Sommosse e proteste in Azerbaijan

Nella cittadina di Ismayilli il malcontento popolare è sfociato in sommosse. A Baku hanno avuto luogo azioni di protesta con obiettivi diversi tra loro. La risposta delle autorità è stata una serie di arresti

07/02/2013, Arzu Geybullayeva -

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Autobus in partenza da Ismayilli (pkabz/flickr)

Mentre scrivo questo articolo, sono a Varsavia, per partecipare al Personal Democracy Forum 2013 . Sono qui perché il relatore invitato dall’Azerbaijan, Emin Milli, è stato arrestato e condannato a 15 giorni di detenzione amministrativa, il 26 gennaio a Baku. Più tardi, stasera, parteciperò a una protesta davanti all’Ambasciata azera qui a Varsavia. Nel momento in cui leggerete questo articolo sarà tutto finito, se non per il fatto che Emin e altri che hanno ricevuto un simile verdetto saranno ancora in carcere. È stato un inizio del nuovo anno impegnativo per l’Azerbaijan, con proteste che dilagano dalla capitale Baku alle cittadine del nord e chissà, forse prima o poi, in tutto il paese.

Militari morti, ma non in combattimento

Le autorità azere si vantano ogni giorno delle loro spese militari, dei loro equipaggiamenti ad alta tecnologia e della loro forza crescente. In una recente dichiarazione, il presidente Aliyev ha annunciato un’ulteriore aumento del budget per la difesa, che cresce da 3 miliardi di dollari nel 2012 a 3,7 miliardi di dollari nel 2013. In ogni caso, non è riuscito a provare di avere le competenze per condurre questo apparato o di prendersi cura adeguatamente del suo personale militare. Secondo Doktrina, centro di ricerca che sta investigando sul servizio militare e il settore della difesa in Azerbaijian concentrandosi principalmente sulle statistiche, ci sono state 67 vittime non combattenti nel 2012. Jeyhun Gubadov era fra queste. Il suo corpo è stato portato a casa dai suoi genitori con la diagnosi medica di infarto. Quello che la diagnosi medica ha dimenticato di spiegare erano le visibili e pesanti lesioni che coprivano il corpo della recluta, certo non legate ad un infarto. Se non fosse stato per la notorietà che ha ottenuto il caso e le circostanze sospette della morte di Gubadov, certamente due soldati dell’unità a cui apparteneva la vittima non sarebbero stati arrestati; un generale non sarebbe stato rimproverato; un colonnello degradato a maggiore e un vice-comandante licenziato.

In risposta alla morte di Gubadov, c’è stata una protesta pacifica il 12 gennaio, a Baku, per il problema dei numeri crescenti di vittime tra i militari di leva, dovute a nonnismo e bullismo nelle forze armate. Organizzati attraverso Facebook, in circa 4.000 hanno raggiunto la Piazza della Fontana (15.000 hanno sostenuto la causa online), insieme ai famigliari di altri soldati morti. La polizia non ha considerato importante la natura della protesta e ha usato la violenza per disperdere la folla. Circa 120 manifestanti sono stati fermati, alcuni sono stati percossi. Due giorni dopo 22 manifestanti hanno ricevuto multe severe, dai 300AZN ai 600AZN (280-560 euro circa). La decisione di aumentare le ammende per la partecipazione a manifestazioni e proteste non autorizzate è stata adottata il primo gennaio 2013 dal parlamento azero, a quanto pare come esempio dei “buoni propositi” delle autorità azere per l’anno nuovo. Una campagna on-line di massa è stata lanciata in risposta alle multe, chiedendo donazioni in monetine dal valore equivalente a 5 centesimi e finora 11.516,83AZN (oltre 10.000 euro) sono stati raccolti.

Negozianti all’azione

Pochi giorni dopo, il 19 gennaio, i commercianti in uno dei più grandi centri commerciali della capitale, sono entrati in conflitto con la polizia per l’incredibile aumento dell’affitto per le loro bancarelle. Secondo un articolo pubblicato da Radio Free Europe, i proprietari sarebbero vicini ad alti ufficiali del governo. Dozzine di mercanti sono stati arrestati. La polizia ha usato gas lacrimogeni e ha impedito ai manifestanti di raggiungere l’apparato presidenziale.

Il ministro, suo figlio e una protesta a Ismayilli

Tutto è cominciato con un incidente d’auto, che si è trasformato in una discussione, che ha portato a disordini in tutta la città. Ma non è così semplice come sembra. La causa dell’incidente è stato un giovane conducente di un’auto sportiva che si è scontrato con un taxi locale. Il giovane è stato successivamente identificato come Vugar Alekperov, figlio del ministro del Lavoro e della Protezione sociale. In Azerbaijan i figli dei ministri sono noti per il loro comportamento pubblico, come nel caso del 2010, quando il figlio ubriaco del ministro dei Trasporti ha ordinato al proprietario di un ristorante a Qebele di grigliargli un orso, tenuto al ristorante per intrattenimento. Questo gli è costato un milione di manat azeri, poco meno di un milione di euro.

Dopo l’incidente a Ismayilli, Alekperov Junior si è inoltre preso la libertà di insultare le donne del luogo, facendo arrabbiare i residenti di Ismayilli e istigando uno scontro violento. In risposta, la gente del posto ha bruciato un hotel, apparentemente di proprietà della famiglia Alekperov, e alcune delle vetture del governatore locale. Risulta infatti che il governatore di Ismayilli, Nizami Alekperov è il fratello del ministro del Lavoro, Fizuli Alekperov. Secondo testimonianze, i protagonisti dei disordini sarebbero stati pronti a incendiare anche la residenza del governatore, se solo avessero avuto abbastanza carburante. Evidentemente, i disordini avevano alla base problemi che andavano ben al di là di un incidente stradale. La gente protestava contro la disoccupazione e la povertà e riteneva il governatore responsabile per questi problemi. Nel suo articolo che esamina le fonti del malcontento ad Ismayilli, Khadiya Ismayil riferisce che mentre il governatore è stato rapido a negare di essere proprietario dell’hotel, vi sono elementi sufficienti a dimostrare che qualche legame c’è.

Il giorno seguente, il 24 gennaio, le forze congiunte di polizia locale e nazionale hanno usato cannoni ad acqua, proiettili di gomma e gas lacrimogeni contro i civili disarmati a Ismayilli per reprimere le rivolte. Mubariz Gurbanli, un devoto membro del partito di governo, ha minimizzato l’accaduto, sostenendo che non c’era motivo di aver paura di quelli che erano solo pochi ragazzi emotivi che disturbavano l’ordine pubblico, e che ora erano stati puniti. Un incidente lo scorso anno, quando un governatore locale aveva chiamato i suoi concittadini "venduti", ha comportato le dimissioni del governatore di Quba. Tuttavia, Nizami Alekperov, a differenza del suo ex collega, rimane al suo posto, respingendo le recenti rivolte come una semplice controversia tra due persone in un incidente d’auto. Mentre il governatore si rifiuta di andarsene, la gente del posto è tenuta sotto stretto controllo, con le truppe schierate fino a marzo.

È interessante notare che, durante i disordini a Ismayilli, i proprietari degli internet caffè locali hanno subito pressioni per rimanere chiusi finché le proteste non fossero finite.

In solidarietà con Ismayilli

Nel frattempo, a Baku, in centinaia si sono riuniti in diversi luoghi per protestare contro l’uso della forza contro i civili disarmati. Oltre 100 manifestanti sono stati arrestati, tra questi, importanti difensori dei diritti umani come Intigam Aliyev, attivisti come Emin Milli, giornalisti come Khadija Ismayil e molti altri. Usando Facebook per organizzarsi, hanno chiesto alla polizia, che stava trattando brutalmente i manifestanti, di smettere di trattare civili innocenti in questo modo, e unirsi a loro in segno di protesta. Questa richiesta non è stata ben accolta dalla polizia. In alcuni video pubblicati su YouTube si può vedere come Emin e Khadija siano stati arrestati e trattati. E così, ancora una volta, le proteste sono state violentemente represse, arrestando giornalisti, attivisti e giovani partecipanti, che successivamente sono stati multati per degli importi che vanno da un minimo di 300AZN ad un massimo di 2500AZN (da 280 a 2350 euro circa).

Una giovane donna, che era su uno dei bus di manifestanti arrestati, in seguito ha scritto:

"Hanno spruzzato spray al peperoncino sui manifestanti che avevano caricato sul bus. L’hanno spruzzato addosso al ragazzo seduto accanto a me (sul viso) e l’ho inalato anche io, riempiendomi i polmoni. Quando ho raggiunto la stazione di polizia n. 37, mi sentivo debole. In primo luogo mi hanno portato in cella, poi in una stanza, pochi istanti dopo mi sentivo svenire e sono caduta sul pavimento. L’ufficiale di polizia, cercando di svegliarmi, ha versato dell’"acqua di colonia" su tutto il mio volto. Mi sentivo come se il mio cervello fosse in fiamme. Poi è arrivata l’ambulanza, mi hanno controllato la pressione, era alta, mi hanno fatto un’iniezione. Ho il mal di testa e non mi è ancora passata la sensazione di bruciore nei miei polmoni… "

Più tardi, quella sera, Khadija Ismayil ha condiviso i suoi ricordi sul fermo. Quel giorno, lei era lì come cittadina, non come giornalista. Gli agenti che l’hanno arrestata non si sono presentati. "Mi hanno portata verso la macchina, e non mi hanno permesso di salire in macchina da sola", ha scritto. L’hanno portata a due stazioni di polizia differenti. Le è stato chiesto di scrivere una lettera "esplicativa", tuttavia lei ha rifiutato di firmare il protocollo finale prima di vedere il suo avvocato. Ha ricevuto pressioni dal vice capo del tribunale distrettuale di Sabail per rispondere a domande a cui lei aveva il pieno diritto di non rispondere. Tutto si è concluso con un processo in cui lei era l’imputata. "Sono entrata nella stanza del tribunale dove due uomini erano seduti al posto della difesa. Ho chiesto chi fossero, il giudice ha detto che erano i miei avvocati. Ho detto che non conoscevo queste persone e che volevo miei avvocati." Il giudice ha respinto le richieste di Khadija e ha proceduto con il processo. Ha ricevuto una multa di 400AZN (circa 375 euro) per violazione della legge sulla libertà di riunione. Quando i procuratori l’hanno sanzionata, Khadija si è rifiutata di pagare, affermando che il processo non era che una farsa.

Il 31 gennaio, i residenti di Imishli e Zaqatala, altri due centri regionali, sono usciti in strada per protestare contro trattamento iniquo, salari non pagati e altre ingiustizie.

Il 4 febbraio, il vice presidente del partito di opposizione Musavat, Tofig Yagublu, e il presidente del gruppo di opposizione REAL, Ilgar Mammadov, sono stati arrestati. Mammadov è stato interrogato per diverse ore la mattina del 4 e portato in tribunale. Il suo avvocato si astiene dal fare dichiarazioni finché il caso non riceve un verdetto finale. I due sono accusati di istigazione nelle rivolte del 23 gennaio a Ismayilli, di aver incitato intenzionalmente i residenti locali a violare l’ordine pubblico e ad opporre resistenza e usare la forza nei confronti di pubblici ufficiali. Se saranno dichiarati colpevoli, dovranno affrontare fino a tre anni di carcere. Inoltre, due altri cittadini di Ismayilli, Abdullayev Mirkazım e İsmayıllı Elshen hanno già ottenuto due mesi di detenzione preventiva. Ilgar Mammadov e il suo movimento si preparavano ad annunciare ufficialmente la sua candidatura alle elezioni presidenziali. Sia Yagublu Tofig che Ilgar Mammadov sono attualmente in carcere, avendo subito ottenuto due mesi di detenzione preventiva.

Le poltrone comode di Strasburgo

Nello stesso periodo in cui vi erano disordini a Ismayilli, a Strasburgo, l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa discuteva l’adozione di due importanti risoluzioni sull’Azerbaijan. Mentre una risoluzione sui diritti umani in Azerbaijan è stata adottata con 196 voti favorevoli e solo 13 contrari, l’attesa risoluzione sui prigionieri politici del paese è rimasta sulla carta, con 125 membri che hanno votato contro. Quest’ultima richiedeva la soluzione di più di ottanta casi, tra cui quelli di Avaz Zeynalli, Hilal Mammadov e Vugar Gonagov.

Un fallimento per molti difensori dei diritti umani e un successo per gli ammiratori del “caviale azero”, il 23 gennaio non è stato il giorno più bello nella storia della Consiglio d’Europa. I funzionari azeri hanno utilizzato questa occasione per sminuire l’autore del rapporto, Strasser. Nei suoi commenti, Ali Hasanov, il capo del dipartimento dell’Amministrazione sociale e politica del presidente azero, ha consigliato a Stresser di lasciar del tutto perdere la politica europea, mentre ha accusato organizzazioni internazionali come Amnesty International, Article 19 e Human Rights Watch di diffondere propaganda anti-azera. Un altro membro del parlamento azero, Rauf Aliyev, ha definito questo risultato come un segno che l’immagine del paese sta migliorando nel resto del mondo. Questo risultato non sarebbe stato possibile se non fosse stato per i noti apologeti del regime azero, tra cui il bulgaro Kristian Vigenin, l’estone Kristina Ojuland, la lettone Inese Vaidere e il lituano Vytautas Landsbergis. L’impegno prezioso di questi e pochi altri per l’Azerbaijan è spiegato in una relazione pubblicata dal think tank con sede a Berlino, European Stability Initiative, "La diplomazia del Caviale: come l’Azerbaijan ha fatto tacere il Consiglio d’Europa".

Durante le ultime settimane e nel corso degli ultimi anni sono stati violati i diritti dell’uomo in Azerbaijan. Chi stabilisce i limiti, se ci sono, per questa cosiddetta “diplomazia del caviale”? E che cosa può accadere in un paese profondamente affetto da scandali per corruzione e abusi d’ufficio e dalla crescita di politiche antidemocratiche, con un aumento del malcontento nel periodo che precede le elezioni presidenziali previste per l’ottobre del 2013? Forse, niente di che. Ma in fondo, il mondo è stato da poco testimone della primavera araba… chi dice che non ci possa essere una primavera caucasica?

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