Macedonia: riflessioni poco convenzionali sulla democrazia

A ottobre 2012, la Commissione europea ha dato alla Macedonia la quarta raccomandazione consecutiva per avviare i negoziati di adesione all’UE, bloccati dal veto greco. Ma i report internazionali, riescono a fotografare lo stato di salute della democrazia a Skopje e dintorni? Il nostro corrispondente, ci guida in una riflessione su indicatori raramente presi in considerazione

17/01/2013, Risto Karajkov - Skopje

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(copyright Maris Kiselov/shutterstock)

A metà ottobre 2012, la Commissione europea ha dato alla Macedonia la quarta raccomandazione consecutiva per avviare i negoziati di adesione all’UE, sulla base dei progressi fatti nel processo di riforme democratiche. Alcuni esperti hanno cinicamente commentato che, se è vero che oggi la Macedonia merita lo status di candidato all’adesione all’Unione europea, allora avrebbe dovuto diventare membro a pieno titolo già da diversi anni.

C’è da dire che le diverse valutazioni, tra le quali le relazioni della Commissione sono fra le più credibili, non riescono sempre a misurare con precisione la complessità dei cambiamenti sociali e politici in un paese, alcuni dei quali non immediatamente visibili o non esprimibili tramite numeri e indici (la relazione della Commissione è però qualitativa). Dipende dagli indicatori scelti: ad esempio, il report “Doing business” della Banca Mondiale loda regolarmente Skopje per le sue riforme, sulla base di una serie di indicatori scientificamente misurati in un gran numero di paesi. Eppure gli investitori stranieri evitano la Macedonia e quelli locali soffrono a causa del contesto di volatilità. Altre valutazioni si limitano ad alzare o abbassare gradualmente il rating alla fine dell’anno, nonostante i cambiamenti turbolenti che hanno avuto luogo. Altre, come quella prodotta a Bruxelles, sono fortemente influenzate anche da processi politici.

Forse è un buon esercizio prendere in considerazione indicatori di cambiamento sociale e politico a cui le relazioni tradizionali di solito non ricorrono. Molto è stato scritto sulla stato della democrazia macedone negli ultimi anni: a buon punto secondo Bruxelles, non così per Washington, che però lascia il volante all’Unione europea.

Indicatori fuori dai report

Un indicatore che probabilmente non verrà utilizzato da fonti ufficiali, ma dice molto sullo stato della democrazia in Macedonia, è: "numero di interviste concesse da funzionari governativi a giornalisti ‘zerbino’". Una decina di anni fa il numero sarebbe probabilmente stato pari a zero. Oggi, pur senza dati precisi, sembra piuttosto alto. I ministri del governo sono regolarmente ospiti (almeno un paio di volte la settimana) in talk-show di selezionati giornalisti di regime. Di giornalisti filo-governativi ce ne sono molti in tutto il mondo: il problema sta nei livelli di decenza adottati nel manifestarlo.

L’indicatore può essere invertito: oggi, il "numero di interviste concesse da funzionari governativi a giornalisti rispettabili" è molto più vicino allo zero di dieci anni fa. Un altro indicatore in grado di misurare la qualità del dialogo politico nel paese (la cui carenza è spesso citata, ad onor del vero, nelle relazioni della Commissione) è il "numero di dibattiti televisivi aperti tra i leader politici". Dieci-quindici anni fa il numero era notevole, oggi si avvicina allo zero.

Tali indicatori possono essere non convenzionali, ma se si sceglie di guardare a quelli più regolari, come ad esempio "numero di media indipendenti" (sia da partiti di governo o di opposizione, politici o interessi economici privati), il calo rimane visibile. Un altro dato  discusso di recente dal pubblico è stato il "numero di programmi televisivi politici indipendenti cancellati negli ultimi due anni". Significativo, e in aumento.

Condanne e divieti: in aumento

Quello che succede nel settore pubblico e in/con i media è ovviamente più facile da percepire. Altri fenomeni meno visibili possono richiedere molto più tempo: ad esempio, il quotidiano lavoro della magistratura passa in gran parte inosservato. Un indicatore come "numero di giudici indipendenti" è molto difficile da valutare. Possiamo però misurare “il numero di rinvii a giudizio e processi contro gli oppositori politici". Un povero contadino di Bitola è stato trascinato in tribunale per un paio di anni (fino all’assoluzione nelle scorse settimane) per false accuse di coltivazione di marijuana: la cosiddetta canapa selvatica cresceva sulla sua terra, così come in tutta la regione. Ciò che lo distingueva da tutti gli altri agricoltori è che, amareggiato per essere stato truffato in un grande scandalo sul latte, era stato troppo aperto nel criticare la leadership di governo. Un oppositore di alto profilo, l’ex ministro e detenuto all’Aia, Ljube Boskovski, sta marcendo in prigione per l’accusa davvero peculiare di finanziamento illegale alla campagna elettorale. “Fratello Ljube”, come è soprannominato, è una figura controversa, ma l’accusa è ridicola: anche i sassi in Macedonia sanno che il finanziamento delle campagne elettorali è, per usare un eufemismo, una zona grigia.

Anche le mondane preoccupazioni dei privati cittadini possono essere un indicatore importante di cambiamento sociale. Fra quelli probabilmente assenti negli indici ufficiali, ma vitali per la persona comune, troviamo il "numero dei verbali di contravvenzione per 1.000 automobilisti" (annualmente, mensilmente, o anche quotidianamente) e la "quota media di stipendio netto destinata a pagare le contravvenzioni". Quest’ultimo indicatore, facile da misurare, mostrerà che i cittadini macedoni sono in questi ultimi anni oggetto di sanzioni draconiane. Non perché guidatori scadenti, ma perché il governo macedone si è trasformato, sotto la pressione del budget limitato, in un collezionista di "arach" (parola turca risalente al periodo ottomano che denota tassazioni eccessive e arbitrarie).

Questo è solo un esempio di una più ampia tendenza di "penalizzazione" nella società macedone promossa dal governo attuale. Le ammende per tutti i tipi di reato sono esplose. Inoltre, molti reati precedentemente sanzionati ai sensi del diritto amministrativo sono stati trasformati in delitti penali (evasione fiscale, violazioni di copyright…), come il furto di energia elettrica (in genere perpetrato dalle fasce sociali più povere). Le multe per le imprese, in particolare quelle di piccole dimensioni, sono completamente fuori dalla realtà economica, e spesso non fanno distinzione tra una grande azienda e un negozio a conduzione familiare.

Un indicatore più generale potrebbe essere il "numero di cose precedentemente permesse e ora vietate o limitate". Dagli orari di lavoro dei bar, all’acquisto di alcolici nei negozi dopo le 20, dal parcheggio allo stendere il bucato sul balcone, limitazioni magari normali in molti paesi sono state imposte dall’alto e repentinamente, senza alcuna discussione e contrariamente alla tradizione. Alcune di queste hanno prodotto ordine, senza ombra di dubbio. Il governo dice che la disciplina fiscale è notevolmente migliorata, ed è probabilmente vero. Il parcheggio nella capitale è molto più ordinato e i comuni sono zelanti per regolarlo, avendo scoperto le entrate che può generare. Non sono così zelanti, tuttavia, nel raccogliere la spazzatura dalle strade, attività non altrettanto redditizia. Questo è probabilmente una caratteristica comune della maggior parte dei recenti cambiamenti sociali: aumentano le restrizioni, ma solo per il cittadino.

Cultura, valori e tradizione

Infine, vi è una serie di indicatori di cambiamento culturale su questioni che sono state a lungo considerate chiuse in Macedonia, ad esempio l’aborto. Senza dubbio una questione importante in molte culture, non era mai stato un problema in Macedonia (e altri paesi ex-jugoslavi) fin dalla creazione della Jugoslavia di Tito. Ora, a giudicare dalla "quantità di spot pro-vita sponsorizzati dal governo", sembra decisamente in fase di revival. Un altro indicatore simile può essere la "quantità di manifestazioni di fervore cristiano promosse dal governo", visibile da progetti come l’istruzione religiosa, le chiese sulla piazza centrale nella capitale e così via. Anche in questo caso, in altri paesi è una questione di tradizione, ma in Macedonia è stato fatto tutto in opposizione alla tradizione, causando fratture inter-religiose e nel tessuto sociale complessivo.

Riforme economiche, ma poca democrazia?

Il punto sono gli indicatori utilizzati come base per la valutazione. Si potrebbe dire che quelli esposti in questo articolo sono stati scelti in modo selettivo e con una precisa lente d’interpretazione. Potrebbe essere vero. Potrebbe essere che altri indicatori mostrano che la Macedonia sta facendo notevoli progressi. Tuttavia, è difficile sostenere che un paese sia un ottimo ambiente per l’imprenditoria (sulla base di una serie di indicatori della Banca Mondiale) quando il suo tasso di disoccupazione (stimato al 32%) è tra i più alti in Europa e nel mondo. O si potrebbe dire che i paesi possono fare riforme economiche anche in periodi di stagnazione o regresso democratico (Cile e Corea del Sud in passato, la Cambogia oggi). Tuttavia, la Macedonia deve ancora presentare dati sul progresso economico sulla base di indicatori sensati, come il numero di veri e propri nuovi posti di lavoro (non nella pubblica amministrazione e non posti di lavoro preesistenti, ma statisticamente "scoperti").

 

Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell’Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto Racconta l’Europa all’Europa

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