Vanuatu riconosce l’Abkhazia, forse

Un piccolo arcipelago al largo dell’Australia, la repubblica di Vanuatu, ha riconosciuto recentemente l’indipendenza dell’Abkhazia. O forse no, perché le voci che arrivano dall’Oceano Pacifico sono contraddittorie. Per il momento però, ben più pressante per l’Abkhazia è l’elezione di un nuovo presidente, in seguito alla recente morte di Sergej Bagapsh

22/06/2011, Marilisa Lorusso -

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Port Vila, capitale del Vanuatu (Arthur Chapman/Flickr )

Lo spazio per nuovi riconoscimenti internazionali dell’Abkhazia, territorio de-facto indipendente della Georgia, si restringe di giorno in giorno, di pari passo con l’attivazione di relazioni diplomatiche internazionali della Georgia stessa. Dall’inizio del 2011 la Georgia ha stabilito relazioni diplomatiche con la Somalia (26 gennaio), con il Suriname (visita della delegazione di Tbilisi il 14 giugno), con la Mauritania (17 giugno). Su 191 Paesi membri delle Nazioni Unite, la Georgia ha così stabilito relazioni diplomatiche con 159. La diplomazia georgiana si muove a tutto campo per promuovere gli interessi georgiani a livello regionale e internazionale e va da sé che ogni nuovo Paese con cui si instaurano relazioni diplomatiche scredita l’ipotesi di riconoscimento delle regioni secessioniste. Le autorità di Sukhumi, de facto capitale dell’Abkhazia, non demordono però con una parallela ma speculare attività diplomatica, che recentemente è culminata con un rocambolesco riconoscimento.

Riconoscimenti dall’altra parte del mondo

Tutto inizia con le dichiarazioni del de facto ministro degli Esteri abkhazo Maxim Gvinjia, riportate in primis da vari organi di stampa russi, che attestavano il riconoscimento dell’Abkhazia da parte del Vanuatu, piccola Repubblica arcipelago di circa 250.000 abitanti nell’oceano Pacifico. Vi avevano fatto eco le parole del portavoce del ministero degli Esteri russo Aleksandr Lukaševič. Sembrava un riconoscimento sul modello di quello dell’isola di Nauru, cioè significativo politicamente ma irrilevante praticamente, poiché nessuna delle due repubbliche può essere partner economico per Sukhumi o ne può in qualche modo alleviare la condizione di isolamento.

Ma a rendere il quadro più complicato, il New York Times del 4 giugno pubblicava una smentita del Rappresentante Permanente all’ONU della Repubblica di Vanuatu Donald Kalpokas che dichiarava di non avere conferma del riconoscimento. L’episodio scivolava nel grottesco e si sarebbe potuto concludere con la dichiarazione del ministro degli Esteri dell’isola Alfred Carlot (filmata e postata su YouTube e successivamente pubblicata anche sul sito del governo di Vanuatu), in cui si scusava e spiegava che, poiché si trovava a Seoul, c’erano stati problemi di comunicazione con la rappresentanza all’ONU, confermava il riconoscimento e precisava che esso non è un gesto ostile contro la Georgia, che anzi veniva invitata a collaborare più attivamente con Vanuatu. In quell’occasione Carlot ha aggiunto di conoscere bene la situazione nella regione, anche per aver studiato a Mosca nel 1987.

Il 23 maggio si potrebbe considerare quindi ufficialmente il giorno in cui l’Abkhazia è per la quinta volta riconosciuta come stato indipendente. Il riconoscimento rischia però già di essere messo in dubbio dalla crisi di governo che travaglia Vanuatu. Il primo ministro ad interim ha infatti cancellato il 17 giugno il riconoscimento sostenuto dal suo predecessore. Ma la situazione resta ancora indefinita.

Le inattese elezioni anticipate

Qualche giorno dopo il 23 maggio, data che forse sarà più ricordata per il curioso decorso del riconoscimento che per il riconoscimento in sé, la vita politica abkhaza veniva scossa da un evento ben più carico di conseguenze: la morte del de facto presidente Sergej Bagapsh.

Eletto nel 2004 in contestate elezioni, ripetute nel gennaio 2005, e avendo ottenuto un prevedibile rinnovo di mandato nel 2009, Bagapsh si era conquistato la fama di uomo del compromesso. Non era “l’uomo di Mosca”, ma ha saputo concludere un accordo di spartizione di incarichi e poteri con i circoli più vicini alla Russia, tanto che il suo ultimo biennio di presidenza aveva sollevato critiche per una certa eccessiva indulgenza verso gli interessi di quest’ultima.

Le voci sul deterioramento delle condizioni di salute del sessantaduenne de facto presidente abkhazo avevano cominciato a circolare poco prima del suo ricovero in Russia. Si era parlato dell’eventualità di farlo operare in Germania, dove però gli sarebbe stato negato il visto, o in Israele. Ma a questo punto si sarebbe intromesso Nikolaj Patrushev, Segretario del Consiglio di Sicurezza della Federazione Russa ed ex direttore delle FSB, che avrebbe telefonato a Bagapsh sollecitandolo a farsi operare nella clinica n. 83 di Mosca. Qui Bagapsh è morto il 29 maggio dopo un intervento oncologico.

Ai suoi funerali di Stato ha partecipato Vladimir Putin che a Sukhumi ha incontrato due dei possibili candidati: il de facto presidente ad interim Aleksandr Ankvab, eletto alla vice-presidenza nel 2009, e Sergej Shamba, de facto primo ministro dal 2010, con alle spalle una carriera come ministro degli Esteri a Sukhumi che gli ha assicurato una certa notorietà negli ambienti diplomatici internazionali. Linea più dura per il primo, più moderata per il secondo.

Questo per quanto riguarda la possibile competizione politica all’interno della maggioranza di governo, a meno che i due non creino un tandem presidente-vice presidente (ipotesi che però Shamba ha recentemente scartato) che permetterebbe all’attuale classe dirigente di presentarsi compatta all’insegna della continuità. Una continuità che candidati che non hanno raggiunto successo in passato potrebbero voler alterare. Fra questi Raul Khadjimba, vice-presidente dimissionario nel 2008 e da allora nome di spicco dell’opposizione. Oppure Iakub Lakoba, candidatosi nel 2005 e recentemente incarcerato per aver sollevato un caso giudiziario contro finanziamenti russi che alimenterebbero la corruzione della classe politica abkhaza. O ancora Stanislav Lakoba, che dopo aver corso con Bagapsh, pur avendo assunto posizioni più defilate rispetto all’agone politico, si era mosso verso una posizione politica più vicina a Khadjimba. O ancora Beslan Butba, tycoon televisivo e già candidato nel 2009.

Chiunque compaia sulla lista dei candidati (le candidature potranno essere rese pubbliche dal 27 giugno), dovrà confrontarsi con l’eredità della presidenza Bagapsh, della guerra e della rilevanza della Russia per la Repubblica di Abkhazia. A cominciare dalla stessa scelta del giorno delle elezioni: il 26 agosto, cioè al terzo anniversario del primo riconoscimento dell’indipendenza abkhaza, appunto da parte di Mosca.

Percorsi divergenti

Tornando con la mente al 26 agosto 2008, non si può non notare il divario che si va creando fra Abkhazia e Ossezia del Sud. Riconosciute entrambe il medesimo giorno dalla Russia, erano sempre procedute parallelamente nei riconoscimenti successivi. Ma già secondo dichiarazioni rese ad aprile da rappresentanti dei due governi de facto, l’Abkhazia avrebbe ottenuto a breve tre nuovi riconoscimenti, l’Ossezia del sud uno solo. Pur nella sua assurdità, lo stesso caso Vanuatu segna una svolta in questo senso, poiché per la prima volta il binomio Abkhazia-Ossezia meridionale viene spezzato da un membro della comunità internazionale anche se, come è emerso dall’insieme della vicenda del riconoscimento, probabilmente la repubblica di Vanuatu non ha assunto questa decisione ponderando anche gli effetti secondari. Ma il fatto in sé fotografa una situazione che si va consolidando: l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud hanno storie e sono realtà diverse con prospettive che nel tempo potrebbero sempre di più divergere. Le elezioni presidenziali previste in entrambi i Paesi ne sono una riprova.

L’Abkhazia, pur con i grandi problemi di legalità che ha sperimentato e sperimenta, si sta attenendo ai propri dettami costituzionali. Le elezioni, che certo non verranno riconosciute come legittime dalla comunità internazionale (ad eccezione dei Paesi che l’hanno riconosciuta: Russia, Nicaragua, Venezuela, Nauru e Vanuatu), se si svolgeranno con la sostanziale regolarità che ha caratterizzato le presidenziali del 2009 e le parlamentari del 2007, non saranno che un’ulteriore conferma della sovranità interna della Repubblica. Ci sarebbe una sufficiente competizione politica per far supporre elementi di genuino pluralismo nelle candidature, come emerge anche dalla rapida carrellata di possibili nomi di candidati. E certo, se il quadro politico manterrà la stabilità attuale, questo fattore verrà presentato dal corpo diplomatico e dalla classe dirigente di Sukhumi come riprova di essere un soggetto politico maturo e democratico. Naturalmente, come per ogni precedente confronto elettorale organizzato dalle da facto autorità di Sukhumi, rimane il problema cruciale che il diritto di voto spetta solo agli attuali domiciliati dell’Abkhazia, escludendo quindi i georgiani che hanno dovuto abbandonare il territorio in seguito al conflitto di inizio anni Novanta e non vi hanno fatto ritorno o non si sono registrati presso le autorità di Sukhumi (circa 200.000 persone).

In ogni caso, ben diverso il quadro pre-elettorale a Tskhinvali, dove le elezioni sono previste per il novembre 2011. Il de facto presidente Eduard Kokoity è al suo secondo mandato e non può più candidarsi. A inizio maggio il “vice Ministro della Difesa” osseto Ibrahim Gasseev aveva dato via a una raccolta di firme per consentire un nuovo mandato a Kokoity. Il 16 maggio il numero di firme sottoposte alla Commissione elettorale centrale superava abbondantemente il minimo di 1000 per indire un referendum, ma la Corte suprema escludeva la costituzionalità di un referendum che consentisse l’elezione di un presidente per una terza volta. Lo stesso Kokoity si era dichiarato non favorevole a questa ipotesi. A questo punto hanno fatto irruzione nel parlamento uomini armati, vicini ai circoli del locale ministero della Difesa e della Guardia nazionale, con lo scopo di imporre un emendamento costituzionale. Aria da colpo di Stato militare, insomma. E conferma di un’area alla deriva di ordine, legalità e piena sovranità, con o senza riconoscimento.

 

(http://marilisalorusso.blogspot.com/ – il blog di Marilisa Lorusso dedicato al Caucaso del sud)

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