I Balcani priorità della politica estera italiana
Al convegno della Farnesina dedicato ai Balcani occidentali emergono con forza gli interessi economici italiani e l’impegno governativo all’integrazione europea. Necessario un salto di qualità. Nessun riferimento al rinnovo della Legge 84. Il resoconto della giornata di lavori
"Il 2007 sarà un anno decisivo per la regione. Un’area che rimane al centro della politica estera italiana. I Balcani non sono più quelli di quindici anni fa, dobbiamo essere consapevoli che ci sono ancora molte sfide ma non dobbiamo dimenticare che dobbiamo saper capire e per capire dobbiamo ascoltare". Così esordisce nel suo discorso iniziale il sottosegretario agli Esteri Famiano Crucianelli, presentando il Convegno "La prospettiva europea per i Balcani occidentali. Il ruolo dell’Italia" organizzato dal ministero degli Affari Esteri e tenutosi il 16 gennaio alla Farnesina. Ricordando che "L’Italia rappresenta un raccordo fisiologico tra i Balcani e l’Europa", il sottosegretario Crucianelli ha suggerito che "il nostro approccio alla regione balcanica deve fare un salto di qualità".
L’Italia e i Balcani
Dopo il discorso di apertura, la giornata di lavori alla Farnesina ha preso il via con il panel "L’Italia e i Balcani", moderato da Marta Dassù, consigliere politico del ministro D’Alema. Il panel si è concentrato sul fatto che la politica estera italiana è sempre più orientata e le viene chiesto di esserlo a sostenere l’internazionalizzazione delle proprie imprese.
Secondo l’onorevole Umberto Ranieri per il nostro paese "aumenta la responsabilità storica di far avvicinare questi paesi nell’integrazione euroatlantica". "L’Italia è al primo o secondo posto tra i partner commerciali dei Balcani e – prosegue l’onorevole Ranieri – stiamo ottenendo ottimi risultati anche nel campo degli investimenti diretti, con la presenza di imprenditori italiani".
A ribadire che i Balcani rappresentano un’area strategica per l’imprenditoria italiana è intervenuto Aldo Fumagalli. Per il Presidente e Amministratore Delegato della Sol (una delle aziende leader in Italia per la produzione e commercializzazione di gas industriali, puri e medicali, nonché nell’assistenza medicale a domicilio) si tratta di "un’area che si sta avviando a mercato unico di 55 milioni di abitanti, con una crescita superiore al resto d’Europa". Per Fumagalli si tratta di "un’area adatta ad investimenti di piccole e medie imprese. C’è una cultura simile e una buona formazione delle risorse umane locali. Inoltre c’è un sistema bancario italiano molto presente che aiuta gli imprenditori".
Della forte presenza del sistema bancario italiano ha parlato l’amministratore delegato di Banca Intesa, Corrado Passera, affermando che spesso le banche hanno giocato un ruolo anticipatorio rispetto alla politica. "Noi siamo riusciti ad arrivare prima di talune riforme istituzionali. Il mercato sta anticipando le istituzioni". Passera ha poi ricordato che il sistema bancario dei Balcani è controllato da banche internazionali "al 100% in Albania, al 90% in Bosnia Erzegovina, all’80% in Serbia, Montenegro e Kosovo". Si tratta di paesi – prosegue l’amministratore delegato di Banca Intesa – "con un potenziale di crescita molto significativo. È importante che si crei un sistema tra imprenditori, sistema bancario e diplomazia".
Antonio Gozzi presidente del gruppo industrial-commerciale Duferco ha ricordato che "l’economia tedesca non sarebbe in crescita senza l’Est, e per noi il rilancio passa dai Balcani. Ma il sistema Italia deve mitigare il rischio d’impresa, non possiamo essere soli in questi paesi" – ovvero come ha sintetizzato la Dassù la politica estera diventa uno degli strumenti di moderazione del rischio d’impresa.
Di certo gli imprenditori intervenuti, mostrando le potenzialità economiche della regione, hanno messo in luce la necessità di una presenza politica che consenta alla regione di uscire definitivamente dall’impasse politica di questi 15 anni.
La prospettiva europea vista dai Balcani
I relatori provenienti dalla regione est europea al secondo panel della giornata si sono concentrati sulle difficoltà locali e sulla prospettiva europea. Così l’ex ambasciatore in Italia della Federazione di Jugoslavia, il professor Miodrag Lekic, ha fatto notare che "oggi abbiamo due Balcani. Quelli integrati in Europa e una sfera isolata, una sorta di enclave, circondata dai membri dell’UE". Tuttavia – prosegue Lekic – "dietro la volontà condivisa da tutti di entrare nell’UE abbiamo degli ostacoli: la lentezza del processo di allargamento e la stanchezza dovuta all’allargamento". E per quanto possano essere incoraggianti i risultati dell’economia, non "bisogna dimenticare che si tratta di paesi poveri. Povertà dovuta anche alla guerra nella ex Jugoslavia". In questa situazione "le mafie si comportano come fattore d’integrazione della regione".
Ivan Vejvoda, direttore esecutivo del Balkan Trust for Democracy, rammenta che "i Balcani sono uno dei cortili dell’Europa, sono un unfinished business che deve finire. Nei prossimi 15 mesi ci attendiamo di raggiungere il breaking point in cui la Serbia otterrà, dopo gli obblighi col Tribunale dell’Aja e il Kosovo, lo status di candidato".
Il direttore dell’Albanian Institute for International Studies, Albert Rakipi, ha focalizzato l’attenzione sul suo paese dicendo che "l’Albania dovrà impegnarsi di più che negli anni passati. Che la firma del SAA Accordo di associazione e stabilizzazione ha un effetto importante sull’economia albanese" ma ha precisato che occorre guardare anche alla local ownership e che diventare membro dell’UE è solo una parte del processo di riforma albanese".
"L’Ue è un obiettivo della Bosnia Erzegovina – sottolinea Osman Topcagic responsabile della Direzione per l’integrazione europea della Bosnia Erzegovina – e c’è una buona percezione dell’UE ma per quanto ne parliamo all’opinione pubblica, questa la traduce in libertà dei visti". La BiH ha migliorato la sua capacità di negoziazione e ha raggiunto un buon livello di adeguamento legislativo. Molto è stato fatto in questo periodo, ma senza una prospettiva europea non sarebbe stato possibile".
A tracciare le tappe del processo di dissoluzione della ex Jugoslavia, e il ritorno al nodo del Kosovo, ci ha pensato Furio Radin, rappresentante della comunità italiana istriana presso il parlamento croato. Radin ha menzionato pure il ruolo svolto dalla diplomazia italiana a Zagabria che "è stato fondamentale per la scelta europeista del governo Sanader", ricordando che "il processo di integrazione dei Balcani occidentali è imprescindibile e per le minoranze rappresenta una garanzia".
La cooperazione e gli enti locali
Elena Ragusin, giornalista del Sole 24 ore, coordinava questa sessione ed ha ricordato come le Regioni ed i Comuni, le reti di università e i centri di ricerca fanno a pieno titolo parte della cooperazione decentrata, sono un valore aggiunto importante e non devono solo essere gli attori a cui è delegata la cooperazione governativa per mancanza di fondi.
"Per fare una cooperazione sempre più lucida ed efficace con i Balcani dobbiamo superare la logica del singolo progetto", ha detto la viceministro degli Esteri Patrizia Sentinelli. Facendo il punto sulle modalità e sull’efficacia della cooperazione con i paesi dall’altra parte dell’Adriatico, Sentinelli ha affermato che è indispensabile "discutere di quale cooperazione: quella governativa e quella decentrata", più vicina, quest’ultima, alla società civile ed è proprio alla società civile e alle organizzazioni non governative che la viceministro con delega alla cooperazione guarda con interesse. Per quanto riguarda le priorità, dopo la fase della ricostruzione, sarà utile ridefinire le opere di valorizzazione culturale della sanità, di tutto ciò che è vicino alla gente. Sulla questione del reperimento dei fondi per la cooperazione, Sentinelli ha sottolineato che sono state importanti anche le risorse degli enti locali. Ma ha tenuto a precisare che nell’ ultima Finanziaria c’è stato, rispetto agli anni precedenti, un notevole incremento dei fondi destinati alla cooperazione.
Significative le parole di Josè Rhi-Sausi, direttore del Cespi. "I Balcani sono stati una grande scuola della cooperazione, si sono attivati in modo massiccio nuovi attori – si tenga presente che 1/3 degli enti locali ha avuto esperienze nella regione, ha rafforzato il concetto di cooperazione come reciprocità ed ha consentito di conciliare obbiettivi che si presentano in modo separato come la pace e la sicurezza, lo sviluppo e la democrazia". Nonostante le note positive delle dinamiche di cooperazione, se ne aggiungono secondo Rhi-Sausi altre di carattere negativo: "Ogni ente ha agito in modo proprio, sicché le controparti balcaniche non hanno visto una strategia comune e quindi un vero sistema".
Mercedes Bresso, presidente della Regione Piemonte, è tornata sull’importanza della Legge 84 per la cooperazione e la sua forza nel cercare di coniugare internazionalizzazione e cooperazione, una domanda che continua a venire dai nostri territori. Secondo il presidente del Piemonte l’Ue introduce una nuova discontinuità tra le regioni italiane nel rapporto con i Balcani perché alcune parti importanti del nostro paese sono escluse dai fondi di pre-adesione e dalla cooperazione territoriale. Al contrario progetti europei come i twinings sono stati importanti per stimolare la cooperazione diffusa.
L’intervento di Sergio Marelli, presidente dell’Associazione ONG italiane, in rappresentanza di un gruppo più ampio di soggetti della società civile, ha insistito sulla necessità di una chiara prospettiva europea per i Balcani Occidentali ed ha offerto alcune valutazioni e proposte sul processo di rafforzamento della pace, della stabilità e dell’integrazione regionale ed europea dell’area.
Inoltre, il documento congiunto presentato da ONG e Associazioni italiane suggerisce la costituzione di un tavolo di confronto, di valutazione e di proposta con il Governo italiano, le Regioni, gli Enti Locali e gli attori sociali, culturali ed economici interessati all’area al fine di identificare strategie comuni, fare sistema, coordinare e rendere più efficace, nelle proprie autonomie operative, la presenza e l’azione italiana.
La Prospettiva europea vista da Bruxelles
L’ultimo panel è dedicato al punto di vista di Bruxelles. Secondo Olli Rehn il "summit dell’UE di dicembre è stato male interpretato, perché non è vero che i paesi europei hanno intenzione di chiudere le porte al Sud Est Europa, e lo stesso vale per la Turchia". Per il commissario europeo il vertice di dicembre era orientato alla possibilità "di rinnovare la capacità europea di accogliere nuovi membri".
Nel corso dell’anno la sfida maggiore è rappresentata dal Kosovo e la situazione si sta muovendo verso i nodi critici. "L’UE vuole la stabilità" ha ribadito il commissario europeo, e "il ruolo dell’UE si sta intensificando dal momento che il nodo dello status si sta avvicinando". Olli Rehn non ha mancato di sottolineare le facilitazioni dei visti come primo passo per la libertà di movimento. Sul filo di una metafora calcistica, il commissario europeo non ha nascosto che dopo il fallimento dei referendum francese e olandese, alcuni politici europei vorrebbero relegare l’allargamento al campionato di serie B.
Tuttavia "non possiamo tradire i paesi del Sud Est Europa, tradiremmo le loro speranze di pace e stabilizzazione" ha precisato Carl Bildt, rimarcando l’importanza della missione italiana nel momento appropriato per rilanciare la sfida dell’allargamento. Il ministro degli Esteri svedese ricorda che con la Commissione internazionale sui Balcani, presieduta da Giuliano Amato, si era stati ottimisti sulla data del 2014 per l’ingresso di tutti i Balcani, sì da celebrare il centenario della Prima guerra mondiale con una compiuta integrazione dell’area. Tuttavia, ribadisce Bildt, "dobbiamo essere realistici e sapere che ci sono molte sfide", ma anche che se "l’Ue diventerà più grande e ci saranno parecchie sfide dobbiamo capire che diventerà più forte ed ogni allargamento contribuirà a questo".
Sulla data del 2014 è lo stesso ministro Amato ad avere dei dubbi. "Per come stanno le cose oggi, non scommetterei su quella data" – ha ribadito il ministro dell’Interno – "ciononostante abbiamo bisogno che nel 2014 si sia vicini alla sua visione finale". Amato ha confidato alla sala che sono stati gli studenti di Belgrado ad avergli fatto scoprire con piacere che "l’Europa è una comunità di valori e non solo economica". "Anche se forse ci dipingono più belli di quanto siamo" – secondo Giuliano Amato – "si tratta di uscire da un passato disperato ed entrare in una comunità dove i diritti sono garantiti. E di questo dovremmo esserne consapevoli. Guai se lasciassimo cadere questa speranza".
Alessandro Minuto Rizzo, segretario generale delegato della NATO, ha sottolineato l’importanza della NATO, sia nel percorso effettuato dal resto dei paesi dell’Europa centrale post-comunista, che
oggi per il Sud Est Europa. Per Rizzo la NATO è importante per la sicurezza ma anche come network di consultazione, che familiarizza con il multilateralismo.
Le conclusioni del ministro degli Esteri
Dopo aver preso in esame i dossier dei paesi dei Balcani occidentali il ministro degli Eteri Massimo D’Alema ha ribadito che "la prospettiva europea e l’impegno dell’Italia sono aspetti intrecciati. I Balcani sono una delle priorità della politica estera italiana insieme alla pace in Medio Oriente".
Secondo D’Alema bisognerebbe fare un conto dei costi della non Europa nei Balcani, e condivide con Rehn l’idea che nell’ultimo summit dell’Ue è stato dato un messaggio positivo anche se è stato male interpretato. "L’Europa non può permettersi un buco nero al suo centro. I Balcani occidentali sono una grande sfida della ostpolitik italiana. Bisogna mettere le istituzioni europee in condizione di poter far progredire il negoziato con la Turchia e chiudere coi i Balcani occidentali".
Secondo il ministro degli Esteri "nei prossimi mesi saremo chiamati a uno sforzo di coerenza e compattezza, senza partigianerie, senza doppi standard che suscitino nostalgie per il passato di cui non c’è bisogno". "Una regione balcanica pacificata corrisponde non solo ai nostri interessi ma anche ai valori che ispirano la nostra politica estera", ha concluso D’Alema.