(Quasi) un necrologio: il vecchio platano di Ohrid

La neve del dicembre 2012 ha fatto crollare il "vecchio platano" di Ohrid, simbolo vivo e secolare della storia della città e forse l’albero più antico dell’intera Macedonia. Una perdita dolorosa: il "chinar" era molto più che parte del paesaggio cittadino, ma un vero compagno di viaggio, salutato e celebrato anche da visitatori venuti da lontano

01/02/2013, Risto Karajkov - Skopje

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Il grande platano orientale a Ohrid - djstanek/flickr

Nel mese di dicembre 2012 un antico simbolo di Ohrid, il “vecchio platano” (o “chinar”), è crollato sotto il peso della neve. Probabilmente non c’è stato media nel paese che non abbia dato la notizia. Il grande platano orientale (Platanus orientalis) è l’albero più vecchio e famoso in Macedonia. Un ramo di grandi dimensioni, quasi la metà del “chinar”, già gravemente compromesso a causa dell’età, si è spezzato sotto la neve. Rimane in piedi solo una piccola parte della pianta, una volta enorme (quasi 20 metri di altezza e 18 di diametro del tronco). Il testimone della vita a Ohrid nel corso dei secoli, apprezzato da generazioni e fonte di ispirazione per gli artisti, cede lentamente al tempo.

Il nome dell’albero è di origine ottomana: chinar (in iraniano, chenar) è il nome turco del platano orientale, specie che si estende ad est dei Balcani verso l’Asia. Le stime sulla sua età variano in modo significativo. Secondo alcuni esperti, il più antico albero della Macedonia ha circa 600 anni. La gente del posto sostiene però che sia molto più antico, quasi di 1.100 anni. La leggenda è che a piantare l’albero sia stato San Clemente di Ohrid, uno studente di San Cirillo e Metodio, fondatore della scuola slava (oggi considerata in Macedonia la prima università slava) a Ohrid.

Un pezzo di storia di Ohrid

L’età del platano di Ohrid è difficile da stabilire, dicono gli esperti, perché nel corso dei secoli l’albero si è rotto e il suo tronco si è diviso. Da alcune foto del primo Novecento si evince che la grande crepa ha almeno un centinaio di anni fa. Abbastanza grande da lasciar passare attraverso molte persone in una sola volta, in tempi recenti è diventata il set fotografico preferito delle giovani coppie. Negli ultimi anni dell’Impero ottomano, l’albero ospitava una kafana di nome Teferic, in alcune testimonianze citata come "la kafana nell’albero", e le vecchie foto mostrano chiaramente che il tronco era abbastanza grande per contenere un tavolo.

Uno dei fondatori della pittura moderna macedone, Lazar Licenoski (1901-1964), ha immortalato il Teferic in una delle sue opere. Il “chinar” è stato fonte di ispirazione per molti altri pittori e scrittori macedoni, ma testimonianze del significato culturale dell’albero per la vita a Ohrid prima della Seconda guerra mondiale si trovano anche nelle opere di artisti internazionali. Il platano viene descritto nel romanzo dal titolo “Il matrimonio dei Sette Zingari” (1939) di A. den Doolaard, scrittore olandese che ha viaggiato e descritto i Balcani negli anni ’30 del secolo scorso. Nel 2006, in segno di riconoscimento del suo contributo per la promozione di Ohrid (soprattutto tra i turisti olandesi), la città di Ohrid costruito un piccolo monumento e ha aperto una sala memoriale in onore di Dooolard.

Prima della kavana Teferic, ricordano gli anziani, l’area del “chinar” aveva ospitato la prima farmacia della città (1900). Vasil, il farmacista, faceva anche da dentista ed estraeva i denti difettosi con una semplice pinza. Attorno all’albero si raccoglievano in passato braccianti e caporali. Quasi un secolo fa, era il luogo di incontro delle corporazioni locali (esnafi). In epoca ottomana, quando la città beveva l’acqua del lago di Ohrid, vicino al platano erano collocate numerose fontanelle pubbliche.

“Andiamo a vedere se il ‘chinar’ è caduto”

Il “chinar” si trova alla fine della strada principale di Ohrid, mentre il porto sul lago è all’altra estremità. A quei tempi, in città non c’era molto di più di quella strada, e il platano ne era considerato il limite. Gli anziani ricordano che i defunti venivano accompagnati al “chinar” sulla strada per il cimitero, in un simbolico addio a Ohrid. Alcuni decenni fa, l’espressione "andiamo a vedere se il Chinar è caduto" era comune tra i giovani che uscivano la sera: significava "andiamo a vedere cosa c’è di nuovo". L’albero è stato parte integrante della vita e della comunità. Era un’istituzione. Nel 1967 il platano è stato dichiarato e protetto come monumento naturale.

La fine di “Robocop”?

Negli ultimi decenni, prima dello scorso dicembre, l’albero aveva già subito diversi colpi importanti dalla natura. La prima volta fu nel 1981, quando diversi rami crollarono. Poi, nel 2002, l’impianto subì una grave ferita durante una tempesta, quando un ramo principale crollò portando con sé gran parte del tronco. A quel punto, le autorità intrapresero un’operazione di conservazione, con una costruzione specifica a sostenere l’albero dall’interno e dall’esterno. Secondo alcuni, la struttura di sostegno avrebbe dovuto essere coperto da una corteccia artificiale, ma alla fine questo non è stato fatto, e per l’ultimo decennio il “chinar” è rimasto appoggiato al suo moderno tagliente multi-angolare. Ironicamente, ma sempre con amore, gli abitanti di Ohrid avevano iniziato a chiamarlo “Robocop”. Con la frattura di fine 2012, ciò che resta del platano è ancora più difficile da proteggere.

Secondo alcuni esperti, l’eredità del Chinar avrebbe potuto essere protetta piantando un successore nelle radici della pianta esistente. Secondo alcuni, è così che è stato salvato un altro albero famoso, l’Albero di Ippocrate a Kos, Grecia, dove il famoso medico insegnava la medicina antica. Forse c’è ancora tempo. Dell’albero un tempo magnifico rimane solo una parte, e i venti e le nevi invernali non sono ancora finiti. Ohrid e tutti i cittadini farebbero bene a fare uno sforzo per preservare uno dei principali monumenti della natura macedone.

 

Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell’Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto Racconta l’Europa all’Europa

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