Kosovo, i rifiuti non possono più aspettare

Discariche abusive, servizi raccolta inefficienti, caos legislativo e riforme che tardano. In Kosovo la gestione dei rifiuti è deficitaria, insostenibile sul lungo periodo e lontana da standard accettabili. Sullo sfondo, lo scontro tra governo e municipalità per il controllo delle risorse e lo scarso sostegno della comunità internazionale

27/07/2011, Francesco Gradari -

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Nemo's great uncle/flickr

Nel solo territorio del comune di Deçani/Dečani (Kosovo occidentale) esistono 78 discariche abusive di rifiuti solidi urbani, pari a una superficie di circa 222.000 metri quadrati. L’inquietante dato, reso noto due mesi fa dalle stesse autorità comunali, è il risultato di un rilevamento condotto a inizio 2011. Ed è purtroppo rappresentativo della situazione deficitaria in cui versa il settore della gestione dei rifiuti non solo nell’area in questione, ma in tutto il Kosovo.

Rifiuti e sensibilità ambientale

Girando per il Paese è facile rendersi conto di come in ogni municipalità siano presenti depositi illegali di rifiuti ai bordi di strade e fiumi, così come all’interno di case abbandonate, a volte in pieno centro città. Questo fenomeno, associato alla prassi comune di bruciare la spazzatura dentro e fuori i cassonetti, è indice della scarsa consapevolezza ambientale che caratterizza le abitudini di vita della popolazione.

Sin dall’epoca jugoslava sono mancate in Kosovo azioni significative volte a proteggere le risorse naturali. La transizione post-bellica ha assicurato al Paese una Strategia e un Piano d’Azione Nazionale sull’Ambiente (scaduti entrambi nel 2010), ma ciò non si è tradotto in interventi organici e in un reale cambiamento nel sistema di gestione dei rifiuti.

Non si fa di meglio dal punto di vista educativo. L’educazione ambientale rimane ancora fuori dai programmi scolastici a tutti i livelli d’istruzione. Dal 1999 in poi, diverse organizzazioni internazionali hanno dato vita a campagne di sensibilizzazione ambientale della popolazione, anche sul tema di un corretto approccio allo smaltimento dei rifiuti urbani. Molte di esse si sono tuttavia rivelate fallimentari perché non accompagnate da un reale miglioramento del servizio di raccolta offerto a livello locale.

Ad oggi inoltre esiste un forte divario nella fornitura del servizio di raccolta dei rifiuti tra città e campagna: il 90% della popolazione urbana è coperto dal servizio, a fronte di un irrisorio 10% di cittadini residenti in aree rurali.

La raccolta differenziata infine non viene portata avanti in alcun comune del Paese, fatta eccezione per qualche tentativo sperimentale, e sinora non troppo fortunato, avviato nella capitale Pristina. Esperienze significative e sostenibili di riciclaggio di materiali come plastica, vetro e carta si contano sulle dita di una mano.

Caos legislativo

Il quadro legislativo attualmente in vigore in materia ha prodotto un’inefficace e ambigua ripartizione delle responsabilità tra governo ed enti locali. Nel 2005 il Paese si è dotato di una Legge sui Rifiuti, primo passo verso un avvicinamento agli standard europei. Il settore è stato strutturato in sette Aziende pubbliche regionali responsabili della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti nelle diverse aree del Paese. Operano attraverso unità presenti nelle singole municipalità, responsabili della riscossione di tasse e tariffe sui rifiuti. Queste ultime sono però stabilite dall’Ufficio centrale di regolamentazione sull’acqua e i rifiuti, con sede a Pristina. Infine le funzioni di ispezione in caso di mancati pagamenti da parte di famiglie, privati e istituzioni sono a carico dei singoli comuni.

In questo modo le gestione del settore è stata suddivisa tra troppi e diversi livelli di amministrazione (governo centrale, aziende regionali e singoli comuni). Ciò si è tradotto in un disincentivo per le autorità municipali ad assumersi le proprie responsabilità e a investire fattivamente in un settore che non controllano appieno.

Il risultato è che meno del 50% degli utenti del servizio di raccolta e smaltimento paga la bolletta dei rifiuti e quasi nessun comune si è dotato di piani e regolamenti locali sulla gestione dei rifiuti urbani.

La Legge sui Rifiuti appare inoltre incompatibile con la Legge sul Governo Locale adottata dal Parlamento nel 2008. Quest’ultima affida infatti alle municipalità pieni ed esclusivi poteri in materia di servizi pubblici di base, inclusa la gestione dei rifiuti.

Una nuova legge, accompagnata da una Strategia e da un Piano d’Azione Nazionale sulla Gestione dei rifiuti, è in fase di preparazione da parte dell’esecutivo sin dal 2009. Sulla riforma del settore, che dovrebbe prevedere un’incisiva decentralizzazione dei poteri a favore dei comuni e un’ulteriore avvicinamento alle pratiche europee, si sta però da mesi consumando uno scontro tra governo ed enti locali. La posta in gioco riguarda soprattutto il controllo dei finanziamenti che arriveranno da Bruxelles per il miglioramento delle infrastrutture di raccolta e di smaltimento.

A rimetterci sono però i cittadini. Secondo SIDA (Swedish International Development Cooperation Agency), nonostante il bassissimo livello di industrializzazione il Kosovo è uno dei Paesi più inquinati d’Europa (Report on Environment 2009). Bassa qualità dell’aria, pessimo livello di trattamento delle acque nere e cattiva gestione dei rifiuti, in particolare lo smaltimento di quelli pericolosi, sono tra i maggiori responsabili di questa situazione poco invidiabile. Proprio per questo motivo, questi sono i settori maggiormente bisognosi di sostegno esterno.

Interventi esterni

L’UE concentra i propri sforzi in due direzioni principali: sviluppo delle infrastrutture per lo smaltimento e formazione delle autorità centrali. Nel primo caso, l’investimento maggiore ha riguardato un programma di messa in sicurezza delle discariche abusive temporanee sorte dopo il 1999. Nel secondo (ancora in corso), l’obiettivo è il rafforzamento degli attori pubblici attraverso programmi di assistenza tecnica e twinning con esperti di settore provenienti dai Paesi membri.

Sul versante italiano, dopo una fase iniziale di consistenti investimenti, la Cooperazione Italiana non ritiene oggi il settore dei rifiuti un ambito prioritario d’intervento nel Paese. Nell’immediato dopoguerra aveva promosso tramite l’ong COOPI un vasto progetto nella regione occidentale del Paese che ha portato, fra altre cose, alla costruzione della discarica regionale di Sferke (Peja/Peć), ancora oggi in funzione. Più recentemente, uno studio preliminare condotto in materia di gestione dei rifiuti e delle acque è rimasto lettera morta a causa del pesante taglio di fondi per la cooperazione.

Più attivo invece, il governo svedese. Attraverso SIDA e l’organizzazione internazionale REC (Regional Environmental Center for Central and Eastern Europe) Stoccolma sta promuovendo l’adozione, da parte dei comuni, di Piani Ambientali Locali partecipati e l’inserimento nei programmi scolastici dell’educazione ambientale attraverso la promozione di un resource toolkit chiamato “Green Pack. Sia i Piani Ambientali che il Green Pack contengono sezioni ad hoc sulla gestione dei rifiuti.

Nel complesso, le risorse finora messe in campo dal governo del Kosovo e dalla comunità internazionale sembrano essere comunque insufficienti e sbilanciate per affrontare le molteplici urgenze del settore. Il Ministero dell’Ambiente detiene il non invidiabile primato di avere il budget più ridotto tra tutti i dicasteri del paese. L’UE attende l’approvazione della riforma da parte del Parlamento prima di sbloccare un più ampio e strutturato programma di aiuti al settore.

Inoltre, gli investimenti effettuati sinora hanno nettamente privilegiato le infrastrutture per lo smaltimento e la formazione delle autorità centrali a scapito di infrastrutture per la raccolta (es. automezzi, isole ecologiche) e dell’accompagnamento delle aziende addette alla raccolta e smaltimento dei rifiuti nelle singole municipalità. Conseguentemente, queste ultime sono oggi costrette a lavorare in condizioni estremamente precarie da un punto di vista tecnico e manageriale.

Infine, è evidente che il corretto funzionamento del sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti nei comuni rappresenta una pre-condizione per qualsiasi intervento di promozione turistica del territorio.  

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