Grecia in crisi: il sì di Papandreou, il no della piazza

Ieri il parlamento di Atene ha votato a favore del piano austerità da 28 miliardi di euro, precondizione agli aiuti alla Grecia di Fondo monetario e Unione europea. In piazza Syntagma e nelle strade della capitale ellenica le proteste, i sogni infranti e i duri scontri con le forze dell’ordine. Un reportage pubblicato in contemporanea con Il Riformista

30/06/2011, Francesco Martino - Atene

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Piazza Syntagma, Atene (Flickr odysseasgr)

"Andate a casa, voi e il vostro pacchetto di austerità!". Piazza Syntagma ha una sola voce: i responsabili della crisi si nascondono dietro le mura, sorvegliate a vista da cordoni di polizia in assetto da battaglia, del parlamento che sovrasta la piazza. “Attenti, toccherà anche a voi scappare in elicottero” urla la piazza, con riferimento diretto al presidente argentino De la Rua, che nel mezzo della crisi che devastò il Paese sudamericano a inizio degli anni 2000 fu costretto ad una fuga rocambolesca dalla folla inferocita.

Syntagma ha iniziato a riempirsi fin dalle prime ore del mattino. Chi entra nella piazza viene accolto dall’odore acre dei lacrimogeni lanciati il giorno prima, che ancora impregna l’aria del centro di Atene. Quasi tutti i manifestanti portano mascherine e occhiali, segno evidente che la giornata sarà tutto meno che tranquilla. Syntagma è presidiata dagli “indignati” con il loro accampamento-presidio. Per dare il benvenuto a chi arriva ci sono succo di frutta, dolce e caffé in abbondanza.

28 miliardi di austerità

Molti sono arrivati e continuano ad arrivare da tutta la Grecia. Anch’io arrivo dopo aver viaggiato tutta la notte da Salonicco insieme ad un gruppo di cittadini autoorganizzati, decisi a far sentire la propria voce. Un viaggio lungo e rivelatore, pieno di riflessioni, voglia di partecipare e di qualche confessione. “Per troppo tempo abbiamo vissuto come in un sogno, ora il risveglio è duro”, mi dice Efi, prima di salire sull’autobus. “Se i nostri politici ci hanno portato fino a questo punto, è perché glielo abbiamo permesso. Ma adesso bisogna reagire”.

“Io vedo un elemento positivo in tutta questa storia”, mi dice Kristoforos, studente di archeologia all’Università Aristoteles di Salonicco. “La crisi ci ha fatto tornare finalmente uniti. Si è tornati a discutere, a parlare. Credo che questa sia la base su cui ricostruire la Grecia”.

Per tutta la mattina la piazza continua lentamente a riempirsi. A mezzogiorno, sotto un cielo pesante ed afoso, è ormai un brulicare di teste e bandiere al vento. Agli indignati oggi si sono aggiunti i sindacati, in grado di portare in piazza migliaia di persone, ma screditati agli occhi di molti per il comportamento ambiguo tenuto in questi mesi nei confronti del governo socialista di George Papandreou.

Oggi l’esecutivo greco affronta il primo round della sua battaglia più difficile. Il parlamento deve approvare un pacchetto di austerità per 28 miliardi di euro, precondizione ritenuta imprescindibile da Unione europea e Fondo monetario internazionale per procedere al versamento della rata da 12 miliardi che permetterà alla Grecia di non dichiarare il fallimento prima della metà di luglio. Piazza Syntagma però ha le idee chiare: il pacchetto significa scaricare tutto il peso della crisi sulle spalle dei cittadini in termini di recessione economica, aumento della disoccupazione (che, dati ufficiali alla mano, ha già superato il 15%) e tagli di servizi considerati essenziali. E quindi urla il suo no alla “politica di responsabilita’” predicata da Papandreou come unica strada percorribile.

Scontri

Verso l’una e mezza la protesta, fino ad allora dura ma pacifica, cambia volto. Su un lato della piazza giovani vestiti di nero e incappucciati inziano a scontrarsi con la polizia. Da una parte volano pezzi dell’acciottolato della piazza, dall’altra lacrimogeni. Gli scontri proseguono per alcune ore, spostandosi in varie zone della piazza e delle strade circostanti. Prima si concentrano di fronte alla facciata del parlamento. Il piano dichiarato dei manifestanti era infatti impedire fisicamente l’ingresso in aula dei parlamentari. Si spostano poi sui lati della piazza.

L’atmosfera di buona parte della piazza e delle zone circostanti diventa presto irreale. La luce filtrata dal fumo dei cassonetti dati a fuoco dai dimostranti infuriati e dai lacrimogeni getta ombre minacciose sulle strade del centro di Atene. A metà pomeriggio, arriva la notizia: il parlamento ha approvato il pacchetto austerità con 155 voti su 298 presenti. I deputati recalcitranti del Pasok, che potevano rovesciare l’esito del voto, hanno fatto tutti marcia indietro. Tutti tranne uno, immediatamente espulso dal partito da Papandreou.

La reazione è di rabbia, mista a frustrazione e paura. La sconforto di piazza Syntagma, ancora scossa da scaramucce e scontri, è direttamente proporzionale all’euforia dei mercati internazionali e alla soddisfazione dei politici europei, che danno subito una pacca sulle spalle del governo, definendo il voto “una scelta coraggiosa”.

“Speravo davvero che il voto non sarebbe passato, ma in fondo mi aspettavo che alla fine sarebbero riusciti ad andare avanti per la loro strada”, mi dice Stavros ai margini della piazza. “C’erano troppe pressioni, anche da parte internazionale. In questa storia ci sono troppi interessi da difendere, troppe banche e governi da salvaguardare. Alla fine, si e scelta la strada più scontata, far pagare tutto all’anello più debole della catena. A noi”.

“Sono in arrivo nuove tasse. Meno affari. Alla fine, con queste misure finiranno per strangolare le piccole imprese come la mia. Quelle grandi, si capisce, trovano sempre il modo di cavarsela”, sostiene il suo amico Yannis. “Finiremo per fallire tutti quanti, e allora chi ci avrà guadagnato? Chi pagherà le tasse necessarie a tenere in piedi tutta la baracca?”.

Un Paese diviso

La giornata non è però ancora finita. C’è ancora rabbia da smaltire e i deputati iniziano ad abbandonare l’edificio del parlamento. Un gruppo di una ventina di contestatori riconosce Alexandros Athanasiadis, uno dei membri del Pasok che aveva annunciato la propria contrarietà al piano austerità e che oggi ha fatto marcia indietro appoggiando il governo. Volano bottiglie e Athanasiadis se la cava solo grazie alla scorta della polizia, che lo porta in salvo.

L’atmosfera di Syntagma lascia aperte molte domande sul futuro del governo, e della Grecia in generale. Papandreou ha vinto una battaglia, ma molte altre prove lo aspettano al varco. Oggi vi saranno nuove votazioni sulle misure pratiche che accompagneranno i tagli. Domani, la gestione di un Paese diviso, spaventato, ancora deciso a resistere.

Una cosa però è chiara fin da oggi: i piani di ulteriori pacchetti di salvataggio (è in fase di studio un nuovo bailout da 110 miliardi di euro), accompagnati da una politica restrittiva di “lacrime e sangue”, non saranno mai sostenibili sul lungo periodo senza che i centri finanziari e i politici europei e greci non siano riusciti a recuperare, almeno in parte, la fiducia del popolo di piazza Syntagma.

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