Agricoltura e aree rurali dei Balcani occidentali: stato di salute
E’ un settore cruciale dell’economia dei Balcani Occidentali. Tanto importante quanto trascurato negli anni della transizione. Un’ampia rassegna sull’agricoltura e le aree rurali di questa parte di sud est Europa
I Balcani sono caratterizzati da territori frammentati e spazi eterogenei: a città che guardano all’Europa si alternano campagne dimenticate, che spesso raccontano storie di marginalità, migrazioni, comunità lasciate a se stesse e opportunità perdute. Rurale è ancora sinonimo di arretratezza, povertà, dipendenza esclusiva dal settore agricolo e la visione romantica che contraddistingue molti Paesi europei rimane lontana. Esistono però voci fuori dal coro che raccontano di successi e di iniziative che lasciano intravedere un futuro anche per aree spesso troppo lontane dai centri della politica che conta.
Utilizzo della terra e struttura delle aziende
Terra e agricoltura sono ancora fattori importanti, con un rapporto tra superficie agricola e area complessiva che varia tra il 23% della Croazia e il 66% della Serbia. Un primo elemento che emerge, in realtà premessa necessaria per tutte le fonti statistiche legate al settore primario nei Balcani occidentali, è la mancanza di una base dati aggiornata, omogenea e comparabile. Nel caso della Croazia, dove i dati sull’utilizzo del suolo sono stati armonizzati con gli standard Eurostat, parliamo di superficie agricola utilizzata (SAU), mentre per gli altri Paesi non esiste una chiara distinzione tra l’area realmente utilizzata e quella inutilizzata.
L’abbandono dei terreni e il loro mancato utilizzo sono tra le conseguenze più comuni delle trasformazioni del settore primario nei Paesi in transizione, vuoi per i movimenti migratori verso i centri urbani, vuoi per la parcellizzazione dei terreni a seguito del processo di ‘decollettivizzazione’ avviato a inizio anni novanta. Nei Balcani i Paesi che presentano le forme più acute di abbandono e inutilizzo dei terreni agricoli sono, per motivi diversi, Albania, Bosnia Erzegovina e Kosovo. L’Albania per via di un processo di redistribuzione delle terre particolarmente complesso, causa di una grave insicurezza fondiaria che ha poi limitato lo sviluppo del mercato della terra e più in generale disincentivato possibili investitori. Bosnia Erzegovina e Kosovo a seguito dell’allontanamento forzato di intere comunità che, soprattutto nelle zone più marginali, ha portato a occupazioni illegali e mancati ritorni, e quindi alla necessità di gestire problematiche estremamente controverse.
Tabella 1. Uso del suolo nei Balcani occidentali nel 2008 (dati in .000 ettari)
Albania | Bosnia Erzegovina | Croazia | Kosovo | Macedonia | Montenegro | Serbia | EU 27 | |
Superficie totale (in .000 km2) | 28,7 | 51,2 | 56,6 | 10,9 | 25,7 | 13,8 | 77,5 | 4.325 |
Area agricola | 1.122 | 2.136 | 1.289 | 609 | 1.064 | 516 | 5.065 | 172.485 |
Seminativo utilizzato | 584 | 549 | 769 | 243 | 287 | 31 | 3093 | 104.341 |
Seminativi non utilizzati | n.d. | 438 | 86 | n.d. | 137 | 14 | 209 | – |
Colture permanenti | 123 | 100 | 342 | 6 | 36 | 16 | 301 | 59.545 |
Pascoli | 415 | 1049 | 5 | 98 | 603 | 452 | 1.423 | 12.517 |
Altro | n.d. | n.d. | n.d. | 262 | 1 | 3 | 39 | – |
Fonte: Agripolicy.net
Durante la transizione il settore agricolo ha vissuto una prolungata fase di declino in cui è venuto meno agli obiettivi commerciali e ha svolto una funzione prevalentemente sociale. Ruolo che, come testimonia la presenza di un numero elevato di piccole unità produttive orientate alla sussistenza o semi-sussistenza, ricopre ancora a vent’anni dalla dissoluzione della Jugoslavia e dalla caduta del regime in Albania. La dimensione media delle aziende agricole non supera infatti i 2 ettari (ha) in Albania, Kosovo e Macedonia, i 3 ettari in Croazia, ed è compresa tra i 3 e i 4 ettari negli altri Paesi.
Questa dinamica si riflette in una struttura duale, dove piccole unità familiari convivono con moderne realtà commerciali.
Guardando all’UE, dove l’azienda media ha una dimensione di quasi 13 ettari, le differenze principali vanno ricercate nel numero di unità oltre i 10 ettari e nella superficie agricola che queste utilizzano. In UE le aziende con oltre 10 ettari rappresentano il 10% del totale e utilizzano l’85% della superficie agricola, mentre nei Balcani solo Croazia, Montenegro e Serbia superano appena la soglia del 5% per una superficie agricola utilizzata del 52% in Croazia, del 41% in Montenegro e del 25% in Serbia (VOLK T., 2010).
Complessivamente la dimensione delle aziende agricole è ancora inferiore a quella che caratterizzava la parte mediterranea della Comunità europea (Grecia, Italia, Portogallo, Spagna) negli anni ‘70 (LAMPIETTI J. e altri, 2009).
Tabella 2. Struttura delle aziende agricole (dati al 2008)
Albania | Bosnia Erzegovina | Croazia | Kosovo | Macedonia | Montenegro | Serbia | EU 27 | |
Aziende agricole (in .000) | 357 | 515 | 1,077 | 177 | 193 | 43 | 779 | 13.633 |
Dimensione media (in ettari) | 1.2 | 3.3 | 2.4 | 1.5 | 1.7 | 3.2 | 3.7 | 12.7 |
% di aziende inferiori ai 2 ettari | 89 | 50 | 67 | 81 | 90 | 66 | 46 | 47 |
% di aziende superiori ai 10 ettari | – | 4 | 5 | 1 | 1 | 5 | 6 | 20 |
Superficie agricola occupata da aziende superiori ai 10 ettari (in %) | – | – | 52 | 10 | 13 | 41 | 25 | 85 |
Fonte: T. Volk, 2010, p.13
L’agricoltura nell’economia
Forti problemi strutturali quindi, che però non impediscono al settore agricolo, anche per le performance non eccessivamente brillanti degli altri, di mantenere un peso consistente su economia e occupazione. Se nell’UE il settore primario conta per l’1,8% del prodotto interno lordo (PIL) e occupa meno del 6% degli attivi, la situazione nei Balcani occidentali mostra rapporti decisamente diversi: in Albania il settore primario pesa rispettivamente per il 18,5% del PIL e per il 57% degli occupati; in Bosnia Erzegovina per il 9,1% ed il 20,6%; in Croazia per il 6,4% ed il 13,2%; in Macedonia per il 10,8% ed il 18,2%; in Montenegro per il 7,5% ed il 28%1; in Serbia per il 12% ed il 21,4% (dati Agripolicy.net)2. In Kosovo per il 19% e il 15% (dati al 2006), ma le stime rischiano di essere fuorvianti. Le istituzioni kosovare infatti fissano la disoccupazione ufficiale al 40%, dato che andrebbe ponderato considerando il peso dell’economia sommersa, particolarmente importante nel caso del settore agricolo (UNDP, 2011).
Inoltre, pur presentando considerevoli differenze tra Paese e Paese, la transizione dall’economia di piano all’economia di mercato è stata caratterizzata da numerose contraddizioni e inefficienze, tanto a livello strutturale quanto politico, che in molti casi non hanno favorito lo sviluppo e il consolidamento delle filiere. In questo scenario i produttori agricoli non sono stati incentivati a modernizzare, a specializzarsi e a rendere più competitivi i sistemi produttivi, e quindi per lungo tempo il settore non è stato capace di attrarre investimenti significativi.
Prodotti e produttività
Dopo il declino seguito al processo di transizione e, nel caso di alcuni Paesi, ai conflitti, i volumi e le rese delle produzioni hanno ripreso a crescere con alcune naturali oscillazioni dovute in prevalenza a fattori atmosferici.
I cereali sono la coltura principale ed occupano una quota importante dell’area a seminativi: circa il 40% in Albania, quasi il 50% in Kosovo, oltre il 50% in Bosnia Erzegovina, oltre il 60% in Croazia, Macedonia e Serbia3. Soltanto in Montenegro, dove patate e colture orticole superano rispettivamente il 30% e il 20% in termini di area seminata, i cereali occupano una posizione relativamente meno importante (circa il 20%). Accanto ai cereali le produzioni principali sono quelle orticole, oltre il 10% dell’area in Macedonia e Bosnia Erzegovina, e le colture industriali (oleaginose e barbabietola) che superano il 10% in Croazia e Serbia. Facendo invece riferimento ai volumi, emerge l’importanza della frutticoltura che occupa il 26% dell’output in Croazia, il 19% in Albania, il 16% in Serbia e il 12% in Macedonia (VOLK T., 2010).
Sebbene non siano ancora stati raggiunti i livelli dell’UE, nell’ultima decade le rese sono cresciute in modo significativo, testimoniando che tutto sommato, almeno per la parte più commerciale del settore agricolo, ci sono stati effettivi miglioramenti in termini di efficienza e tecniche di produzione.
Un discorso a parte riguarda il settore zootecnico che, nonostante stia mostrando progressi in quasi tutti i Paesi, presenta ancora debolezze strutturali in termini di legislazione, rispetto degli standard igienico-sanitari (con riferimento al quadro UE soprattutto per i sistemi di controllo) e introduzione dei sistemi di tracciabilità (identificazione e registrazione dei capi) (EUROPEAN COMMISSION, Country 2010 Progress Reports, 2010).
Complessivamente il settore è dominato dalla produzione di carne bovina e latte (VOLK T., 2010) anche se osservando i singoli Paesi emergono differenze significative rispetto a tradizioni, caratteristiche del territorio e prescrizioni alimentari legate alle credenze religiose. In questo quadro Serbia (36%), Croazia (26%) e Macedonia (16%) presentano una produzione di carne suina decisamente importante, mentre l’Albania, e anche se in misura più contenuta Bosnia Erzegovina, Kosovo e Montenegro, si caratterizzano per le produzioni ovino-caprine. La Bosnia Erzegovina presenta poi un’ulteriore diversificazione interna che riflette la divisione amministrativa seguita agli accordi di Dayton del 1995.
Scambi e bilancia agroalimentare
Elementi importanti nell’analisi dell’evoluzione del settore agricolo arrivano anche dalla struttura della bilancia commerciale. In questo senso lo stato di salute del settore può essere misurato osservando quanto materie prime e prodotti trasformati incidano su importazioni ed esportazioni. Ovviamente più elevate sono le importazioni di prodotti trasformati e le esportazioni di materie prime, tanto meno solido è il settore di un Paese. Al contrario esportare trasformati e importare materie prime è spesso sintomo di un settore sano e capace di internalizzare buona parte del valore aggiunto nel processo di trasformazione dei prodotti. Da questo punto di vista la maggior parte delle filiere mostrano debolezze strutturali e una scarsa capacità di trattenere al proprio interno il valore aggiunto.
Gli scambi sono in costante crescita sia a livello regionale sia a livello internazionale, con l’UE largamente primo partner commerciale. Tra i dati più rilevanti il peso dell’agroalimentare sull’import-export complessivo – ben oltre le medie UE (che nel 2008 si attestano al 5,7% sul totale dell’export e al 6,3% sul totale dell’import) – e la negatività della bilancia commerciale di settore, con la Serbia unico Paese a presentare un saldo positivo tra importazioni ed esportazioni.
Osservando i singoli Paesi l’agroalimentare copre meno del 10% delle importazioni soltanto in Croazia e Serbia e si avvicina, o oltrepassa anche largamente, il 15% in tutti gli altri. Il peso sulle esportazioni tende invece a convergere verso il 10% con le eccezioni di Serbia (18%), Albania (6,6%) e Bosnia Erzegovina (6,3%).
Il ritardo delle aree rurali
Nelle aree rurali a situazioni di povertà diffusa si aggiungono carenze di infrastrutture, servizi pubblici (tra cui quelli socio-sanitari e educativi) e opportunità di lavoro alternative all’impiego nel settore primario. In questo contesto è cresciuto il fenomeno migratorio, soprattutto da parte delle fasce più giovani della popolazione, sia verso le aree urbane sia verso l’estero. E come per tutte le zone rurali l’emorragia di capitale umano rischia di rendere irreversibile il declino e lo spopolamento non solo delle aree più periferiche e dei villaggi meno abitati, ma anche di quelle cittadine medio-piccole che spesso costituiscono centri nevralgici nell’erogazione di importanti servizi di base. Con il rischio della perdita di tradizioni, storia e competenze che costituiscono il frutto di secoli di interazioni e adattamenti reciproci tra l’uomo e il territorio circostante. Risorse che in molte aree dei Balcani sono già state erose (talvolta in modo consistente) dalla pianificazione socialista e dai conflitti caratterizzati dall’allontanamento forzato di intere comunità.
Tabella 3. Principali tipologie di comunità rurale nei Balcani
Comunità montane di pastori-agricoltori |
Comunità agricole di media montagna e zone collinari |
Comunità legate alle grandi aziende agricole delle pianure |
Villaggi mediterranei (zone costiere e isole) |
Fonte: PREVELAKIS G., 1997
L’economia delle comunità rurali si basa largamente sul settore primario, che nelle aree marginali è caratterizzato da problemi strutturali ancora più acuti rispetto alle aree periurbane. Nonostante queste condizioni, in termini relativi la popolazione rurale dei Balcani occidentali resta superiore a quella dei Paesi meridionali dell’UE (Grecia, Italia, Portogallo, Spagna): oltre il 46% contro il 36% (Lampietti J. e altri, 2009)
1.Nel caso del Montenegro i dati sono FAOstat: http://faostat.fao.org .
2.Dati sul Kosovo non disponibili al momento della stesura dell’articolo.
3.Medie approssimate del periodo 2000-2008 su dati Agripolicy.net .
Bibliografia
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Lampietti J., Lugg D., Van Der Celen P., Branczik A. (2009), The Changing Face of Rural Space, Agriculture and Rural Development in the Western Balkans, World Bank Publications, Washington DC.
PREVELAKIS G. (1997), I Balcani, Il Mulino, Bologna.
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VOLK T. (a cura di) (2010), Agriculture in the Western Balkan Countries, Leibniz Institute of Agricultural Development in Central and Eastern Europe, Leibniz.
Dati (fonti principali)
Agripolicy,net: http://www.europartnersearch.net/agripolicy/
Faostat: http://faostat.fao.org/