Romania: è l’ora degli asini
In Romania è tristemente noto il problema della tutela dei diritti degli animali, oggi però una nuova collaborazione tra volontari animalisti e volontari umanitari ha lanciato il programma “It’s Donkey Time!” che attraverso la pet therapy aiuta orfani e anziani
Lo sapevate che il più grande branco di asini domestici in Europa dell’Est si trova in Romania? Si trova a Cernavoda. Così inizia un originale servizio mandato in onda da pochi giorni da una televisione romena.
Il servizio di ben sette minuti è dedicato al rifugio per asini maltrattati e abbandonati, gestito dall’associazione italiana, con base in Romania e dipendenti locali, Save the dogs.
Il progetto di pet therapy
La buona notizia, sul fronte animalista, è che alcune associazioni stanno lentamente ottenendo qualche piccolo risultato. Ad esempio una nuova collaborazione tra volontari animalisti e volontari umanitari è stata da poco lanciata attraverso la pet therapy fra Save the dogs e il Centro Don Orione di Voluntari (Bucarest), che si occupa di minori orfani.
Così è nato It’s Donkey Time!, il primo programma di onoterapia (terapia assistita con asini) attivato in Romania da un gruppo di associazioni no profit.
Il progetto, finanziato da Fondazione Paideia con la collaborazione del partner finlandese Friends of Homeless Dog e dell’Elizabeth Svendsen Trust, si propone di migliorare la qualità di vita dei bambini orfani del centro Don Orione, affetti da vari livelli di disabilità. Destinatari della terapia sono anche alcuni bambini provenienti dagli orfanotrofi pubblici dei dintorni e gli anziani di un ospizio.
La legge sul randagismo
Nel frattempo però da qualche mese la maggioranza governativa cerca di far approvare in Parlamento una nuova contestatissima legge sul randagismo, diversa da quella vigente, che risale solo al 2008 ed è largamente disattesa, come denunciato numerose volte dagli operatori del settore.
La sorpresa è stata finora l’impossibilità per la forte maggioranza parlamentare di approvare il testo, già rimandato alla Commissione competente due volte, prima di Pasqua e nuovamente il 7 giugno.
Manifestazioni di piazza, l’opposizione di diversi parlamentari di minoranza e le proteste internazionali hanno per ora fermato il disegno definito dagli oppositori un "massacro legalizzato", che di fatto renderebbe definitivamente legale quanto accade attualmente in maniera illegale e in una inquietante opacità, più volte denunciata dalle associazioni.
Gli scandali
I cani randagi in Romania vengono regolarmente catturati e uccisi in numerosi comuni del Paese con metodi spesso brutali. Nulla di meglio succede nei canili pubblici, considerati dei veri e propri lager. Contemporaneamente mancano campagne di sterilizzazione e campagne di responsabilizzazione ed educazione dei proprietari e manca quasi totalmente una cultura delle adozioni.
Recentemente due scandali intorno agli animali hanno sollevato nel Paese e all’estero polemiche e proteste, attirando anche l’attenzione dei media romeni e non solo.
In un caso in un canile pubblico (a Botosani, in Moldavia) è stato denunciato dagli animalisti un vero massacro: ben duecento cani sarebbero stati uccisi dagli operai della struttura. La velocità dell’operazione svolta di notte e alcune pozze di sangue viste successivamente dai volontari fanno pensare ad un metodo doloroso e cruento di uccidere i cani. La motivazione addotta dalla locale ASL era il cimurro, “peccato – si legge sul sito di Save the dogs – che solo 24 ore prima una piccola ma attivissima associazione di volontari, la ADOR, avesse visitato e fotografato gli animali, portando cibo e “prenotandone” 18 da portare nel proprio rifugio e da far adottare. Tutto inutile. Il giorno dopo, recatisi sul posto, hanno ritrovato tutti i quadrupedi chiusi in sacchi di plastica. Morti.”
I volontari dell’associazione ADOR – informa sempre Save the dogs – sostengono che alcuni dei cani avevano sul corpo chiari segni di violenza. E proprio Save the dogs da tempo denuncia una situazione analoga nel canile di Costanza, chiamato “canile della morte”.
Pochi giorni dopo un secondo scandalo è venuto alla luce: nel Delta del Danubio (una delle poche zone in Europa dove si trovano ancora branchi di cavalli selvatici) oltre settanta splendidi cavalli selvatici sono stati catturati con modalità poco chiare e trasportati in condizioni terribili verso un’ ipotetica macellazione, poi evitata. Anche in questo caso un’ambigua motivazione era stata adombrata: un’infezione pericolosa, poi riscontrata però solo su dieci cavalli.
La denuncia delle associazioni ha mobilitato la polizia rumena che ha fermato il trasporto. Quasi tutti i cavalli (tranne i dieci abbattuti perché infetti) alla fine dovrebbero essere nuovamente liberati nel Delta. Alcuni sono tuttavia morti per le ferite riportate e per le condizioni di trasporto.
In questo scenario distante dalla generale sensibilità europea, si sommano gli effetti negativi del malgoverno agli interessi del business di catture e soppressioni.
Le associazioni denunciano anche in alcuni casi rapporti ambigui fra gli amministratori pubblici e i gestori delle strutture incriminate di abusi e disservizi.
La Romania, si potrebbe parafrasare, non è un Paese per animali: maltrattamenti e abusi sono ancora molto diffusi e tollerati dalla polizia e dalle autorità. Tuttavia dalle proteste e riflessioni che girano nel mondo delle associazioni, emerge un senso di inadeguatezza per un Paese distante dai valori europei nella tutela degli animali e molti (fra cui la presidente di Save the dogs, l’italiana Sara Turetta) invocano una moral suasion europea.