Abkhazia: la lunga via della riconciliazione
Sulle questioni più rilevanti la distanza sembra invalicabile. Ma questo non significa che non si possa fare molto per migliorare le relazioni e incrementare la sicurezza tra la Georgia e l’Abkhazia. Un rapporto dell’International Crisis Group
L’alternanza di governo pacifica avvenuta nel 2012 in Georgia ha rafforzato la speranza che si possa andare a ridurre l’aperta ostilità nei confronti di Russia e Abkhazia, a seguito della guerra del 2008. Nonostante sia altamente improbabile si raggiunga un rapido accordo sulle questioni più rilevanti, quali lo status giuridico dell’Abkhazia e il ritorno degli sfollati georgiani, perlomeno sembra esserci un comune interesse tra le parti in causa nel cooperare per introdurre misure incrementali di confindence-building. Per il futuro immediato, quindi, porterebbe beneficio a tutte le parti concentrarsi su obiettivi raggiungibili, tra i quali aumentare il dialogo in merito a temi riguardanti la sicurezza e su questioni umanitarie.
La Russia esercita un controllo effettivo sull’Abkhazia attraverso un enorme sostegno finanziario e una ingente presenza militare, quindi, qualsiasi progresso nel risolvere il conflitto ormai ventennale implica l’apertura di un canale tra Tbilisi e Mosca, che ad oggi non hanno alcuna relazione diplomatica. Da quando è divenuto primo ministro della Georgia, nell’ottobre del 2012, Bidzina Ivanishvili ha fatto del miglioramento delle relazioni con Mosca una priorità. Un primo risultato concreto di questi sforzi è stato un parziale annullamento dell’embargo ormai settennale posto dalla Russia su vini e acque minerali provenienti dalla Georgia. Ciononostante il nuovo governo continua a sottolineare che se Mosca non cambierà le proprie posizioni, la Russia rimarrà una minaccia e l’esercito georgiano deve rimanere all’erta.
Vi sono alcune chiare divergenze anche tra gli abkhazi e i russi. La Russia vorrebbe che ai propri cittadini vengano garantite maggiori opportunità nell’acquisto di immobili e negli investimenti in infrastrutture turistiche ma si trova ad affrontare ostacoli legali e diffidenza pubblica. Le relazioni tra la Chiesa ortodossa di Mosca e quella di Sukhumi, la capitale dell’Abkhazia, sono tese. Dispute territoriali e sulla nuova strada verso il Nord del Caucaso dimostrano che le autorità abkhaze sono riluttanti nel demandare tutta la loro autorità. A seguito dell’apparente sospensione del finanziamento russo di un massiccio programma di sviluppo socio-economico, il budget dell’Abkhazia, nel 2013, potrebbe essere solo la metà di quello del 2012.
Ciononostante, almeno ufficialmente, agli abkhazi hanno sinora reagito freddamente alle aperture georgiane, tra le quali quella di riaprire i negoziati diretti. Non ha aiutato nemmeno il fatto che il nuovo governo georgiano comprenda ministri che possono annoverare nel proprio passato buoni rapporti con gli abkhazi. Negli ultimi mesi il governo georgiano ha inoltre interrotto il sostegno a gruppi armati che operano nel distretto di Gali, in Abkhazia, ed ha iniziato a modificare la propria normativa e pratica amministrativa collegata alla “legge sui territori occupati”, che ha posto vincoli altamente simbolici sulla libertà di movimento di beni e persone verso e dall’Abkhazia. Diversamente dal governo precedente, quello attuale si è maggiormente concentrato sul trovare modalità per collaborare con gli abkhazi, più che concentrarsi su retoriche affermazioni di sovranità sull’entità.
Nonostante l’apparente impossibilità di affrontare determinate questioni politiche, approfittare di ogni occasione utile a rafforzare la sicurezza della regione sarebbe positivo per tutti. Negli ultimi mesi vi è stata una rilevante diminuzione di violenza nel distretto di Gali, ma la zona, con le truppe russe a presidiare la linea amministrativa di confine (ABL) che divide i territori controllati da georgiani e abkhazi, è ancora altamente instabile. La popolazione locale è limitata nella libertà di movimento e soffre il mancato rispetto di altri suoi diritti fondamentali. Mosca ha anche denunciato le attività di presunti estremisti islamici nell’entità e parla di complotti per realizzare attentati contro l’area delle Olimpiadi invernali di Sochi, a 4 km di distanza dal confine abkhazo. Gli stessi leader abkhazi denunciano le possibili minacce che potrebbero arrivare da una crescita del radicalismo islamico.
Un passo benefico potrebbe essere rappresentato dal ritorno immediato agli incontri del “Gali Incident Prevention and Response Mechanism (IPRM)” e della costituzione di missioni congiunte di verifica dei fatti, che da parte abkhaza vengono ad oggi boicottate. Gli sforzi dovrebbero essere focalizzati nell’arrivare ad una dichiarazione congiunta sul non uso della forza, come proposto dai membri degli Incontri internazionali di Ginevra: Nazioni Unite, OSCE e UE. La Georgia potrebbe concentrarsi su minacce alla sicurezza quali la stabilità nel distretto di Gali e la percezione di minacce t[]istiche, dimostrando la propria buona volontà anche sospendendo il tentativo che va avanti da anni di arrivare a risoluzioni in seno al Consiglio di Sicurezza dell’Onu che riguardino il diritto degli sfollati georgiani di ritornare nelle loro case. I funzionari abkhazi, che hanno sempre contrastato risoluzioni in questa direzione, potrebbero fare la loro parte impegnandosi ad avviare un vero dialogo con i georgiani sulla questione degli sfollati, che comprenda anche la restituzione delle loro proprietà in Abkhazia e/o una forma di compensazione.
I funzionari georgiani hanno dimostrato buona volontà nell’essere più flessibili su questioni umanitarie, come la rimozione di fardelli legali e burocratici all’ottenimento di visti per chi risiede in Abkhazia, in particolare per studiare all’estero. Gli abkhazi dovrebbero rispondere eliminando le barriere ancora esistenti per l’insegnamento nella loro lingua madre ai georgiani etnici che vivono nell’entità e nell’incremento della loro presenza nell’amministrazione pubblica. Tutte le parti beneficerebbero nel cercare modalità creative per facilitare il commercio e l’attraversamento della ABL per visite di famiglia, salute, ragioni economiche e di studio.
La comunità internazionale, in particolare l’Unione europea, dovrebbe rimanere coinvolta in Abkhazia, cercando vie per incrementare la permeabilità dell’entità ad informazioni e pratiche di successo. Gli abkhazi negli ultimi mesi hanno assunto un atteggiamento sempre più critico nei confronti delle attività di Unione europea, stato occidentali e Ong internazionali, sospendendo alcune attività di collaborazione in atto. Sukhumi ritiene che queste attività siano insignificanti se comparate al sostegno russo, e che siano disorganizzate, minuscole e troppo focalizzate sulle esigenze dell’emergenza post guerra anche se la situazione si è largamente stabilizzata. Ciononostante, non aiuterebbe la causa abkhaza, il limitare l’accesso del mondo intero mantenendo aperta solo la strada verso la Russia.
Il fato che la Russia non abbia implementato il cessate il fuoco mediato dall’UE nel 2008 e il destino degli sfollati georgiani a cui è impedito di ritornare in Abkhazia rimangono questioni chiave di enorme importanza. Ciononostante, questo rapporto si concentra sugli sviluppi recenti e offre modalità per stabilire il terreno comune di cui beneficerebbero tutte le parti in causa.