La Macedonia alla scoperta della green economy
Poco, ma qualcosa si muove. In Macedonia il biologico sta guadagnando sempre più spazio. Il quadro legislativo è a livello europeo e i fondi a disposizione crescono. Ciononostante molto rimane ancora da fare. Sesta parte della nostra indagine sul biologico nel sud-est Europa
Nelle economie in transizione l’idea che il biologico costituisca un settore potenzialmente di grande rilievo deriva in larga misura dal fatto che i sistemi agrari sono caratterizzati dall’uso di input tradizionali (terra, lavoro, capitale) con un utilizzo relativamente limitato di mezzi tecnici di sintesi (erbicidi, fertilizzanti, pesticidi).
Questo è vero anche in Macedonia dove le aziende agricole private, la tipologia oggi prevalente, sono per la maggior parte a conduzione familiare ed hanno una dimensione media di 2,6 ettari, con oltre il 50% che non raggiunge 1,5 ettari.
A portare avanti questa posizione (peraltro piuttosto consolidata) è anche UNEP (United Nations Environmental Programme) che all’interno di un’iniziativa sulla green economy ha individuato il biologico come settore di particolare interesse per sostenere export, lavoro e redditi in Europa Orientale e Asia Centrale.
Insieme ad IFOAM (International Federation of Organic Agriculture Movements), UNEP ha avviato uno studio per analizzare i benefici economici e ambientali che potrebbero derivare da investimenti su larga scala in attività finalizzate alla promozione di pratiche agricole sostenibili. Secondo Achim Steiner, Direttore Generale di UNEP, esistono evidenze sempre più consistenti del contributo che l’agricoltura biologica può offrire in termini di sostenibilità nella gestione delle acque, utilizzo dei suoli e conservazione della biodiversità, ma anche alla creazione di nuove opportunità di lavoro nelle aree agricole e rurali.
Il biologico si va quindi a inserire a pieno titolo tra quelle pratiche che dovrebbero favorire la transizione verso la green economy: dalle energie rinnovabili al riciclaggio, dalla riduzione dei gas serra al ripensamento dei modelli di consumo.
In Macedonia l’avvio del dibattito sul biologico risale al 2000, con i primi controlli avviati nel 2003 e il primo certificato rilasciato nel 2004, grazie a un progetto finanziato dalla Cooperazione svizzera, in collaborazione con FiBL, un istituto di ricerca sul biologico con sedi in Austria, Germania e Svizzera. Il progetto era finalizzato alla produzione di cachi bio da esportare attraverso il programma SIPPO – Swiss Import Promotion Programme.
Tabella 1. Supporto pubblico al biologico
Anno | Dinari | Euro |
2005 | 6.000.000 | 97.561 |
2006 | – | – |
2007 | 11.000.000 | 178.862 |
2008 | 36.500.000 | 598.360 |
2009 | 66.938.000 | 1.098.360 |
2010 | 70.800.000 | 1.160.656 |
Fonte: Ministero dell‘agricoltura, delle foreste e delle risorse idriche
Parallelamente a queste attività, nel 2001 è stato avviato il processo per la definizione di una legge quadro sul biologico, poi approvata nel 2004 insieme a un primo gruppo di 12 emendamenti a cui ne sono seguiti altri nel 2005 e nel 2006. L’effettiva revisione del quadro legislativo è invece avvenuta nel 2009 con l’introduzione della Legge n.146 sulla Produzione Agricola Biologica, pienamente consistente con i Regolamenti Europei 834/2007 e 889/2008.
A livello istituzionale un passaggio significativo è stato l’approvazione della Strategia Nazionale per l’Agricoltura Biologica 2008-2011 (National Strategy and Action Plan for organic agriculture in the Republic of Macedonia 2008-2011) che ha fissato importanti obiettivi per il 2011 come il raggiungimento, rispetto alla superficie agricola complessiva, del 2% a biologico e del 5% per la raccolta selvatica, l’ampliamento della gamma dei prodotti certificati e l’incremento del numero di imprese coinvolte nella loro trasformazione, il consolidamento dei canali per l’esportazione e una sensibilizzazione di massa dei consumatori locali sui valori del biologico. Tra gli obiettivi anche l’armonizzazione della legislazione nazionale con il quadro di riferimento europeo e lo sviluppo delle risorse umane e tecniche delle istituzioni coinvolte nei sistemi di accreditamento e controllo.
In termini relativi, dal 2005 ad oggi, sono cresciuti tanto il sostegno pubblico, quanto il numero di operatori e la superficie agricola a biologico: i passi avanti sono stati significativi, ma il mercato resta complessivamente poco sviluppato.
Tabella 2. Superficie ed operatori certificati
Anno | Superficie a biologico (ha) | Operatori certificati |
2005 | 266 | 50 |
2006 | 509,42 | 102 |
2007 | 714,47 | 150 |
2008 | 1029,00 | 226 |
2009 | 1373,83 | 321 |
2010 | 5228,00 | 562 |
Fonte: Ministero dell‘agricoltura, delle foreste e delle risorse idriche
Il biologico oggi conta di più nel budget destinato al settore agricolo, partendo dai nemmeno 100.000 euro del 2005, ha superato il 1.000.000 di euro nel 2009 e nel 2010, con i fondi ripartiti tra i diversi segmenti della filiera, dalla produzione alla trasformazione ed alla commercializzazione.
La superficie agricola a biologico è cresciuta in modo significativo passando dai 266 ettari del 2005 agli oltre 5000 del 2010, avvicinandosi all’obiettivo di raggiungere il 2% della superficie agricola complessiva come fissato dalla Strategia per il Biologico 2008-2011. Se in termini assoluti i risultati possono sembrare relativamente modesti, altri elementi concorrono a testimoniare la vitalità di un settore che inizia a mostrare un certo dinamismo. L’apicoltura biologica, per esempio conta oltre 15.000 colonie certificate, a rappresentare il 15% del totale delle colonie di api allevate.
Complessivamente nel 2010, gli oltre 500 produttori certificati bio hanno operato nel settore cerealicolo (grano, orzo, avena), nell’ortofrutticolo (prugne, mele, noci, mandorle, nocciole, patate), e in quello zootecnico (prevalentemente ovini e caprini). Guardando verso altri settori opportunità importanti potrebbero nascere nella trasformazione (marmellate, formaggi, infusi), rimasta fino ad ora piuttosto ai margini, e nella produzione di uva bio, considerando anche la forte vocazione vitivinicola della Macedonia.
Tra gli attori principali vanno segnalati la Federazione Macedone dei Produttori Biologici – Biosan e i due enti di certificazione accreditati: Balkan Biocert, con sede principale a Plovdiv in Bulgaria ed accreditato dal 2005, e Procert, che ha iniziato l’attività nel 2009. Biosan, che al momento raggruppa 8 associazioni locali (Valandovo, Gevgelija, Strumica, Pehčevo, Sveti Nikole, Kumanovo, Skopje e Gostivar), svolge un’importante attività di animazione e promozione dei valori del biologico sul territorio, ed offre servizi di formazione e consulenza a quei produttori che intendono avvicinarsi al settore.
Tra le attività più importanti vanno incluse anche le iniziative finalizzate allo sviluppo del mercato ed alla creazione di canali di distribuzione dedicati. Fino ad oggi lo scarso interesse dei consumatori ed il limitato sviluppo dei prodotti in termini di quantità e gamma non ha però consentito l’apertura di veri e propri negozi specializzati, con i prodotti bio che vengono commercializzati prevalentemente attraverso supermercati ed alcuni mercatini all’aperto come quelli di Bitola, Prilep, Rosoman e Skopje.
Considerando condizioni climatiche e territorio la Macedonia ha un notevole potenziale per lo sviluppo del settore bio. Il riconoscimento delle istituzioni pubbliche, mostrato anche attraverso un crescente sostegno finanziario, ha costituito un importante passo avanti, resta ora da vedere anche quali saranno le risposte dei produttori e delle associazioni nel consolidamento della filiera e nella promozione dei valori del bio tra i consumatori.