e che sembra essere precedente al regime socialista…

Il socialismo bulgaro, rispetto a quello dell’Europa centrale, ad esempio, e’ stato un regime fortemente patriarcale. Il "chushkopek" e’ al tempo stesso parte sia del socialismo che del mondo patriarcale che lo ha preceduto e che ne ha influenzato gli sviluppi. Il socialismo, nel suo insieme, e’ stato un movimento modernizzatore, ma in Bulgaria questa modernizzazione, che ha significato industrializzazione, urbanizzazione, trasformazione dei contadini in operai ecc., ha lasciato in vita delle sacche di mondo contadino. In molti balconi delle nuove citta’ industriali bulgare erano piantati pomodori, c’e’ anche chi sul balcone teneva il maiale. Il "chushkopek" e’ al tempo stesso un’invenzione tutta bulgara davvero unica, e in un certo senso ridicola, visto che questo forno in miniatura, che riesce a sviluppare una temperatura di ben 700 gradi, veniva usato per cuocere, con lentezza esasperante, un peperone alla volta…

Per quanto riguarda il complesso dei bulgari nei confronti dell’Europa occidentale, questo non e’ nato con il socialismo, ma il socialismo lo ha rafforzato. E’ un sentimento che nasce dalla storia, dall’essere rimasti per secoli all’interno di un impero, quello ottomano, in gran parte estraneo alla cornice culturale europea. Ma nasce anche dal provincialismo, dall’isolamento, dall’arretratezza, oltre che dalla percezione dei Balcani e della Bulgaria come realta’ marginali. Tutto questo e’ stato cementato dal socialismo all’interno della cortina di ferro, che ha spezzato i legami tra la Bulgaria e l’Europa occidentale.

Gli oggetti raccolti nell’ "Inventario" fanno ancora parte della quotidianita’, in Bulgaria?

Purtroppo si’, visto che l’indigenza di molti ha reso impossibile sostituirli. La nostra ricerca in soffitte, scantinati, ma anche dentro le case, ci ha mostrato che gran parte dello stile e dei prodotti del socialismo, mobili, divani, elettrodomestici, sono ancora in uso. Stanno esalando gli ultimi respiri, ma per chi non puo’ permettersi oggetti piu’ moderni sono ancora fondamentali. Da questo di vista l’ "Inventario del socialismo" si e’ rivelato un libro scioccante, nonostante si presenti in modo leggero, perche’ entra profondamente nella vita di persone che possono dire: "Aspetta, qui si parla di questi oggetti come se fossero in un museo, ma io li uso ancora". E dal vedere oggetti quotidiani in un contesto diverso che puo’ nascere la scintilla della riflessione.

Al tempo stesso sta nascendo, anche in Bulgaria, una moda "retrò’" su quel periodo…

La moda del socialismo nasce soprattutto grazie a riviste di "lifestyle" e attecchisce particolarmente tra i giovani che non hanno un ricordo diretto di quel periodo. Questa moda viene utilizzata dai "vecchi socialisti", tanto che nell’ultima campagna elettorale c’erano ragazze che indossavano magliette con lo slogan "il socialismo e’ sexy", lanciato appositamente per le consultazioni presidenziali. Il socialismo reale bulgaro, pero’, e’ stato tutt’altro che sexy. Mode di questo genere esistono in tutta Europa. La particolarita’ della Bulgaria e’ che questa comincia senza che ci siamo detti tutta la verita’ su quello che e’ stato il regime.

Come pensi che verra’ letto l’ "Inventario del socialismo"?

Questo libro puo’ non piacere per due motivi diametralmente opposti. Da una parte i nostalgici diranno che il libro stesso, con gli oltre 500 oggetti catalogati, e’ la dimostrazione che c’era cosa comprare, c’era produzione e possibilita’ di scelta. Dall’altra gli oppositori ideologizzati diranno che quello mostrato nel libro non e’ importante, non e’ il vero socialismo, che era fatto di campi di internamento e repressione. Mi ha sorpreso positivamente l’interesse dei giovani verso il libro. Credevo che l’avrebbero visto come qualcosa che parla di un passato che non li riguarda, un’altra era geologica, quasi.

Tu sei uno degli autori di una altro progetto di riflessione sul passato regime, "Az zhivyah socializma" (Ho vissuto il socialismo, www.spomenite.org ) che ha raccolto le testimonianze e le storie di piu’ di cinquecento persone su quel periodo, storie piccole e grandi, tristi o allegre, tutte pero’ fortemente personali. Perche’ il periodo socialista e’ cosi’ importante per te?

A me interessa soprattutto il passato, come luogo di odori, di sapori, di nostalgia. Credo che chi torna spesso nel proprio passato sia, in qualche modo, una persona migliore. Il socialismo e’ soltanto una parte, seppure importante, di questo mio passato. D’altra parte vedo che le persone che sono state allora al potere provano a raccontare quel periodo a modo tutto loro, e io non voglio che i miei figli pensino un giorno che il socialismo in Bulgaria sia stato solo quello che l’establishment di allora vuole far ricordare. Lo scopo del progetto e’ proprio quello di raccogliere le voci delle persone comuni, che di solito non vengono interrogate, andare ad esplorare il grande spettro compreso tra le verita’ del governo di allora e quella degli oppositori politici.

C’e’ qualcosa che ti ha stupito particolarmente dei racconti che avete raccolto?

Innanzitutto mi ha stupito la voglia delle persone di raccontare e raccontarsi. Non nascondo che all’inizio del progetto ero piuttosto scettico sulla sua riuscita. Pensavo che le persone non avessero piu’ voglia di guardarsi alle spalle. Mi ha poi sorpreso la capacita’ di guardare con senso dell’umorismo verso quel periodo. E’ proprio da questo progetto che abbiamo avvertito l’importanza degli oggetti, che ci ha portato poi a ideare l’ "Inventario del socialismo". La maggior parte delle storie, infatti, parte da oggetti, o dalla loro mancanza. Ad esempio le lunghe file per comprare banane o arance.

"Az zhivyah socializma" e’ stato presentato piu’ volte all’interno di varie universita’. Quali sono le reazioni dei giovani di fronte alle storie che avete raccolto?

Le reazioni sono state molto forti, e questa e’ una cosa positiva. C’e’ stata molta energia nelle discussioni fatte insieme a loro. Ammetto di aver sottovalutato l’interesse delle nuove generazioni, che non e’ indirizzato solo verso il computer… Un altro errore e’ stato quello di pensare ai giovani come a individui senza memoria. I giovani hanno memoria di cio’ che non hanno visto, una memoria avuta in eredita’ dalle generazioni precedenti. Alcuni dei giovani con cui abbiamo dialogato parlavano con le parole dei propri genitori. Ho scoperto, con mia grande sorpresa, che puo’ esistere la nostalgia per il socialismo anche tra giovani che questo socialismo non l’hanno mai visto. Io credo che questo rifletta, in realta’, le nostalgie dei loro genitori.

Nel tuo mestiere di scrittore, tu ti occupi di parole. Come e’ cambiato, in decenni di regime socialista, il significato di parole come "liberta’ ", "fratellanza", "patria", "lavoratore" ?

Una mia idea, che probabilmente non vedra’ mai la luce, e’ proprio quella di creare dopo l’ "Inventario del socialismo", l’ "Inventario delle parole del socialismo". Le parole sono qualcosa di molto importante, e non soltanto per chi scrive. Se andiamo a rileggere oggi un articolo del "Rabotnichesko Delo" l’organo del partito comunista bulgaro, ci rendiamo conto che abbiamo gia’ dimenticato quel linguaggio assolutamente vuoto, sterile, astratto. Ci sono parole dietro cui si nascondeva l’assenza di significato reale, parole come "internazionalismo", "umanismo", ecc. Il regime inoltre ha abusato di molte parole, e che hanno perso forza, si sono disinnescate. Parole come "patria" e "fratellanza" oggi, per essere utilizzate, devono essere messe, quasi d’obbligo, tra virgolette.

Dal linguaggio del socialismo discende, secondo me, anche buona parte dell’arsenale linguistico dei moderni nazionalisti bulgari, che li’ trova le sue radici. Fu nel 1981, ad esempio, che furono lanciati programmi sul "glorioso passato" della Bulgaria, o progetti come quello per i 1300 anni della nazione bulgara, temi utilizzati oggi dai movimenti nazionalisti. Questo pero’ è un tema molto complesso da affrontare…

Probabilmente nei libri di storia il primo gennaio 2007 sara’ indicato come la data in cui finisce la transizione in Bulgaria. E’ possibile, secondo te, un "Inventario della transizione"?

Non so. La transizione e’, per definizione, un processo transitorio, caratterizzato dalla velocita’ dei cambiamenti. In Bulgaria, poi, questa ha convissuto lungamente col regime precedente, quindi molti oggetti fanno pienamente parte sia dell’una che dell’altro. Credo, poi, che col primo gennaio la transizione finisca soltanto formalmente. Per chi vive in Bulgaria e’ fin troppo chiaro che se per qualcuno questa e’ davvero terminata, per molti e’ ancora un processo di cui non si vede la fine, almeno a breve termine. Forse un "Inventario della transizione" si potra’ fare tra 5-10 anni, quando verso questo periodo, oggi ritenuto quasi universalmente cupo e negativo, nascera’ inevitabilmente un senso di nostalgia. E’ una nostalgia che qua e la’ inizia gia’ a spuntare, ed e’ la nostalgia verso le manifestazioni collettive, quel senso di energia, di possibilita’ di cambiare il mondo, che oggi inizia a mancare a chi l’ha vissuto.

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