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Kosovo: pensieri ovvii sulla nota a margine
Dopo l’accordo tra Belgrado e Pristina, con la mediazione dell’UE, siglato il 24 febbraio scorso, il Kosovo potrà essere rappresentato nei summit regionali e potrà siglare accordi commerciali con Paesi terzi. Ad una condizione però: il nome dovrà essere seguito da un asterisco che rimanda ad una nota a piè pagina. Il significato di questo asterisco nel commento di Andrea Lorenzo Capussela
Le economie dei Balcani sono piccole e non possono prosperare se non sono aperte al mondo e ben integrate tra loro. Questo è in particolar modo vero per il Kosovo, il cui mercato interno può contare su meno di 2 milioni di persone: il Kosovo sarà in grado di attirare investimenti se i suoi prodotti potranno accedere al mercato regionale, e può entrare a far parte di catene di produzione regionali. Quindi, vi è una relazione tra commercio regionale e integrazione economica, investimenti, posti di lavoro e standard di vita.
“L’accordo sulla nota a margine” assicura ora al Kosovo la partecipazione al commercio regionale e alla cooperazione economica. Questo è quanto vi è scritto nell’accordo, e a mio avviso è l’unica cosa che veramente conti.
Catherine Ashton lo ha definito un accordo “storico”. E’ un’iperbole, perché la “nota a margine” lascia tutti i problemi principali ancora aperti: nessun riconoscimento da parte di Serbia, Russia e dei 5 dissidenti in seno all’UE: la questione del Nord; l’elettricità, i telefoni…. la si può guardare in questo modo: se una nota a margine potesse rappresentare la soluzione, il problema da risolvere non era evidentemente troppo grande.
Ma quest’accordo è comunque più importante di quanto emerga. In primo luogo, non si tratta solo di accettare di partecipare a degli incontri: il punto cruciale (paragrafo 5) implica che il Kosovo potrà firmare accordi di cooperazione regionale. L’evoluzione del CEFTA (Accordo di libero scambio centro-europeo) e la sottoscrizione di un accordo sui trasporti, ad esempio, erano bloccati dal 2008 a causa del Kosovo: adesso si potrà procedere, con beneficio per l’intera regione.
L’accordo è inoltre importante perché fa intendere che l’UE e gli Stati Uniti sono finalmente allineati su politiche che vanno a vantaggio sia del Kosovo che della stabilità regionale, e perché in quest’atmosfera più costruttiva potrebbe essere più facile risolvere problemi tutt’ora aperti: ad esempio se la Serbia accetta di sottoscrivere i protocolli CEFTA e l’accordo sui trasporti assieme al Kosovo, perché dovrebbero i 5 dissidenti UE rifiutarsi di accettare il Kosovo nella BERS (Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo)?
La nota a margine è stata una soluzione razionale, perché la Serbia non perde nulla nel permettere al Kosovo di partecipare alla cooperazione economica regionale (al contrario, ne beneficia) e il Kosovo può beneficiare molto da ciò; la soluzione era anche ovvia, perché la stessa UE utilizzava la “nota a margine”.
E’ infatti noto che lo scorso anno il Regno Unito bloccò un regime di scambi favorevole, garantito dall’UE ai Balcani, perché Londra insisteva che il Kosovo fosse chiamato solo “Kosovo” senza nota a margine: le discussioni si sono protratte per un anno, durante il quale gli esportatori kosovari hanno perso mercati e clienti perché i loro prodotti erano sottoposti a dazi d’ingresso; il Regno Unito ha perso la sua battaglia: nel regolamento che rinnova il regime di scambi (Regolamento UE 1336/2011 del 13 dicembre 2011) il Kosovo, in una nota a margine, viene definito “territorio”, diversamente dagli altri beneficiari che vengono definiti “Paesi”.
Non è quindi una sorpresa che la stessa battaglia combattuta nuovamente tra gli stessi attori avrebbe lo stesso risultato. Inoltre, nella stessa dichiarazione di indipendenza si afferma che il Kosovo “agirà in rispetto […] della Risoluzione 1244 (punto 12)” e che la Corte internazionale di giustizia, in modo implicito, ha affermato che la 1244 è ancora in vigore: il problema del Kosovo è proprio che questa risoluzione sia ancora in vigore, e non tanto che una nota a margine ce lo ricordi.
Ovviamente alcuni – come Hashim Thaçi (premier del Kosovo, ndr), Daniel Serwer (docente di studi internazionali all’Università Johns Hopkins) e, a sorpresa, l’ex responsabile legale di Unmik (che ora vende i suoi servizi al governo kosovaro) – affermano che la 1244 sia stata superata e “appartiene al passato”: non sono d’accordo con loro, perché né il Kosovo né i Balcani sembrano motivi sufficienti per indebolire l’effettività del Consiglio di Sicurezza e delle sue Risoluzioni come strumento per imporre dell’ordine nella comunità internazionale; ma se hanno ragione, perché invocano la 1244 contro la Serbia in relazione alla questione del Nord? Le origini di questa contraddizione stanno nel fatto che la 1244 è l’unico legame esistente tra Pristina e il Nord.
L’opposizione alla “nota a margine” è in coerenza con l’approccio generale di Vetëvendosje, ma non con quello di LDK e AAK, che hanno dovuto inventarsi alcuni argomenti per giustificare la loro posizione. L’ex ministro degli Esteri ha utilizzato la peggiore: la “nota a margine” aprirà alla Serbia le porte dell’Europa, che bloccherà invece l’ingresso del Kosovo una volta diventata membro UE. Ci si dimentica però che 22 stati membri sono in disaccordo su come la Serbia intende i propri confini, ed è improbabile sottoscrivano l’accordo di ingresso a meno che Belgrado non riconosca il Kosovo: prima di entrare nell’UE la Serbia dovrà scegliere tra il Kosovo e l’Europa, e presumo sceglierà la seconda. Ciononostante, tutto ciò che rafforza l’orientamento europeo della Serbia sarà di beneficio sia per il Kosovo che per l’intera regione: lamentarsi dello status di candidato della Serbia è una reazione emotiva, non certo razionale.
In questo contesto, parlare di vincitori e perdenti è futile: il governo del Kosovo dovrebbe essere encomiato per aver preso una decisione impopolare ma responsabile, di lunga veduta e in fin dei conti buona. Sfortunatamente, ma in modo molto tipico, hanno mal gestito l’intera questione: si sono posti pubblicamente impossibili linee rosse (“Repubblica” e nessuna nota a margine); hanno cambiato da un giorno all’altro opinione dicendo – con poco riguardo anche della loro stessa dignità personale e politica – che accettavano la nota a margine perché erano obbligati a farlo da Stati Uniti e UE; hanno rifiutato di discutere la questione in Parlamento; e, come al solito, Edita Tahiri (vice premier e capo negoziatore nelle trattative con la Serbia, ndr) afferma che ora la Serbia ha riconosciuto il Kosovo.
Il governo pagherà un prezzo politico per questi []i, e il suo comportamento dimostra come potrebbe nuovamente andare in panico.
Gli USA e l’UE hanno deciso di concedere libertà provvisoria a questo governo dopo il fallito blitz di luglio, che fu la sua risposta irresponsabile ed incendiaria ad un’altra percezione di sconfitta nel dialogo con Belgrado: questa volta però sanno cosa aspettarsi, ed hanno l’occasione di prendere posizione prima che il governo lanci un altro raid della polizia o provochi altri disordini in modo da evitare le conseguenze delle modalità disastrose con cui ha gestito una delle sue rare decisioni responsabili.
E mentre ci si rende conto di quanto grande sia questo paradosso, mi congratulerò con il governo per la loro vivida, vera e poetica metafora: quest’asterisco è un fiocco di neve, che si scioglierà sotto il sole.