L’Armenia in attesa di elezioni

Nonostante la legislatura appaia ancora solida, l’emergere dell’opposizione extraparlamentare guidata dall’ex Presidente Ter-Petrosyan ha prodotto una generale aspettativa di rinnovamento e di elezioni anticipate. L’attuale scenario politico di un’Armenia distratta dal turismo, ma nella morsa della crisi economica

09/08/2011, Marilisa Lorusso - Yerevan

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Yerevan, stazione della metro (Ibàn/flickr)

In vent’anni di indipendenza l’Armenia ha sempre avuto un ciclo elettorale regolare, con l’unica eccezione delle elezioni presidenziali anticipate del 1998, quando l’allora presidente Levon Ter-Petrosyan si dimise. Ora le prossime elezioni parlamentari dovrebbero tenersi nella primavera 2012, mentre quelle presidenziali nel 2013. Ciononostante il Paese sembra già catapultato in fase pre-elettorale, e da un po’ si fanno insistenti le voci su elezioni anticipate.

Una nuova legislatura?

Le legislature armene hanno durata quinquennale. Nel 2007 la coalizione di maggioranza, formata dal partito del Presidente, dal partito Repubblicano, dal partito Armenia Prospera e dalla Federazione Rivoluzionaria Armena (non effettivo membro della coalizione, ma legata da un accordo di cooperazione) si erano assicurati la maggioranza assoluta, con un totale di 95 seggi su 131. Nessun problema di potenziale ingovernabilità o bisogno di ricorrere al sostegno esterno degli altri partiti entrati in Parlamento – il partito dell’Eredità e lo Stato della Legge – a maggior ragione perché il segretario di quest’ultimo, Artur Baghdasaryan, ha riconosciuto come legittima l’elezione a Presidente del Paese di Serzh Sargsyan ed ha assunto un incarico di governo, come membro del Consiglio Nazionale di Sicurezza. Una stabilità che non è stata minata nemmeno dal venir meno del sostegno della Federazione Rivoluzionaria Armena alla coalizione, nel 2009. Il partito Eredità rappresenta l’unica opposizione parlamentare, con sette seggi.

Yerevan, la sede del governo (Foto 517 design, Flickr)

Yerevan, la sede del governo (Foto 517 design, Flickr)

Il successo del partito Repubblicano aveva spianato la strada all’elezione a Presidente di Serzh Sargsyan, e la cooperazione tra esecutivo e legislativo è stata positiva. Il rapporto fra istituzioni nel Paese non conosce increspature e non si intravedono motivi intrinseci, legati a fattori di crisi politica avanzata o malfunzionamenti istituzionali, che giustifichino le insistenti voci di elezioni anticipate.

Fuori dal Parlamento

Con le elezioni politiche del 2008, però, un altro attore politico si è affacciato nelle piazze di Yerevan: il Congresso Nazionale Armeno (CNA) dell’ex presidente Levon Ter-Petrosyan. Il CNA si pone in netto contrasto rispetto al governo, è in pessimi rapporti con la Federazione Rivoluzionaria Armena, che era stata bandita dall’agone politico da Ter-Petrosyan durante la sua presidenza e, dopo una fase di sostegno, ha rotto anche con l’Eredità. Stando ai dati ufficiali, Ter-Petrosyan aveva ottenuto il 21% dei voti alle presidenziali del 2008, ma è improbabile che il suo partito abbia un così ampio consenso. Ciononostante, forte della capacità di mobilitazione e delle manifestazioni di primavera, sull’onda di quelle in nord Africa, il partito è riuscito a imporre la propria agenda sul tavolo di negoziazione con il governo e ne è diventato, di fatto, la controparte.

Questa situazione è stata in qualche modo ufficializzata con la creazione di un working group composto da parlamentari dei partiti di maggioranza e membri del CNA. Quest’ultimo aveva sollecitato un processo di questo tipo, ma con membri del governo. Si sono finora tenuti due incontri, uno a giugno e l’ultimo il 26 luglio, durante il quale si sarebbe parlato anche di elezioni anticipate.

Le altre forze di opposizione, tuttavia, non ci stanno a scomparire nell’ombra del CNA: il leader storico dell’Eredità, Raffi Hovannisyan, ha fatto a primavera uno sciopero della fame per la libertà, tramite il quale ha costretto le principali figure politiche a recarsi da lui e confrontarsi sui nodi politici sollevati dal suo partito, mentre la Federazione Rivoluzionaria Armena si dichiara scettica verso qualsiasi forma di dialogo con l’opposizione extra-parlamentare.

Cui prodest?

Perché un parlamento e un ufficio di presidenza stabili, che hanno attivato un confronto pacifico anche con l’opposizione radicale, dovrebbero cedere alle pressioni che li porterebbero alle dimissioni? Karen Karapetyan, dell’ufficio della presidenza della Repubblica, ha infatti smentito questa ipotesi in un’intervista, a giugno. Ed è assai improbabile che l’oggetto del contendere siano le elezioni presidenziali, per quanto sia Levon Ter-Petrosyan che Raffi Hovannisyan non abbiano mai riconosciuto Sargsyan come presidente legittimamente eletto. Ma le elezioni parlamentari potrebbero aprire scenari differenti.

Per il CNA sono l’occasione per istituzionalizzarsi come forza politica di opposizione, cercando di capitalizzare il più possibile il dissenso verso l’attuale leadership. L’Eredità ha consolidato durante questa legislatura la propria posizione, e Raffi Hovannisyan si sente piuttosto certo di poter allargare il proprio consenso, magari coinvolgendo le forze dell’associazionismo del Paese e includendo nel programma di partito le istanze della società civile che rimangono spesso non rappresentate. I partiti che non hanno superato la soglia di sbarramento nel 2007 vedono ovviamente in una nuova tornata elettorale l’occasione per rifarsi. Ma per i partiti di governo?

Un compromesso per il Karabakh

Ipotizzando di mantenere la maggioranza, un parlamento più rappresentativo offrirebbe dei vantaggi. Per esempio abbasserebbe la potenziale tensione con l’opposizione radicale, che ora siede al tavolo negoziale, ma che è prona a usare la carta della piazza e degli ultimatum. In caso di scelte dolorose, come la presentazione alla società civile di un compromesso sulla questione del Karabakh, un dibattimento parlamentare con tutte le principali forze del Paese coinvolte garantirebbe forse una minore potenziale mobilitazione nonché una maggiore ripartizione di responsabilità. Con elezioni genuinamente democratiche Sargsyan si guadagnerebbe consenso e legittimità, prendendo ulteriormente le distanze – se non gettando discredito – da Robert Kocharian, suo predecessore e autore della repressione post-elettorale nel 2008, nonché ora suo possibile contendente politico.

Alzando lo sguardo, si nota che in Russia, nello stesso periodo delle “regolari” elezioni parlamentari armene, ci saranno le presidenziali. Qualcuno ha fatto notare che un certo nervosismo circola nei paesi CSI su cosa potrebbero rappresentare, e si vocifera che i recenti stravolgimenti di calendario elettorale in Kazakhstan sarebbero stati orchestrati dall’astuto presidente Nursultan Nazarbayev per mettere al sicuro il proprio rinnovo indipendentemente da quel che succederà a Mosca.

Uno scenario pre-elettorale

Una serie di motivi validi non implicano necessariamente elezioni anticipate. E’ uno scenario possibile, ma tutto da confermare. Quel che invece è certo è che l’aspettativa che si è creata ha contribuito a anticipare i toni da campagna elettorale. Se le elezioni saranno a primavera, sarà un periodo pre-elettorale di fatto lunghissimo.

I partiti sembrano già aver tratteggiato le proprie strategie. Continuità, pur con piglio riformista per i partiti di governo, che si fanno garanti di ordine e stabilità. Lotta dura ma ponderando bene i propri margini d’azione – e di supporto – per il CNA, che si propone come forza di rinnovamento, ma che in verità ruota intorno a un uomo del passato, il navigato primo Presidente post indipendenza, Ter-Petrosyan. Democrazia dalla base per l’Eredità: Hovannisyan incontra gli elettori ogni settimana in piazza. Niente comizi, semplicemente lui c’è, parla e ascolta, si vota per alzata di mano qualche mozione, ci si fa conoscere e si cerca di capire cosa cercano gli elettori. E poi altrettanto fuori Yerevan. Già, perché una cosa è la vita politica nella capitale, un’altra nel resto del Paese. I partiti di centro sinistra (Hunchakyan, Partito democratico di Armenia) hanno indetto a luglio un congresso unificato per presentare la piattaforma social-democratica. La Federazione Rivoluzionaria Armena terrà certo fede alle proprie posizioni tradizionali, radicali per quanto riguarda le questioni Karabakh e rapporti con la Turchia.

La crisi economica

Fino alla fine dell’estate, Yerevan sarà distratta dal turismo, dalla diaspora di passaggio e dalla bolla finanziaria di questi non cittadini che la popolano e la arricchiscono. Al calare delle torride temperature estive rimarrà la realtà di un’economia schizofrenica, fatta di prezzi elevati e bassissimi salari. E forse la crisi politica arriverà proprio da questa schizofrenia.

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