Albania e censimento 2011: di che religione sei?
Nel 2011, in Albania, il nuovo censimento ha fornito dati più attuali sulle identità religiose del paese. Le nuove cifre raccontate in un’intervista a Cecilie Endresen
Cecilie Endresen è una studiosa di Storia delle Religioni e dei Balcani. La sua tesi di dottorato “Is the Albanian’s religion really «Albanianism»? Religion and nation according to Muslim and Christian leaders in Albania”, è stata pubblicata da Harrassowitz nel 2013. Attualmente sta facendo un post-dottorato all’Università di Oslo, dove si occupa di Albania e Grecia. Ha lavorato sul progetto di ricerca "Strategies of symbolic nation-building in West Balkan states". Parla albanese e ha vissuto sei anni in Europa sud-orientale. Ha lavorato come analista politica per la Missione di monitoraggio dell’Unione europea. È la responsabile della pagina sull’Albania nell’enciclopedia norvegese on-line snl.lo .
Nel censimento 2011 si assiste a cambiamenti radicali delle cifre ufficiali precedenti in tema di appartenenza religiosa (nel 2001 il 70% si dichiarava musulmano, il 20% ortodosso e il 10% cattolico). Cosa può aver causato queste trasformazioni?
Nell’ultimo censimento albanese il 57,12% si dichiara musulmano, il 2,52% bektashi, il 10,11% cattolico, il 6,8% ortodosso e lo 0,11% cristiano evangelico. Credo che le percentuali siano cambiate a causa di mutamenti demografici, emigrazione e tassi di natalità più alti in alcune regioni.
Non è sorprendente che il numero degli ortodossi sia diminuito, a causa dell’emigrazione dal sud dell’Albania, roccaforte ortodossa, ma ciononostante il 6,8% mi sembra una percentuale davvero bassa. In un sondaggio IPSOS del 2011 – dove pochi degli intervistati si sono rifiutati di rispondere in merito alla loro appartenenza religiosa – vi erano almeno il doppio di ortodossi, che in ogni caso erano meno del 20% di cui parlano i dati del periodo pre-comunista.
La percentuale di cattolici invece è rimasta invariata, mentre la percentuale musulmana – il 60% se si includono i bektashi – sembra piuttosto probabile. Penso inoltre che il numero dei bektashi sia basso nel censimento, confrontato con il sondaggio IPSOS del 2011, in cui il 7,7% degli intervistati si erano così definiti, nonostante molti bektashi potrebbero essersi identificati semplicemente come “musulmani”.
Secondo il censimento, solo il 2,52% degli albanesi si dichiara ateo. Come commenta questo risultato?
Sorprendentemente l’Albania ha meno persone che affermano di non credere in Dio che molti altri Stati in Europa. Ci saremmo aspettati un numero molto maggiore di atei, data la storia di ateismo forzato legato al periodo comunista, ma forse il risultato è proprio una reazione a questo. In ogni caso viene sfatata una delle principali argomentazioni di un certo nazionalismo, che vorrebbe gli albanesi atei e indifferenti alle diverse appartenenze religiose. Il dato sull’ateismo era tra l’altro già emerso anche in altre rilevazioni del Balkan Monitor Gallup e dello stesso istituto IPSOS.
Ma quindi perché il 14% degli albanesi ha scelto nel censimento di non dichiarare la propria identità religiosa?
Probabilmente si sono rifiutati a causa della sfiducia generale nel governo e nelle istituzioni statali. O forse a causa delle campagne condotte contro il censimento stesso dall’Alleanza Rosso Nera nel 2011. C’era anche un bel po’ di scetticismo sul mappare le appartenenze religiose, cosa non così difficile da capire in un paese con un passato totalitario di ateismo militante.
Molte persone in Albania pensano che questi risultati possano legittimare future manipolazioni elettorali. Pensa che questo sia possibile?
Non credo, ma la loro manipolazione può certo contribuire a un clima generale di sfiducia e inclinazione a credere in teorie cospirative. Si può dire che né i sostenitori del Partito socialista né quelli del Partito Democratico abbiano un chiaro profilo religioso.
Le sovrapposizioni tra politica e religione che emergono sono correlate piuttosto alla distribuzione geografica tradizionale dei differenti gruppi religiosi, con i cattolici concentrati nel nord, i cristiani ortodossi e i bektashi nel sud, e gli altri mussulmani in tutto il paese.
Tradizionalmente infatti il PD è più forte nel nord del Paese, mentre il PS nel centro-sud. Di conseguenza la maggioranza degli ortodossi è tra i sostenitori del PS, avviene invece esattamente il contrario per quanto riguarda i cattolici mentre i musulmani sono divisi quasi a metà tra PS e PD, a parte coloro che si dichiarano bektashi, che mostrano una tendenza molto più chiara nel scegliere il Partito socialista.
I risultati del censimento sono stati rifiutati dalla maggior parte delle comunità etniche e religiose. Quali sono le ragioni di questo generale rifiuto?
In generale mancano studi affidabili e obiettivi sulla realtà sociale dell’Albania, che è molto complessa, con molti intrecci fra religioni, etnie e in generale gruppi sociali, politici ed economici. La mancanza di molte informazioni di base lascia ampi spazi alla speculazione. Da qui lo scetticismo generale. Secondo un recente sondaggio IPSOS meno della metà (44,1%) degli intervistati ritiene che il recente censimento sia corretto.
Ma quale è il rapporto degli albanesi con l’appartenenza religiosa?
Innanzitutto vi è una specie di molto radicata paranoia nazionale sul fatto che la religione possa diventare un fattore di divisione. Ma questa paura sembra smentita nella pratica: da un punto di vista sociale la maggior parte degli albanesi sembra piuttosto rilassato e cosmopolita in merito all’appartenenza religiosa: gli albanesi sono generalmente abituati alle differenze religiose, sono pragmatici, credono che la religione non sia un problema, insistono che la nazionalità albanese sia un’entità multireligiosa e che tale dovrebbe rimanere.
Secondo il sondaggio IPSOS del 2011 due terzi delle persone pensano che il paese sia davvero un simbolo di tolleranza religiosa. Paradossalmente, nonostante l’alto tasso di sfiducia nei confronti delle istituzioni, molti degli intervistati dello stesso sondaggio ritengono lo stato in grado di affrontare i problemi religiosi in maniera imparziale.
Nell’ultimo censimento le minoranze sono risultate comunque fortemente ridotte. Come si spiega questo?
La questione è ed è stata fortemente controversa. In particolare per quanto riguarda la minoranza greca. Quest’ultima, a prescindere dalla sua dimensione attuale, è stata spesso coinvolta in discussioni sulle relazioni Albania-Grecia. Stime riguardanti la sua consistenza hanno un range che va dall’1% al 12%. L’1% è attualmente più in linea con le stime ufficiali albanesi e di altre indagini. Invece la percentuale massima riflette cifre in circolazione fra i nazionalisti greci ed altri circoli evidentemente pro-greci, che tendono a pensare che tutti gli albanesi ortodossi, ed in generali gli albanesi del sud, siano in qualche modo greci.
Ritiene in questo contesto l’approccio fortemente nazionalista dell’Alleanza Rosso Nera pericoloso?
Sì, penso che ci sia sempre il rischio che una forte retorica anti-greca possa incidere nelle relazioni inter-etniche locali, rendendo gli albanesi più scettici nei confronto dei greci.
Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell’Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto Racconta l’Europa all’Europa.