Bosnia: cosa vuole la Republika Srpska?
Negli ultimi mesi la Republika Srpska ha nuovamente minacciato lo spettro della secessione. Un obiettivo difficilmente raggiungibile. Ciononostante in un recente rapporto dell’ICG, si sottolinea come non si possa non scendere a patti con la leadership della RS. Pena la rimessa in discussione del processo di pace dell’area. Abbiamo tradotto l’introduzione del rapporto
Il referendum indetto nel giugno 2011 dalla Republika Srpska (RS) sulla Corte e la Procura della Bosnia Erzegovina (BiH), rappresenta un monito da non sottovalutare, poiché teso a minacciare la stabilità non solo della BiH, ma dell’intera area balcanica. È alquanto improbabile che la RS chiederà la secessione, tanto meno che i bosniaci proveranno a sopprimere l’entità regionale, però è altrettanto vero che se i leader serbi continueranno ad esacerbare gli animi di Sarajevo, come del resto hanno continuato a fare fino ad adesso, esiste la concreta possibilità che la situazione degeneri.
L’abilità dei massimi rappresentanti bosniaci, sommata alla pazienza mostrata dalla loro popolazione, è sufficiente che vada persa una volta soltanto affinché la violenza possa prendere il sopravvento. Sul lungo termine, la determinazione della RS nel voler limitare la BiH a poco più di un ruolo di coordinamento tra le due parti potrebbe svuotare di ogni autorità l’intera nazione, con ripercussioni che andrebbero a ledere la stessa RS. Come se ciò non bastasse, la RS è già segnata da problemi al suo interno, più nello specifico da una sorta di impunità che sembra interessare la propria élite, sia politica sia economica, oltre che da un imperituro ricordo delle atrocità di guerra. La sua leadership, e più nella fattispecie il suo presidente Milorad Dodik, deve raggiungere al più presto un compromesso con Sarajevo per quanto concerne l’effettivo funzionamento dello stato, oltre che attivare al più presto una serie di riforme a livello regionale.
La RS ha minacciato di indire un referendum all’inizio del 2011 che avrebbe potuto fungere da supporto per una fuoriuscita serba dalle istituzioni bosniache e riportare così la BiH sull’orlo di un nuovo conflitto. Il rapporto si è disteso a giugno grazie all’intervento dell’Unione Europea (UE), che ha offerto la possibilità di un dialogo relativamente al sistema giudiziario bosniaco, la cui riforma era stata richiesta dalla RS. I maggiori esponenti bosniaci si erano perciò seduti attorno ad un tavolo e iniziarono a rivedere il complesso sistema giudiziario del paese, tenendo bene a bada come riferimento le direttive previste dall’UE in ambito di diritti e obblighi giuridici (acquis comunitario). Il processo si prevede lungo e alquanto minuzioso, ma la RS potrà ottenere sostanziali modifiche soltanto lavorando congiuntamente all’Assemblea Parlamentare e alla Corte Costituzionale della BiH.
Da sempre la RS ha creato grossi grattacapi alla Comunità Internazionale. Se potesse disporre dell’opportunità di autodeterminare il proprio destino, con ogni probabilità la RS opterebbe per l’indipendenza, ma questa è una soluzione inaccettabile sia per il resto della BiH sia per la Comunità Internazionale. La RS è troppo debole per raggiungere l’indipendenza con le sole proprie forze e non otterrebbe comunque il riconoscimento internazionale per diventare un’entità nazionale. I suoi leader, inoltre, rifiutano molti dei progetti internazionali volti alla formazione di uno stato che hanno conferito alla Bosnia la sua attuale struttura amministrativa. Alcuni osservatori bosniaci e internazionali credono che un riconoscimento internazionale darebbe l’impulso alla RS di preparare un colpo di stato, mentre altri osservatori internazionali, oltre a quelli serbi, sostengono che degli interventi internazionali non permetterebbero alla RS di uscire da una mentalità tipica di chi si trova a vivere asserragliato in un bunker. La risposta dell’UE, supportata tra gli altri anche dagli Stati Uniti, alle sfide politiche e legali che la RS ha posto in essere a giugno offre un’alternativa non coercitiva dalla quale sarà difficile sfuggire per entrambe le parti.
Sia i bosniaci, sia i croati, oltre che la comunità internazionale, non hanno altra scelta se non quella di scendere a patti con i massimi rappresentanti della RS, e più in particolare con il suo presidente Dodik. Si tratta del leader più populista e ostile ai compromessi che la RS abbia avuto in questi ultimi anni, ma lui e il suo partito possono godere di un notevole supporto all’interno della repubblica. L’opposizione, dal canto suo, ha fatto meglio di quanto ci si sarebbe potuti aspettare nelle elezioni di ottobre 2010, specialmente per quanto concerne la posizione dei serbi all’interno della presidenza della BiH, ma il partito dell’Alleanza dei Social-Democratici Indipendenti (Savez nezavisnih socijaldemokrata, SNSD) controlla il governo e la presidenza della RS, così come anche l’Assemblea Nazionale (Republika Srpska National Assembly, RSNA). Nazionalismo e protezione della RS rimangono i punti fermi del loro programma.
La RS è divisa in 2 parti, una occidentale e un’altra orientale. La SNSD appare senza rivali nella sezione occidentale, quella più influente sia politicamente sia economicamente, avendo il diretto controllo di ogni municipalità, oppure in coalizione con qualche partito minore, e al contempo sta acquistando sempre più consensi anche nella porzione orientale, tradizionale roccaforte del Partito Democratico Serbo (Srpska demokratska stranka, SDS). Il governo di Dodik possiede carta bianca su tutte le questioni relative al bilancio, così come per la gran parte degli investimenti diretti verso est. Molte delle municipalità orientali, specialmente quelle in mano all’opposizione, si sentono penalizzate e stanno lentamente iniziando a cercare una maggiore decentralizzazione politica ed economica, ma ciò significherebbe compiere un passo all’indietro nell’ottica di proteggere la RS nella sua interezza.
La corruzione e un debole apparato giudiziario minacciano poi la crescita economica. La RS, come il resto della Bosnia, sta riemergendo soltanto ora, anche se assai lentamente, dalla recessione derivante dalla crisi finanziaria globale. La privatizzazione della RS Telecom e di una raffineria petrolifera hanno portato molti soldi tra il 2006 e il 2008, illudendo il paese di essere diventato benestante. Ma questi fondi hanno inciso in misura minima nella crescita, e il recente inasprimento fiscale e i previsti tagli sulla spesa sociale potrebbero generare molta insoddisfazione tra la gente.
Molti serbi temono di doversi accollare tutte le responsabilità della guerra combattuta tra il 1992 e il 1995, in quanto accusati di essere gli invasori e gli aggressori. La stragrande maggioranza delle vittime di guerra erano civili bosniaci, che hanno subito una brutale pulizia etnica e, ancora più in maniera orribile e rilevante, l’omicidio di massa di Srebrenica. Ma questa è una paura senza fondamento. Piuttosto, coloro che sono a capo oggi della RS dovrebbero ammettere le responsabilità dei loro leader al tempo di guerra e allo stesso tempo moltiplicare i loro sforzi per giungere a una riconciliazione tra le parti, così come diventare autorità maggiormente rispettabili e credibili all’interno del quadro bosniaco.