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Albania e inclusione sociale
E’ tra i paesi più poveri d’Europa, nonostante tassi di crescita economica sempre sopra lo zero. E questo ha forti conseguenze anche sull’inclusione sociale dei gruppi più deboli. Un approfondimento
L’Albania è uno dei paesi con più bassi livelli di reddito in Europa e nei Balcani, presentando un reddito annuo procapite stimato in 2973 € per il 2011 (fonte Agenzia Nova), che è comunque il 6% in più del 2008. Infatti, i tassi di crescita fin dagli anni ’90 sono tra i più alti di tutte le economie in transizione, ma il paese nelle statistiche sulla povertà supera solo il Kosovo.
In questo quadro le politiche sociali – e di welfare in generale – risentono di un processo di cambiamento che non è riuscito ancora ad affrontare in modo efficace le maggiori criticità della società albanese.
Il processo di riforme istituzionali iniziato nel 1991 ha portato l’Albania ad affrontare una serie di ristrutturazioni verso la costruzione di uno stato democratico e all’apertura del libero mercato, ma gli anni della transizione sono stati caratterizzati dalla forte instabilità di istituzioni che si sono rivelate incapaci di affrontare le nuove sfide.
La mancata definizione di adeguate politiche sociali e le limitate risorse economiche hanno fatto emergere una nuova massa di gruppi sociali a rischio di marginalizzazione e il sistema dei servizi sociali è ancora lungi dal garantire qualità e trasparenza tali da coprire il fabbisogno di una domanda crescente.
Il report della Commissione europea
Il report della Commissione europea del 2008 sul “Processo di inclusione sociale in Albania”, presenta una situazione contraddittoria e con molti chiaro-scuri, dove, se da una parte i dati ufficiali mostrano un calo della povertà assoluta, dall’altra sono sempre più in aumento le diseguaglianze tra i diversi gruppi sociali e tra le varie aree territoriali del paese.
Il report riconosce che il sistema pubblico di protezione sociale offre una seppur limitata copertura ad alcuni gruppi bisognosi: gli anziani, i disabili e gli orfani. Ma sottolinea che l’esclusione sociale è ancora alta in Albania ed è frutto della povertà, della debolezza dei processi di governance, della bassa decentralizzazione, di politiche sociali insufficienti, di inefficienza nel rispondere ai bisogni delle famiglie povere e inadeguata implementazione delle leggi esistenti.
Uno degli aspetti critici sottolineati è proprio una definizione omogenea dei gruppi a rischio, resa tra l’altro complicata anche dalla presenza di diverse agenzie internazionali che usano metodologie e strumenti diversi tra loro.
La strategia di inclusione sociale
Un passaggio importante nella definizione di una maggiore chiarezza dei bisogni, dei gruppi vulnerabili e delle politiche a questi indirizzate, è stata l’approvazione da parte del governo albanese della “Strategia di inclusione sociale 2007-2013” (promulgata all’inizio del 2008), in cui vengono delineate le priorità, i mezzi e le risorse da impiegare per la riforma globale delle politiche sociali, considerate come parte integrante di quel processo di adeguamento agli standard europei richiesti dall’Accordo di Stabilizzazione e Associazione (2006).
Tale strategia si inquadra in una serie di riforme, sia di carattere economico che istituzionale, tra le quali ad esempio di cruciale importanza la riforma verso il decentramento amministrativo (iniziata fin dal 1990 e convogliata nella “Strategia per il decentramento e l’autonomia locali “ nel 2000-2002), che ha dato vita a nuove forme di organizzazione e all’avvio di sistemi di gestione e distribuzione più vicine ai cittadini.
E’ così avvenuto il passaggio da un sistema altamente centralizzato con competenze esclusive in materia di pianificazione – tipico del regime comunista – a un progressivo e difficile trasferimento di poteri e responsabilità a unità amministrative inferiori (regioni, municipi e comuni). La prima normativa sulle funzioni e organizzazioni dei governi locali risale al 1992 ma si deve aspettare il 1998 affinché questa divenga legge (art.13 della nuova Costituzione 1998). Per la prima volta, i governi locali dispongono di una certa autonomia gestionale e finanziaria nonostante la pianificazione e la distribuzione del budget sia ancora prerogativa del governo centrale.
I programmi statali
Tra le politiche delle istituzioni albanesi più rilevanti in materia di inclusione sociale bisogna ricordare il Programma di Assistenza Economica (Ndihma Ekonomike), attivo fin dal 1993, totalmente finanziato dal bilancio dello Stato e la cui distribuzione è gestita a livello locale dai municipi (Bashkia) e dai comuni (Komuna).
Due sono gli obiettivi principali per cui vengono erogati contributi attraverso i centri dei Servizi Sociali dislocati sul territorio nazionale: da una parte il sostegno al reddito per le famiglie bisognose per garantire i requisiti del livello minimo di sussistenza; dall’altra assegni per l’invalidità (dalla nascita o acquisita) in seguito alla valutazione da parte di una commissione medica. Sono inoltre previsti dei rimborsi parziali delle bollette elettriche a famiglie particolarmente povere.
Successivamente la legge 9355/2005 sull’Assistenza e i servizi sociali (Ligji per ndihmen dhe sherbimet shoqerore) ha posto le basi per attuare una riforma dei servizi sociali in chiave di decentralizzazione e de-istituzionalizzazione, oltre ad allargare l’erogazione degli aiuti a nuove categorie svantaggiate.
Il caso dei disabili
La disabilità in Albania rappresenta ancora un problema di natura culturale, anche se alcuni passi avanti sono stati fatti anche negli interventi. L’inquadramento dato dalla Strategia nazionale per la disabilità e dal Sistema di protezione sociale relativamente alle persone disabili (sia con invalidità dalla nascita che acquisita), ha subito notevoli sviluppi e cambiamenti negli anni della transizione.
Inizialmente infatti, erano previsti dei contributi per le famiglie con persone disabili attraverso il capofamiglia; successivamente i benefici sono stati diretti alla persona disabile e attualmente sono previsti ulteriori aiuti economici per l’assistenza a domicilio nei casi in cui venga ritenuta necessaria dalla commissione medica. Negli ultimi anni c’è stato un incremento di diverse forme di associazionismo per la difesa dei diritti delle persone disabili, nonché residenze preposte alla loro cura ed assistenza nelle principali città del paese.
Ciò nonostante, è ancora elevata l’incapacità di accogliere ed integrare persone disabili o affette da invalidità nel mercato del lavoro, mancano le strutture adeguate sia a livello organizzativo che nelle infrastrutture pubbliche e l’accessibilità in generale è una fortissima criticità.
L’aiuto delle organizzazioni internazionali
L’UNDP (United Nations Developement Programme) ha attuato diversi programmi per sostenere lo sviluppo del paese durante la transizione. Il Local Governance Program LGP (2002-2005) si è incentrato sull’affiancamento nel processo di decentramento, promuovendo lo sviluppo di un sistema democratico di governance a livello locale, con l’obbiettivo di ridurre la povertà e la corruzione rafforzando le competenze dei Consigli regionali ed accrescendo la capacità di management delle regioni.
Altri programmi di sostegno sono stati attuati da diversi soggetti, come per esempio dalla Banca Mondiale con il Public Administration Reform (2000) che prevedeva il sostegno alle pubbliche amministrazioni, dall’Ong IDRA (Institute for Developement Research and Alternative) con un progetto di sostegno alla riforma amministrativa, dall’OSFA (Open Society Foundation for Albania) con azioni di sostengo alle riforme istituzionali.
Rilevante sul tema della collaborazione con organizzazioni internazionali e Ong locali in tema di inclusione sociale è la “Strategia nazionale per lo sviluppo e l’integrazione (SKZHI 2007-2012)” che prosegue nel processo di decentramento e rafforza il ruolo degli attori non governativi, promuovendo ad esempio il coinvolgimento di tutti gli attori e i gruppi d’interesse nella lotta all’esclusione sociale e alla povertà. E’ una strategia intersettoriale che stabilisce le principali linee d’azione del governo attraverso l’articolazione di obiettivi concreti e piani di realizzazione per l’offerta di servizi ai gruppi più vulnerabili.
Gli obiettivi per il futuro
La Strategia per l’Inclusione Sociale fissa alcuni obiettivi per la modernizzazione del sistema di assistenza sociale: la diminuzione del tasso di povertà assoluta al 12,2% nel 2015; l’allineamento nel 2013 dell’assegno di assistenza economica con il livello minimo di pensione, sempre nel 2013 almeno 70mila famiglie dovrebbero ricevere tale assistenza; il decentramento dei centri di assistenza per anziani e disabili con competenza data al livello comunale; la de-istituzionalizzazione dei servizi per i bambini; nuovi servizi per le famiglie.
In questo processo di riforma bisogna però sottolineare, così come in altri paesi dei Balcani occidentali, che gli enti pubblici albanesi sono ancora gli attori più deboli nel quadro della definizione e dell’implementazione di strategie e interventi nel campo sociale.
La presenza delle organizzazioni internazionali è ancora un aspetto fondamentale, e le risorse che portano al miglioramento del sistema dei servizi sociali sono ancora troppo legate a finanziamenti privati e al ruolo delle Ong che riescono ad ottenere questi finanziamenti e che hanno un ruolo di primo piano nell’erogazione e distribuzione di servizi.
Grazie all’ingente afflusso di finanziamenti e alla disponibilità di risorse umane, le organizzazioni del terzo settore si sono affiancate alle istituzioni finendo spesso però col sostituirle, a causa della scarsa capacità di queste ultime di sostenere i processi in atto. Un rafforzamento delle istituzioni locali e un sistema di valutazione e di monitoraggio sostenibile e coordinato è quindi la vera sfida per le politiche sociali in Albania.