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A scuola in Armenia
Il sistema scolastico armeno registra un alto tasso di abbandono e la presenza di retaggi del periodo sovietico, quali le cosiddette scuole speciali. L’impegno dell’Unicef e dell’organizzazione italiana Cisp
Investire nell’educazione rappresenta una soluzione concreta per assicurare uno sviluppo globale sostenibile. Lo sostiene l’ONU che, con l’iniziativa "Education first " lanciata lo scorso settembre, promuove l’impegno a combattere la povertà attraverso l’educazione. Povertà ed educazione sono infatti legate a doppio filo: fenomeni quali l’abbandono scolastico e il lavoro minorile sono provocati dalla povertà, e a loro volta contribuiscono a perpetuare tale condizione, mantenendo i bambini lontani da scuola e privandoli di un futuro migliore.
L’impegno del governo armeno
L’impegno ad investire nell’educazione è stato assunto anche dal governo armeno che, nel secondo "Poverty Reduction Strategy Paper ", elaborato nel 2008 col sostegno della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, ha inserito il settore dell’educazione in un ampio programma di riforme per uscire dalla povertà.
Pur vantando un elevato tasso di alfabetizzazione (99,8% secondo le stime dell’ONU), il sistema scolastico armeno soffre infatti oggi degli effetti della crisi internazionale e di strutture obsolete che necessitano di una profonda revisione. Si registra un alto tasso di abbandono scolastico dovuto principalmente a difficoltà economiche e, soprattutto nei marz ("regioni"), a condizioni di povertà anche estrema.
Due studi di settore dell’UNICEF del 2008, "Lavoro minorile in Armenia " e "Studio sull’abbandono scolastico e sull’assenteismo in Armenia ", hanno evidenziato che a partire dal 2002-2003, fino al 2005, il fenomeno dell’abbandono scolastico ha registrato un aumento medio annuo del 250%.
Inoltre, secondo il Servizio Statistico Nazionale armeno, a causa della crisi economica globale, il tasso di povertà – sceso dal 55% della fine degli anni Novanta al 27,6% nel 2008 – è salito al 35% nel 2011. Nello stesso anno circa il 30% degli armeni viveva sotto la soglia di povertà, e il 3,7% in condizioni di estrema povertà. Peggiore la situazione dei bambini: il 41,9% dei bambini in Armenia risultava povero, il 4,7% estremamente povero.
Il CISP in Armenia
In questo contesto il Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli (CISP) ha sviluppato un progetto in linea con il Poverty Reduction Strategy Paper, il Millennium Development Goals dell’ONU e il Piano d’Azione Nazionale del governo armeno per la protezione dei diritti del bambino. L’obiettivo è quello di “affermare il diritto dei bambini all’educazione come strumento principale per la lotta contro la povertà e metodo per costruire le basi del proprio futuro, contribuendo così anche a ridurre il fenomeno della dispersione scolastica”, come ha spiegato ad Osservatorio Balcani e Caucaso Sara Bellarosa, rappresentate del CISP in Armenia, dove l’organizzazione italiana opera dal 2010.
Il progetto – rivolto principalmente alla città di Vanadzor, nella regione di Lori, una delle zone più povere dell’Armenia – si propone di “agevolare il passaggio ad un sistema educativo innovativo e aggiornato, sia in termini di metodologie di insegnamento che di argomenti trattati, partendo dall’idea che un insegnante formato sia più motivato a svolgere bene il suo lavoro e che questo a sua volta contribuisca ad invogliare gli studenti a restare più a lungo tra i banchi di scuola”. Contemporaneamente “al fine di stimolare lo sviluppo della personalità, il pensiero critico e l’autostima degli studenti, sono state proposte alcune attività ludico-educative, tra cui un laboratorio di fotografia, per stimolare l’interesse dei ragazzi verso temi sociali e promuovere la consapevolezza dei loro diritti e doveri in quanto giovani cittadini garanti del benessere della loro città”.
Il CISP si è rivolto anche ad altri soggetti più vulnerabili, come i giovani portatori di handicap: “L’esigenza di rivolgersi a loro si è più volte presentata anche a causa di una carenza strutturale del sistema scolastico armeno. Per questo il progetto prevede per il terzo anno un servizio di accompagnamento psicopedagogico per bimbi e giovani in difficoltà e lo sviluppo con i partner armeni di iniziative riguardanti l’educazione inclusiva e i diritti delle persone con disabilità”.
Un sistema sovietico
Oltre all’abbandono scolastico, l’Armenia deve affrontare e risolvere il problema dell’inserimento nella scuola dei minori più indifesi, orfani e bambini diversamente abili. Il sistema armeno risale agli anni venti del secolo scorso, e si basa sul modello sovietico secondo il quale le disabilità fisiche e intellettuali comportano l’inserimento del bambino in “scuole speciali”, ovvero istituti diurni o collegi dove i bambini disabili sono separati dai loro coetanei e dalle comunità e finiscono per essere esclusi da tante opportunità e discriminati nella società.
L’Armenia ha mantenuto tale duplice struttura anche dopo l’indipendenza, e solo nel 2010 ha ratificato la “Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità”, che prevede l’impegno ad adottare un sistema di educazione inclusiva.
La proposta dell’UNICEF
Secondo Cristina Roccella, vice rappresentante dell’UNICEF in Armenia , “il problema principale – ha dichiarato ad Osservatorio Balcani e Caucaso – è una certa resistenza al cambiamento dovuta a retaggi del passato: la mentalità dominante, ancora legata alla pianificazione in stile sovietico, fa sì che non si avvii il cambiamento finché tutto non sia completamente programmato. Al contrario, in Italia il passaggio al sistema inclusivo è avvenuto nell’arco di un anno, con la legge Basaglia. L’approccio italiano è solo in apparenza semplicistico: in realtà dimostra che, se esiste la volontà politica, i costi non sono un problema”.
L’UNICEF è da anni impegnato in Armenia a sostenere un piano di riforme in tal senso, lavorando a livello di sistema: “Tutto quanto proposto dall’UNICEF per una riforma dei servizi sociali è stato in realtà approvato in tempi brevi. Per anni però le autorità non hanno mantenuto fede agli impegni nel campo della protezione dei minori: ora è tempo di iniziare a realizzare quanto promesso”, ha spiegato Roccella.
Nonostante evidenti problemi di gestione delle risorse – in particolare la tendenza all’accentramento e la reticenza a delegare a livello locale a causa della forte corruzione – resta l’urgenza di eliminare strutture obsolete e nocive per la crescita dei bambini.
“Il posto migliore in cui crescere, per un bambino, è la famiglia”, ha sostenuto la vice rappresentante dell’UNICEF in Armenia. “Se guardiamo alla situazione dei bambini disabili, toglierli dalle scuole speciali – tutte residenziali – riallocando le risorse al fine di lasciare i bambini in famiglia e permetter loro di frequentare le scuole ordinarie, è inderogabile. Vedere questi bambini per strada sarà il vero cambiamento”.