Abkhazia: io, preoccupato per la legge sulla lingua

La legge sulla lingua di stato approvata dalle autorità di Sukhumi rischia di esacerbare le relazioni interetniche in Abkhazia. Un terriorio che nonostante la pulizia etnica della guerra del 1992-1993 rimane multietnico. Un reportage del nostro inviato

06/11/2012, Giorgio Comai -

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Una scuola a Sukhumi (foto: Giorgio Comai)

"Non cercare di raccogliere troppe informazioni per dimostrare che i non-abkhazi vengono maltrattati in Abkhazia", mi ha detto l’anno scorso Indira Vardania, all’epoca ministro della Pubblica Istruzione a Sukhumi, oggi vice primo ministro e una delle poche donne con un ruolo di primo piano nella politica abkhaza. "E per quanto riguarda la legge sulla lingua che ti preoccupa tanto, puoi star certo che la parte sul diritto di tutti a studiare nella propria lingua è completamente applicata".

Vardania sospettava che fossi lì per screditare l’Abkhazia, come a suo parere facevano molti osservatori internazionali. Ovviamente, non era questo lo scopo della mia visita. Ma aveva ragione nel dire che ero preoccupato per la legge "Sulla lingua di stato dell’Abkhazia", approvata nel 2007 dopo un lungo dibattito. La legge stabilisce che la lingua abkhaza è l’unica lingua di stato,

che "tutti i cittadini della Repubblica di Abkhazia devono padroneggiarla" e che i membri del parlamento e i funzionari delle amministrazioni locali devono conoscerla e usarla.

Dato il numero trascurabile di non-abkhazi che parlano la lingua, la legge, se intesa e applicata letteralmente, escluderebbe totalmente i non-abkhazi dalla vita politica, sarebbe causa di discriminazioni e aumenterebbe le tensioni interetniche. Non si tratta di una questione puramente teorica: anche dopo la guerra del 1992-1993, che ha costretto più di 200.000 georgiani (su una popolazione totale di circa 550.000) a lasciare i territori ora controllati dalle autorità di Sukhumi, l’Abkhazia contemporanea ha ancora una popolazione largamente multietnica. I dati demografici sono molto contestati, ma secondo molte stime gli abkhazi costituiscono una maggioranza relativa della popolazione, non assoluta, e l’insieme di armeni, georgiani e russi costituisce circa il 50% della popolazione locale.

Ad oggi, con l’eccezione del distretto di Gali abitato da georgiani rimpatriati, le relazioni interetniche in Abkhazia sono generalmente non conflittuali, anche grazie al fatto che il russo è in gran parte utilizzato come lingua comune per le attività quotidiane. La maggior parte degli osservatori concordano sul fatto che la legge sulla lingua di stato non viene applicata in toto, né lo sarà dopo che tutte le sue disposizioni entreranno in vigore nel 2015.

Nella pratica

"La legge sulla lingua non può essere implementata nel prossimo futuro", mi dice Dalila Pilia, responsabile dell’Ong locale "Un mondo senza violenza", negli uffici dell’organizzazione a Sukhumi. "Nessuno oggi ha il diritto di richiedere a tutti di parlare abkhazo. Prima di applicare una legge del genere, dovrebbero essere offerte condizioni adeguate per la sua attuazione". In teoria, la legge prevede programmi specifici e sostegno statale per l’implementazione di ogni sua parte. Ad esempio, una norma dedicata alla stampa afferma che almeno la metà dei testi di tutte le riviste e giornali stampati in Abkhazia deve essere in abkhazo e che lo stato sostiene chi pubblica in questa lingua.

Questa sembra però essere più teoria che pratica, o almeno così era l’anno scorso, quando ho incontrato Izida Chania, direttore del giornale indipendente Nuzhnaya Gazeta. "In linea di principio sono a favore della legge per quanto riguarda i mezzi di comunicazione", mi ha detto mentre i telefoni continuavano a squillare nei piccoli uffici del giornale, non lontano dall’enorme edificio di 12 piani in rovina che in epoca sovietica ospitava il governo locale. "E se le autorità sostenessero le pubblicazioni in abkhazo, saremmo lieti di adeguarci. Ma per il momento noi rispettiamo la legge solo a metà, perché da soli non abbiamo abbastanza risorse".

Il dossier 

Abkhazia, vent’anni dopo la guerra

Nel dossier, oltre a questo reportage, un’intervista a un noto scrittore abkhazo e a un rappresentante della comunità armena. Ma anche fotografie e storie di quei georgiani che vent’anni fa hanno dovuto abbandonare le proprie case

Secondo Izida Chania, il problema sta nel modo in cui la legge è stata approvata e attuata nel suo insieme: l’obiettivo finale di sostenere la lingua abkhaza è chiaro, ma poco è stato fatto per sostenerla nella pratica e le scadenze sono irrealistiche. "Se l’abkhazo fosse accuratamente insegnato dalle scuole materne all’università e i programmi specifici fossero correttamente attuati, la legge potrebbe essere implementata in vent’anni".

Asili nido e scuole

In effetti, la lingua abkhaza deve ora essere insegnata in tutte le scuole del territorio de facto indipendente sulle rive del Mar Nero, che ha ricevuto limitato riconoscimento internazionale al di là di quello della Russia, nel mese di agosto 2008. Ma una serie di problemi fanno dell’istruzione una questione complessa nel territorio.

Solo circa 30 dei 300 asili che esistevano prima della guerra, nei primi anni novanta, sono ora attivi. Molte scuole sono state distrutte, altre gravemente danneggiate. Sono state riparate e ricostruite negli ultimi anni, ma c’è ancora molto da fare. I bassi stipendi degli insegnanti sono tra le ragioni citate per la costante mancanza di quadri didattici qualificati, problema ulteriormente complicato dalle esigenze di un’istruzione multilingue. Delle 169 scuole attualmente attive in Abkhazia, 62 sono scuole abkhaze, 16 russo-abkhaze, 48 russe, 32 armene e 11 georgiane (tutte nel distretto di Gali). Negli ultimi anni, le autorità hanno adottato misure volte a sostenere l’insegnamento della lingua abkhaza, ma la strada da percorrere era davvero lunga. C’erano pochissimi insegnanti o manuali per l’abkhazo come lingua straniera. In epoca sovietica, esistevano scuole abkhaze, ma anche in quelle a partire dalla quinta elementare tutte le materie si insegnavano in russo.

"È vero che ci sono stati problemi con l’insegnamento dell’abkhazo nelle scuole russe e armene a causa della mancanza di manuali e materiali didattici, ma questo non è più un problema da almeno 5 anni", mi ha detto con fiducia Indira Vardania nell’ottobre del 2011, mostrandomi a riprova dell’impegno del suo ministero libri colorati e altri materiali didattici. "Al fine di avere le cattedre anche nel distretto di Gali [per lo più abitato da georgiani], abbiamo aumentato di circa il 50% lo stipendio degli insegnanti di abkhazo disposti ad andare lì".

Scuole a Gali

Quando il tema della discussione si sposta sulle scuole di Gali, il tono della conversazione si fa più teso. Vardania mi mette in guardia dal fidarmi dei report di Kurt Vollebaek, Alto Commissario OSCE per le minoranze nazionali, secondo cui i georgiani residenti in Abkhazia sarebbero sotto pressione da parte delle autorità di Sukhumi, il loro diritto all’istruzione minacciato e le scuole di lingua georgiana verrebbero chiuse. "Per quanto riguarda il diritto di avere l’istruzione nella propria lingua madre non abbiamo problemi, la legge è già pienamente attuata", dice Vardania con sicurezza, in qualità di responsabile dell’istruzione in Abkhazia.

Un rapporto pubblicato da Human Rights Watch nel mese di luglio 2011 ("Living in Limbo ", dedicato alla situazione nel distretto di Gali), spiega però in dettaglio come "in pratica, l’accesso all’istruzione in lingua georgiana nel distretto di Gali è limitato", sottolineando come le scuole di lingua georgiana siano state eliminate e come l’insegnamento della lingua russa renda le cose più difficili, sia per i bambini che a casa parlano principalmente georgiano o mingrelo (una lingua appartenente alla stessa famiglia linguistica del georgiano) che per gli insegnanti, che potrebbero non avere una sufficiente padronanza della lingua.

Gali

Volevo andare a Gali in autobus, ma le corse da Sukhumi verso il distretto abitato prevalentemente da georgiani non sono frequenti. Prendo una macchina con alcuni uomini incontrati alla stazione degli autobus. Uno è osseto, lavorava nelle miniere di Tkvarcheli in epoca sovietica ed è in Abkhazia per qualche giorno, per visitare un parente malato. L’autista è un abkhazo di Sukhumi. Per strada, sale in macchina sua moglie che, sapendo che siamo diretti a Gali, decide di approfittarne per andare a trovare una vecchia amica. Durante il viaggio, i due uomini iniziano a parlare scherzando in georgiano. Entrambi conoscono bene la lingua. La moglie del conducente mi sussurra "la madre di mio marito era georgiana, a volte gli manca parlare quella lingua".

Gali è ancora in cattive condizioni. Molte case sono abbandonate. Mucche pascolano nel parco accanto agli uffici dell’amministrazione locale. Le strade sono in condizioni di estrema povertà. Un manifesto ancora fresco di Sergey Bagapsh, l’ex presidente dell’Abkhazia morto qualche mese prima, rende chiaro che il posto è sotto il controllo di Sukhumi.

Quando chiedo a Nino, una giovane attivista di una ONG locale, quale è la situazione con le scuole, lei mi conferma che la mancanza di istruzione in lingua georgiana è sicuramente un grosso problema. La situazione è ulteriormente complicata dal fatto che molti residenti sono costretti a scegliere da che parte del confine de facto rimanere. Ad esempio, se si va a studiare a Zugdidi o Tbilisi, la laurea non sarà riconosciuta in Abkhazia. Ma solo pochi georgiani sono disposti a frequentare l’università a Sukhumi, ricevendo così un titolo di studio che potrebbe essere di scarsa utilità fuori da questo territorio.

A dispetto di tutti i problemi, Nino non è contro gli sforzi delle autorità di Sukhumi per promuovere l’abkhazo. "Vivendo qui, io sono a favore del fatto che nelle scuole di Gali si studi abkhazo. Viviamo insieme, dovremmo conoscere la lingua. Certamente non farà alcun male", mi dice di fronte ad una tazza di tè. Avevo avuto una risposta simile pochi giorni prima, quando avevo incontrato Suren Kerselyan, rappresentante della comunità armena a Sukhumi. "Vogliamo che i nostri figli studino abkhazo, nelle scuole armene lo fanno, ma non abbastanza".

Una lingua in pericolo

Se la "legge sulla lingua di Stato" discrimina fortemente a favore dell’abkhazo, tutti concordano che questa lingua, parlata da un piccolo gruppo, è minacciata dalla dominanza del russo in tutti i settori, dal commercio alla cultura, dalla musica pop al cinema.

Kurt Vollebaek, lo stesso Commissario OSCE per le minoranze che ha criticato le autorità di Sukhumi per il loro comportamento discriminatorio nei confronti della comunità georgiana, ha dichiarato : "La lingua abkhaza sembra anch’essa in pericolo; mi sono offerto di sostenere le autorità de facto di Sukhumi negli sforzi volti a mantenerne e rafforzarne ulteriormente la conoscenza e lo sviluppo".

Vollebaek ha le sue ragioni. Se si guarda alle radici del conflitto, è chiaro che la paura di perdere diritti culturali e linguistici e infine di scomparire come gruppo etnico, è stata tra i fattori trainanti che hanno esacerbato il conflitto nei primi anni Novanta. Al giorno d’oggi, la paura di vedere fisicamente minacciata la propria esistenza come gruppo è in gran parte scomparsa, grazie al sostegno economico e soprattutto militare di Mosca. Al contrario, la paura dell’assimilazione culturale da parte della Russia è forse più forte che mai, il che è probabilmente ciò che ha effettivamente portato Sukhumi ad approvare la legge altamente discriminatoria "Sulla lingua di stato".

Il ponte sull’Inguri, confine de facto 

Attraversando il ponte sull’Inguri

Attraversando il ponte sull’Inguri che segna il confine de facto per tornare in Georgia, sono ancora preoccupato per questa legge. Capisco che probabilmente, alla fine, il buon senso prevarrà e la legge sarà applicata solo in parte o selettivamente ignorata. Ad esempio, non mi aspetto che alle prossime elezioni parlamentari sarà davvero vietato di candidarsi a tutti i non abkhazi. Alcuni analisti già tendono a sottolineare gli elementi di "democrazia etnica" che caratterizzano il sistema politico abkhazo, anche senza considerare l’esclusione strutturale dei georgiani che hanno dovuto lasciare il territorio durante la guerra e di quelli che sono tornati, ma non hanno ottenuto un passaporto abkhazo. Applicare integralmente la legge sulla lingua, oltre ad esacerbare le relazioni interetniche, metterebbe seriamente in discussione gli sviluppi democratici che hanno avuto luogo nella regione da quando è diventata de facto indipendente.

Ma le questioni linguistiche non finiscono su questa riva dell’Inguri. Mentre lascio l’Abkhazia, un territorio in cui il russo è la lingua comune e la conoscenza del georgiano tra i non georgiani è praticamente scomparsa, per entrare nei territori georgiani in cui si insegna soprattutto l’inglese come lingua straniera e l’apprendimento del russo sta diventando raro, non posso non pensare che le persone che vivono sulle sponde opposte dell’Inguri potrebbero ben presto ritrovarsi senza una lingua in comune.

 

Giorgio Comai è redattore e ricercatore a Osservatorio Balcani e Caucaso. Twitta @giocomai ed è attivo su Google+ .  

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