Arresto Mladić: crimini e fragole
Giornalisti e analisti dei principali quotidiani, settimanali e emittenti della Serbia. Li abbiamo incontrati per chiedere loro che ne pensano di questi giorni del dopo-Mladić. Nei quali si rischia di parlare di più di fragole che dei crimini commessi dall’ex generale serbo
“La Serbia ha fatto la sua parte arrestando Ratko Mladić e continuerà a farla arrestando l’ultimo ricercato dal Tribunale dell’Aja, Goran Hadžić. Ora tocca all’Unione europea”. Così ha dichiarato il presidente serbo Boris Tadić a cinque giorni dall’arresto del generale serbo bosniaco all’Associated Press.
Intanto si susseguono le notizie riguardanti Mladić, da quelle più tecniche – ieri l’avvocato Milos Šaljić ha annunciato di aver spedito il ricorso all’estradizione adducendo motivi di salute – a quelle più caricaturali, sulla mano che non riesce più a muovere o sulla visita dei (super-fotografati) nipotini nella cella del Tribunale speciale a Belgrado.
Oggi il criminale è in gabbia, ma cosa significa per la Serbia e per tutti quelli che hanno combattuto il regime di Milošević? È la fine della Storia? E perché ora? Come andrà il processo all’Aja? Sono molte ancora le domande aperte nel dopo arresto. OBC ne ha poste alcune ad analisti e giornalisti di Belgrado.
Veran Matić – direttore di B92
"Era un momento che aspettavo da 16 anni. È un grande passo in avanti perché Ratko Mladić non è un qualsiasi ricercato per crimini di guerra. È molto popolare in Serbia, a volte è stato più popolare di Milošević. Il suo arresto era un grande tabù per Belgrado. La sua caccia è stata possibile solo con una particolare condotta psicologica e pratica da parte del governo proprio perché la maggioranza dei cittadini era contraria alla sua estradizione all’Aja. Adesso è importante continuare le indagini a livello locale su chi l’ha protetto e su cosa ha fatto, ma in generale questo porta ad una nuova fase, alla possibilità di stare meglio in Serbia".
Cosa pensa della manifestazione indetta dai Radicali domenica scorsa?
La manifestazione era una di quelle ad alto rischio e gli scontri tra la polizia e i gruppi di estremisti di destra e tifosi erano purtroppo prevedibili. Questi gruppi di violenti sono sempre stati interpretati come un prolungamento di una parte del potere che non vuole la Serbia in Europa. E’ probabilmente una parte marginale dell’élite ma ha le risorse necessarie per spingere questi gruppi a cercare la destabilizzazione. Oggi però l’SNS (Partito progressista serbo), che si è portato via la maggior parte dei consensi al Partito radicale (SRS), non li appoggia più ed è un grosso passo in avanti. Inoltre la polizia ha reagito in maniera molto più efficace rispetto a quello che successe con il gay pride negli anni scorsi e ha ridotto molto i danni provocati dai manifestanti.
Cosa ci si può aspettare dal processo?
Mladić non può sfuggire all’accusa di genocidio. Radislav Krstić, già condannato per Srebrenica, era sotto il suo diretto comando. Anche per questo non penso che seguirà l’esempio di Karadžić e Milošević difendendosi da solo, ma si dovrà trovare degli avvocati molto capaci.
Cosa pensa di tutte queste notizie riguardo alla figura di Mladić: che vuole le fragole, che vuole andare a visitare la tomba della figlia suicida…
Mi viene in mente Hanna Arendt nella “Banalità del Male”, anche qui si vede la banalizzazione del male, la figura di Eichmann è quella di un vecchio. Certo vi è anche il tentativo da parte della difesa di far uscire queste notizie “gustose” per la stampa, per farlo apparire come umano, per attirare simpatia: l’uomo che mangia le fragole, legge i classici russi. Così dimentichiamo quello che ha fatto.
Branislav Jelić e Petar Luković – E- Novine
Branislav Jelić, cosa ha pensato quando ha appreso la notizia dell’arresto?
Sono stato sorpreso di non provare niente, forse è perché abbiamo aspettato 16 anni. E poi ho pensato che è un processo voluto dal governo per non perdere le elezioni il prossimo marzo. Insomma un calcolo politico. La gente però non si rende ancora conto che è molto più importante scoprire quello ha fatto Mladić, quello che è successo durante la guerra, per noi serbi più che per il Tribunale dell’Aja. Siamo noi che dobbiamo finire la storia con Mladić.
Petar Luković, cosa ne pensa del dopo arresto e di tutte le notizie che si stanno susseguendo?
Mi viene in mente la storia dei diari falsi di Hitler pubblicati da Stern negli anni ottanta, la più grande bufala della storia del giornalismo. Si iniziò a dire quanto era umano Hitler perché ascoltava certa musica o leggeva certi libri: quando si inizia a pensare a Hitler come essere umano, si smette di pensare ai suoi crimini. La stessa storia si può trasporre a Ratko Mladić. Se gli piacciono le fragole, se gli piace giocare a scacchi… Ma vogliamo parlare di cosa accadeva 15 anni fa a Srebrenica, delle foto, dei video, di tutta la documentazione di cui siamo in possesso?
La cosa positiva è che è in carcere. E cosa ancora migliore è che vada all’Aja il prima possibile. Fin quando rimane in Serbia diventa la storia di una telenovela, stupidamente sentimentale. E’ una buona cosa che sia andata così, ma il dopo arresto fa pensare. Nessuno dice che cosa ha fatto, sembra che abbiamo solo arrestato un povero vecchio senza alcuna ragione e lo mandano all’Aja solo per provare che i serbi sono i più cattivi.
Quando sarà all’Aja dovremo parlare dei crimini contenuti nelle accuse non potremo parlare di fragole, scacchi, libri. Si vuol far credere che è un vecchio matto che non sapeva quello che faceva. Non è vero, allora sapeva molto bene quello che faceva.
Ljiljana Smajlović – presidente associazione dei giornalisti UNS – ex redattore capo di Politika .
"Sono rimasta sorpresa dall’arresto ma anche amareggiata perché è stato condotto senza crederci davvero. Quasi in modo immorale. Era l’unico modo per Boris Tadić per non perdere le elezioni visto che nell’ultimo anno si sono persi 250 mila posti di lavoro, non ci sono prospettive di vita migliore, la gente è vicina alla disperazione. L’unica cosa da fare era questa, aspettando il premio di Bruxelles. Inoltre a nessuno è stato mai possibile sollevare dubbi sul suo invio al Tribunale Internazionale dell’Aja.
Pensa che sia una scelta sbagliata mandarlo all’Aja?
Io ho seguito il processo di Milošević e molti altri e so che gli imputati non avrebbero potuto avere processi più giusti di quelli, ma diciamo che posso capire coloro che non vogliono mandare i propri cittadini al TPI. Io non ho certo mai amato Milošević, ma durante il processo ti rendevi conto quanta simpatia poteva raccogliere: era lui che dominava la scena. Se Mladić fosse processato in Serbia invece cadrebbe la grande bugia del complotto internazionale anti-serbo.
Dejan Anastasijević – giornalista investigativo di Vreme
"È un momento di svolta, forse non il primo né l’ultimo ma, a parte i benefici che questo porterà per le negoziazioni con l’Unione europea, serve a rimuovere questa nuvola nera che pendeva sulla Serbia da così tanto tempo e che praticamente avvelenava ogni mossa in politica estera nella regione e fuori. Chiunque poteva dire: voi siete un Paese che protegge il genocidio… almeno questo… la nuvola se ne è andata.
Chi lo ha protetto fino ad ora?
Non ci sono prove che negli ultimi anni qualcuno proteggesse Mladić, sugli anni precedenti ci sono invece forti dubbi. Anche se Tadić ha annunciato un’indagine a riguardo ho paura che sia piuttosto difficile provarlo e sarebbe molto pesante politicamente perché sembrerebbe una sorta di rivalsa nei confronti di Koštunica.
Nel febbraio 2010 furono trovati, durante un blitz per la ricerca del superlatitante, 18 diari di guerra scritti da Mladić. Come verranno utilizzati?
I diari saranno il principale capo d’accusa nel processo contro Mladić. Era un maniaco del controllo, scriveva tutto: chi incontrava e cosa gli diceva; voleva controllare non solo il proprio presente ma anche il proprio passato. E per questo Mladić sarà il principale testimone d’accusa contro se stesso.