Romania: al via l’anagrafe canina

Grazie al lavoro della ONG italo-romena Save the dogs si sono avviati in Romania due progetti di anagrafe canina. Abbiamo chiesto alla presidente Sara Turetta di spiegarci obiettivi e modalità di questa iniziativa pilota

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Un cane randagio in Romania (foto di Giorgio Comai)

Continuano ad affastellarsi tragiche notizie sul destino dei cani (e gatti) randagi e di quelli rinchiusi nei canili pubblici e privati in Romania, fra avvelenamenti, malattie e condizioni estreme, ma si susseguono anche notizie positive, relative ad iniziative ed attività in loro favore nel paese, ad opera di svariate organizzazioni locali e internazionali. 

Ad esempio intensa prosegue l’attività di sostegno dei cani nel Public Shelter ad opera dell’attivissima associazione rumena Asociatia Ador il cui angelo è la signora Elena Cardas con un team di volontari, presso la città di Botosani, il cui canile municipale è gestito con grande difficoltà dall’amministrazione, e dove in passato vi sono state vere e proprie stragi. Ci sono poi singoli volontari, come la coraggiosa Alexandra Sarau (in parte sostenuta dalla piccola neonata organizzazione britannica delle K9 Angels) di Bucarest, per citarne solo una, che salvano molti cani e gatti nei quartieri difficili della capitale.

La notizia più interessante però arriva da due città dove opera l’ONG italo-romena Save the dogs  (STD), Cernavoda e Medgidia, dove da qualche tempo sono partiti due progetti paralleli di anagrafe canina, che prevede la chippatura di 2.000 cani per ogni comune, operazione da sempre indicata fra quelle cruciali nella lotta la randagismo che si voglia condurre in modo civile, rispettoso dei cani. Si tratta di un interessante esperimento, e della prima volta per la Romania, progetto che si affianca da parte di STD alla ripartenza dell’attività didattica per i bimbi delle scuole primarie, da poco lanciata. 

Abbiamo chiesto alla presidente di STD Sara Turetta di spiegarci obiettivi e modalità di questo progetto pilota e lungimirante, che vede impegnato un team dell’associazione a fianco del personale del Comune, in un periodo non facile per Save the dogs, fra crisi delle donazioni (problema che attanaglia larga parte delle ONG, stante la crisi economica) e la polemica per la chiusura del rifugio della piccola associazione Spike, ritenuta dall’associazione e dal comune di Cernavoda inadatto al benessere animale.

Sara Turetta, come siete arrivati a questo importante risultato di collaborazione costruttiva con ben due municipalità?

Abbiamo lavorato con serietà e continuità, con progetti strutturati ben radicati sul territorio. Però sicuramente abbiamo anche avuto la fortuna di trovare due sindaci aperti e con un approccio europeo nell’amministrazione delle proprie città. Sono sempre le persone a fare la differenza.

Che importanza ha, in una situazione comunque problematica come quella del randagismo in Romania, poter chippare e sterilizzare i cani di due città?

E’ di importanza strategica. Tutte le indicazioni delle autorità europee vanno in questa direzione: senza la sterilizzazione e l’identificazione dei cani randagi e di proprietà mediante microchip, il fenomeno non vedrà mai una soluzione. Né in Romania, né altrove. Certo, è un percorso lungo perché la componente umana ha un impatto molto forte e quindi il successo di un programma di questo tipo è fortemente legato all’atteggiamento della popolazione. Che pesa molto sul nostro lavoro e purtroppo non è sempre positivo.

Oltre a questo progetto, di recente siete stati contattati anche dal sindaco di Botosani, città assurta alle cronache, fra altre, per il  canile comunale con una detenzione drammaticamente dura dei cani. Com’è la situazione in quella città oggi e che significato ha questo nuovo contatto, sul piano della cultura politica?

Sicuramente è significativo che alcune amministrazioni romene inizino ad affrontare il discorso in modo diverso e a guardare a realtà come la nostra come un esempio. Detto questo, la situazione a Botosani resta critica perché il canile pubblico è un girone infernale sovraffollato, le adozioni pochissime e l’avvio delle sterilizzazioni procede a rilento a causa della burocrazia. I cani, insomma, continuano a morire, anche se si sono fermate le deportazioni notturne verso “mattatoi” come quello di Costanza. Però la volontà politica sembra esserci.

Aspettiamo di vedere iniziative concrete. Infatti recenti notizie dal sito dell’Asociatia Ador di Botosani, raccontano di un difficile dialogo aperto fra associazione e amministratori, per iniziare ad affrontare il tema gestione del canile riducendo la sofferenza degli animali. Intanto però sono i volontari che spesso nutrono adeguatamente, curano e trovano adozioni per gli ospiti sofferenti del canile. Nel frattempo giunge dalla stessa associazione la notizia dell’ennesimo caso di trenta animali fra gatti e cani abbandonati a se stessi in un edificio: i ricorsi della sofferenza animale in Romania mettono a durissima prova cuore e finanze dei volontari, che chiedono aiuto ai cittadini di altri paesi, dove maggiori sono disponibilità economiche e propensione alle adozioni.

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