Bijela, il canyon nascosto
Alla scoperta di uno dei gioielli meno reclamizzati della Bosnia Erzegovina. Il canyon scavato dal fiume Bijela, un tesoro non facile da scoprire. Per farlo, occorre partire per un vero e proprio "viaggio al centro della terra". E’ Massimo Moratti, indossati i panni dei personaggi di Jules Verne, ad accompagnarci
Il canyon di Bijela è stato a lungo uno dei segreti naturalistici della Bosnia Erzegovina. La Bijela è un fiume, a tratti sotterraneo, che sfocia nella Neretva poco prima di Mostar. Scende dal Prenj, il massiccio che separa Konjic da Mostar, perdendosi poi nei meandri della montagna e scavando un canyon che è una piccola gemma nella corona del Prenj. Effettuare la sua discesa è un piacere riservato a pochi eletti, data la posizione appartata e l’accesso decisamente impervio. Fu solo nel 2002 che un primo gruppo di alpinisti, Ernad Ibrahimović, Edin Durmo e Zdena Marić, assieme al documentarista Dinno Kassalo, si calarono per la prima volta nel canyon, allo scopo di girare il documentario “Tri Bijele”, sui 3 fiumi che scendono dal Prenj e si chiamano tutti e tre Bijela….
Per aspera ad astra…
Raggiungere il canyon non è facile. Sembra quasi che esso abbia deliberatamente nascosto la sua presenza, allo scopo di scoraggiare gli intrusi. La valle della Bijela è una delle tante vallate laterali che scendono dal Prenj verso la Neretva, percorse, di quando in quando, da qualche stradina anonima. Solo una volta addentratisi nella valle ci si accorge dei suoi tesori. Prima di raggiungere il sentiero vero e proprio però bisogna risalire il letto di un fiume, una sorta di deserto. In questo tratto la traccia si perde facilmente tra gli arbusti e la bassa vegetazione, senza dimenticare che, quando il sole erzegovese dà il meglio di sé, sottopone ulteriormente a dura prova la volontà degli escursionisti. Una volta superata questa difficoltà iniziale, però, il Prenj inizia a ricompensare della fatica.
Ci si addentra in un bosco di carpini, percorrendo un sentiero in ombra e ben marcato, in leggera salita. La camminata è decisamente piacevole e non priva di spunti interessanti, come delle conformazioni rocciose particolarissime, lunghe un centinaio di metri, che fungono da volta naturale al sentiero: il posto ideale per un bivacco improvvisato. Passata la volta naturale, si scorgono qua e là tracce di ruderi e abitazioni quasi completamente inghiottiti dalla foresta, fino a ravvisare un minuscolo cimitero, risalente agli anni ’50, dove sono sepolti alcuni degli abitanti delle case incrociate in precedenza.
La zona è ora totalmente disabitata, ma i ruderi e il minuscolo cimitero offrono una sensazione quasi mistica… riesce difficile immaginare la vita degli abitanti di questa valle, così isolata e distante dalla civiltà, ma questa è una delle caratteristiche ricorrenti dei Balcani. Man mano che ci si inoltra nel Prenj, l’equilibrio tra civilizzazione e montagna propende sempre più a favore di quest’ultima e il Prenj si riprende poco a poco ciò che la civilizzazione gli aveva sottratto. Il ponticello sulla Bijela è pressoché inesistente, tanto da rendere necessario il guado del fiume prima di raggiungere una radura, contraddistinta dai resti di un capanno annerito dal fumo. È questo il punto di partenza del canyon. Si comincia a fare sul serio e ci si equipaggia per la discesa nel canyon….
La discesa
Muta, imbraghi, caschi, discensori e via lungo il sentiero appena visibile che continua ad addentrarsi nel Prenj. Occorre un occhio allenato per capire quando abbandonare il sentiero e iniziare a cercare il punto dove scendere nel canyon. Una volta lasciata la traccia inizia la discesa. Il percorso è ripido e non mancano le sorprese: quando si raggiunge il letto del fiume è estremamente facile imbattersi nelle vipere cornute. Giunti all’imbocco del canyon la Bijela si inabissa all’improvviso con un salto di alcuni metri.
Una corda doppia attorno ad un masso e si scende nel canyon, bilanciandosi tra un paio di massi strapiombanti. La rigogliosa foresta erzegovese è presto un ricordo. Siamo in fondo alla gola, due pareti altissime limitano la nostra visuale e la luce comincia a scarseggiare. Le pareti di roccia, scavate dall’acqua, disegnano forme affascinanti. Il canyon è più largo alla base e più stretto in cima… Il cielo è ridotto ad una lontana striscia di luce brillante, interrotta di tanto in tanto da qualche masso incastratosi tra le pareti. La Bijela, a volte impetuosa, a volte quasi in secca, scorre tra mille rivoli. L’ambiente è surreale, ci si fa largo tra i massi caduti, e seguendo il corso del fiume in alcuni punti il canyon si allarga a sufficienza per far filtrare la luce e permettere la crescita di una stentata vegetazione. Questo è solo il preludio al tratto finale, quello maggiormente spettacolare.
La sensazione è quella di compiere un viaggio al centro della Terra. All’improvviso il canyon si restringe e sprofonda ulteriormente di fronte ai nostri occhi, c’è un salto di una quindicina di metri, letteralmente un salto nel buio, poiché le pareti sono talmente vicine da far filtrare pochissima luce. In questo punto la Bijela, salvo in periodi particolarmente siccitosi, forma una cascata. È necessaria un’altra calata, giusto a fianco del salto d’acqua. La discesa è agevole soltanto nella sua prima parte, poiché il laghetto formato dall’acqua della cascata è molto profondo. Ad un certo punto è necessario fare un pendolo e attraversare la cascata, mentre si è appesi alla corda con l’acqua che ci batte sulla testa. La discesa termina quindi sul lato opposto a dove la si è iniziata. In questo tratto il canyon è leggermente più largo, gran parte della sua superficie è occupata dal laghetto formato dalla cascata, e l’azione dell’acqua, combinata alle correnti d’aria e l’assenza di luce, contribuiscono a raffreddare notevolmente la temperatura. In questo punto, quando il sole è sulla verticale, i suoi raggi creano dei fantastici giochi di luce con le pareti del canyon.
La luce in fondo al tunnel
Dopo la cascata e il laghetto, la gola si restringe. In alcuni punti, allargando le braccia, si riescono a toccare entrambe le pareti. Qui il canyon è molto profondo e a malapena si riesce a scorgere il cielo. Si avanza nel buio pressoché totale, ma il percorso è agevole e non presenta difficoltà particolari. Manca poco: le due pareti si allargano, la luce si fa largo e in un attimo si è fuori dal canyon, a godersi il tepore delle rocce e la frescura della Bijela. Ci si gira ancora una volta a guardare il canyon, che è scomparso senza troppe cerimonie, e poi si continua a scendere lungo la Bijela. Dopo circa duecento metri, ci si ritrova al punto di partenza, al ponticello e ai resti del capanno. Eccoci qui, ritornati dal nostro viaggio al centro della Terra.