Kosovo: il ritorno di Haradinaj e il “governo dell’UÇK”
Con l’assoluzione all’Aja e il ritorno sulla scena politica di Ramush Haradinaj, in Kosovo si parla apertamente di una possibile alleanza politica tra il leader dell’AAK e l’attuale premier Hashim Thaçi. Un "governo dell’UÇK" il cui obiettivo principale sarebbe quello di gestire il negoziato con la Serbia e le sue imprevedibili ricadute politiche
La mattina del 29 novembre ha visto molti kosovari piangere lacrime di gioia, danzare nelle strade ed abbracciarsi, mentre nell’aria si celebrava con fuochi artificiali e colpi d’arma da fuoco. Dall’Aja era appena arrivata la conferma dell’assoluzione e del conseguente prossimo ritorno a casa di Ramush Haradinaj.
Non appena tornato in Kosovo, il leader politico ed ex comandante dell’Esercito di liberazione del Kosovo (UÇK) ha promesso di dare una svolta alla politica locale. “Il mio obiettivo è quello di prendere responsabilità di governo”, ha detto Haradinaj subito dopo essere giunto a Pristina dall’Aja, dove è stato giudicato “non colpevole” per accuse di crimini di guerra quando era guida militare dell’UÇK.
Dalla fine del conflitto ad oggi, Haradinaj ha trascorso più tempo all’Aja che in Kosovo, dove è visto come eroe nazionale nella guerra contro il regime e lo stato serbo negli anni ’90. I primo atto di accusa, che lo ha visto sul banco degli imputati insieme a due commilitoni (Idriz Balaj e Lahi Brahimaj) è arrivato nel 2005. Nel 2008 arriva l’assoluzione, ma nel 2010 il processo viene ripetuto, dopo che la corte d’appello denunciò gravi lacune nel programma di protezione dei testimoni e il forte clima di intimidazione.
Nel 2005, prima di partire per l’Aja, Haradinaj era primo ministro del Kosovo da circa cento giorni. Ora in molti si aspettano un suo ritorno alla guida del governo. In passato suo acerrimo rivale, l’attuale premier Hashim Thaçi è stato in prima fila nel dare il bentornato ad Haradinaj all’arrivo del jet privato che ha riportato “il comandante Rambo” a Pristina, accolto dalla guardia cerimoniale delle Forze di sicurezza del Kosovo. Thaçi ha poi ribadito i suoi sentimenti nei confronti di Haradinaj con un discorso nel parlamento di Pristina.
Nuova alleanza tra Thaçi e Haradinaj?
Il partito di Haradinaj, l’Alleanza per il futuro del Kosovo (AAK) ha vegetato all’opposizione dal 2007, soprattutto a causa dell’assenza del suo fondatore e leader storico. Attualmente il partito è soltanto la quarta forza nell’Assemblea nazionale, ma i voti dell’AAK sembrano fare gola al governo, oggi sostenuto da una coalizione piuttosto instabile. Thaçi però vuole l'(ex) rivale dalla sua parte anche perché ha bisogno del suo peso politico per affrontare i principali nodi della politica kosovara: il dialogo con la Serbia e la questione irrisolta del controllo sul nord del Kosovo.
Per anni l’AAK ha tenuto aperta la strada di una possibile collaborazione col PDK di Thaçi senza mai concretizzarla, nascondendosi ambiguamente dietro all’attesa per il “ritorno di Ramush”. Questo ha permesso al partito di non giocare all’opposizione dura al governo, evitando però di appoggiare direttamente le iniziative del premier.
Recentemente il parlamentare e vice-presidente dell’AAK Blerim Shala è stato nominato coordinatore politico della delegazione di Pristina nei colloqui tra Kosovo e Serbia. Una scelta considerata da molti osservatori come il primo passo verso la costituzione di un’alleanza politica tra PDK e AAK: un “governo dell’UÇK”, come è già stato definito dai media. Secondo voci insistenti, però, Haradinaj sarebbe disposto ad accettare l’intesa solo in cambio della poltrona di premier.
Lo scontento di Belgrado per l’assoluzione di Haradinaj
Un patto ancora da finalizzare, ma che potrebbe seriamente irritare la controparte serba nel prosieguo delle trattative bilaterali mediate dall’Unione europea. Da Belgrado sono arrivate immediatamente parole molto dure in risposta all’assoluzione di Haradinaj (definita “una decisione che aggiunge dolore alle famiglie delle vittime”), e in Serbia è stata platealmente messa in discussione l’imparzialità del Tribunale dell’Aja. Tanto più che la sentenza Haradinaj è arrivata a poche settimane dall’inaspettata assoluzione dei generali croati Ante Gotovina e Mladen Markač, sotto accusa per i crimini di guerra commessi durante l’operazione Oluja, nel 1995.
Il premier serbo Ivica Dačić e la sua controparte kosovara Hashim Thaçi hanno iniziato nello scorso ottobre incontri al massimo livello istituzionale per raggiungere una “normalizzazione” delle relazioni tra Serbia e Kosovo attraverso un percorso negoziale mediato da Catherine Ashton, Alto rappresentante europeo per la politica estera.
All’inizio della settimana è arrivato l’accordo sulla futura gestione coordinata dei punti di frontiera. E’ stato poi deciso il reciproco invio di “ufficiali di collegamento” a Pristina e Belgrado, all’inizio ospitati da strutture dell’UE.
Il dialogo con la Serbia
In Kosovo in molti non nascondono dubbi e riserve sulla linea negoziale seguita, soprattutto per quanto riguarda possibili concessioni sullo status del nord del Kosovo, abitato in larga maggioranza da popolazione serba, e fuori dal controllo delle autorità di Pristina dal 1999.
Gestire il negoziato è sicuramente la “patata bollente” nelle mani del futuribile “governo UÇK”. Voci critiche rispetto a tale tipo di accordo politico sostengono che Thaçi insiste nel volere Haradinaj nel governo non tanto per condividere il potere, quanto le inevitabili ricadute politiche di un accordo con Belgrado.
Una cosa è certa, il dialogo con la Serbia metterà allo stesso tavolo gli arcinemici di ieri: da una parte i leader dell’UÇK che hanno promesso ai propri sostenitori che le sofferenze degli albanesi kosovari sono finite nel 1999, e che la questione dei confini nei Balcani è chiusa una volta per sempre (da qui la chiusura di principio verso qualsiasi ipotesi di divisione, ma anche di autonomia per il nord). Dall’altra i leader (ex) radicali di Belgrado, un tempo in prima fila contro l’Esercito di liberazione del Kosovo e oggi contrari a politiche di apertura nei confronti del Kosovo, soprattutto di un Kosovo rappresentato dagli ex combattenti e oggi personaggi politici Thaçi e Haradinaj.
Naturalmente, nessun risultato può essere escluso a priori: le élite politiche di Pristina e Belgrado in questi anni ci hanno abituato a mosse a sorpresa e del tutto inaspettate, soprattutto quando la posta in gioco era la conquista o il mantenimento del potere.
Rispetto ai risultati del dialogo stesso, resta da vedere in quale forma verranno “impacchettati e venduti” a cittadini ed elettori dalle due parti della barricata.
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