Kosovo, giorni difficili per Eulex

Il rapporto tra opinione pubblica in Kosovo e missione Eulex, iniziato con grandi aspettative, vive oggi giorni difficili. Dopo il nuovo "caso Limaj", in molti sono scesi in strada per protestare contro la presunta "caccia alle streghe" lanciata contro i leader dell’UCK. Contestata anche la lentezza nel gestire indagini e processi

28/04/2011, Veton Kasapolli - Pristina

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Graffiti nelle strade di Pristina, Kosovo - Matthijs Gal/flickr

Il rapporto tra opinione pubblica kosovara e missione Eulex vive giorni difficili. L’ultima tegola è arrivata nei giorni scorsi, quando un membro internazionale dello staff (a quanto pare francese) è stato sospeso dopo essere stato accusato di aver insultato ripetutatmente dei colleghi locali. Il funzionario avrebbe usato per lunghi periodi di tempo un linguaggio offensivo nei confronti del Kosovo in quanto Paese, degli albanesi in quanto nazione, e della religione islamica.

Il funzionario accusato, responsabile della Close Protection Unit, unità che garantisce la sicurezza del capo missione Eulex Xavier de Marnhac, è ora indagato, mentre altri membri dello staff sono stati trasferiti ad altre funzioni all’interno della missione per “ragioni di sicurezza”, come ha riferito la stessa Eulex.

I vertici della missione ed alti rappresentanti del governo di Pristina si sono affrettati a minimizzare il caso, escludendo che un singolo episodio possa compromettere le relazioni reciproche, e che non può essere emesso alcun giudizio finché le indagini non saranno terminate.

Non è la prima volta che Eulex, la più grande missione all’estero dell’UE, ha a che fare con situazioni spiacevoli. In passato si è dovuta occupare dei poliziotti romeni accusati di contrabbando, che sono poi stati sospesi: non è certo l’esempio che Bruxelles vuole dare ai kosovari. Eulex, infatti, è in Kosovo proprio per sostenere le istituzioni locali a rafforzare lo stato di diritto e adoperarsi per raggiungere gli standard europei.

L’ultimo incidente ha chiaramente intaccato la fiducia dei cittadini nella missione, che ha un ruolo di primo piano sui casi di gravi crimini in Kosovo, o su quelli che sono fuori la portata delle procure locali.

Dubbi e speranze

Fin dall’inizio l’opinione pubblica in Kosovo è stata divisa sul dispiegamento di Eulex. Immediatamente prima che il Kosovo dichiarasse la propria indipendenza, nel febbraio 2008, Bruxelles ha presentato la proposta di dispiegare una missione che avrebbe assistito le autorità locali nel rafforzare le prestazioni doganali, creare una polizia professionale e assumere il comando nei casi che fossero sembrati problematici da affrontare per le autorità locali come corruzione e crimini di guerra.

I kosovari albanesi hanno per lo più sostenuto la missione, soprattutto per sbloccare il cumulo di lavoro arretrato, e in continua crescita, di casi che giacciono irrisolti nei tribunali del Kosovo. Si sono però anche fortemente opposti alla posizione ufficiale della missione: neutrale sulla questione dello status.

Nonostante il fatto che, dal punto di vista di Pristina, la missione ignori la realtà della dichiarazione di indipendenza, la missione Eulex venne adottata dal Parlamento come parte del processo di ristrutturazione della comunità internazionale sul campo.

Tra i cittadini erano alte le aspettative che la missione europea avrebbe portato risultati migliori di quella Unmik, largamente ritenuta inefficiente. Gli albanesi del Kosovo speravano che Eulex, oltre a rafforzare lo stato di diritto, sarebbe stata attiva nella soluzione della questione del nord del Kosovo, abitato in larghissima maggioranza da serbi.

L’entusiasmo di molti kosovari era arrivato al punto che qualcuno a Pristina aveva simbolicamente intitolato una via del centro con il nome del procuratore capo di Eulex. A partire dal suo spiegamento, la missione UE ha effettivamente messo sul tavolo innegabili risultati, perseguendo e portando a giudizio decine di casi difficili. Questo però non sembra aver impressionato più di tanto l’opinione pubblica kosovara.

Fatmir Limaj, un uomo sotto i riflettori

Le ragioni sono diverse. Da una parte, le indagini lanciate contro “pezzi grossi” in casi di corruzione e abuso di potere non hanno portato fino ad ora a risultati significativi.

A maggio dell’anno scorso furono fatte irruzioni negli uffici e nelle abitazioni private dell’ex ministro dei Trasporti e delle Telecomunicazioni Fatmir Limaj (PDK). Eulex dichiarò allora che l’azione faceva parte di un’indagine ad ampio respiro sull’impiego scorretto di fondi pubblici nell’assegnazione di contratti per la costruzione di strade.

Il governo di Pristina, però, aveva commentato le irruzioni come un’azione dimostrativa della missione, sostenendo di non riscontrare nulla di irregolare nei lavori promossi dal ministero guidato da Limaj, che anzi l’esecutivo giudicava come quelli di maggior successo. Ad oggi, l’indagine non ha portato ad alcuno sviluppo significativo.

Dall’altro lato, e più recentemente, Eulex è stata fortemente contestata perché, agli occhi di molti kosovari, le indagini intraprese mirano a mettere in questione la legittimità dell’UCK e della guerra combattuta nel 1999.

Ancora una volta, al centro dell’attenzione c’è Fatmir Limaj, comandante dell’UCK anche noto col nome di battaglia di “Celiku” (Acciaio) accusato lo scorso marzo dai procuratori Eulex assieme ad altri dieci ex commilitoni per presunti crimini compiuti durante e dopo il conflitto.

Tra gli accusati c’è il comandante della polizia di Prizren, il cui arresto ha provocato un vero scandalo in Kosovo, anche se la notizia non ha varcato i confini. Presentatisi per effettuare l’arresto senza preavviso, gli ufficiali di polizia Eulex sono stati tenuti in ostaggio per qualche minuto all’interno della locale stazione di polizia finché la situazione non è stata chiarita e si è infine proceduto all’arresto. Una situazione grave, e in grado di mettere in discussione i rapporti reciproci.

Le accuse a Limaj hanno colto molti di sorpresa in Kosovo, visto che l’esponente del PDK è stato già giudicato e assolto dal Tribunale dell’Aja nel 2003 su presunti crimini di guerra. I procuratori di Eulex affermano di avere oggi nuovi testimoni su presunte torture e omicidi compiuti nel campo di Llapushnik, allora gestito da Limaj.

Come nel 2003, Limaj si è messo a disposizione della giustizia quando ha riferito ad Eulex per un’udienza. Al contrario Blerim Kuci, attuale sindaco del comune di Suhareka/Suvareka, si è rifiutato di cooperare nel ruolo di testimone e, come risultato, sta scontando un mese di detenzione.

I concittadini di Kuci si sono precipitati nelle strade per mostrare sostegno al proprio sindaco. Si presume Kuci sia stato arrestato e detenuto per un breve periodo nel campo di prigionia sotto il comando di Limaj .

"Caccia alle streghe"?

Gli sviluppi della situazione hanno scatenato una nuova ondata di reazioni da parte dei cittadini kosovari albanesi e del governo di Pristina. Eulex è stata accusata di compiere una vera e propria “caccia alle streghe” contro gli ex membri dell’UCK solo per giustificare la propria presenza e i circa 100 milioni di euro che Bruxelles sta spendendo annualmente per la missione.

Membri del governo hanno accusato Eulex di aver tentato di criminalizzare la guerra di liberazione guidata dall’UCK. Proteste a sostegno degli ex combattenti dell’UCK sono state tenute in quasi tutte le municipalità del Kosovo.

Le associazioni di veterani dell’UCK, oltre a mostrare la propria rabbia nei confronti dei funzionari europei, hanno inviato al parlamento di Pristina una petizione per chiedere di privare la missione europea di poteri esecutivi e non lasciare più ad Eulex l’esclusiva sulle indagini per crimini di guerra e altri gravi casi.

Agli occhi dei kosovari, l’immagine di Eulex in questi mesi è stata sicuramente messa a dura prova. Le cose, però, potrebbero notevolmente migliorare se la missione riuscisse a mostrare risultati più convincenti nel perseguire la corruzione nei piani alti del potere, e a garantire verdetti rapidi e in linea con l’obiettivo dichiarato: rafforzare lo stato di diritto in Kosovo.

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