In viaggio tra Trentino e Balcani
Dal 27 al 29 giugno i Balcani sbarcano a Trento grazie all’iniziativa “L’Europa che non conosci. Viaggi, racconti e immagini tra Trentino e Balcani”. Tre giorni di conferenze, mostre, proiezioni e concerti per raccontare una relazione in viaggio. Un’intervista a Luca Lietti, coordinatore dell’evento per conto dell’Associazione Trentino con i Balcani
(Pubblicato originariamente su Viaggaireibalcani.it, il 19 giugno 2013)
In occasione della chiusura del programma Seenet II – una rete trans locale per la cooperazione tra Italia e Sud-est Europa – che ha visto il Trentino protagonista di un ampio intervento di valorizzazione del turismo ambientale in Albania, Kosovo, Montenegro e Serbia – dal 27 al 29 giugno prossimi l’Associazione Trentino con i Balcani organizza a Trento una 3 giorni dedicata al rapporto tra il Trentino e i Balcani. Filo conduttore delle numerose iniziative in programma è il tema del viaggio.
Conferenze e workshops tematici analizzeranno i recenti sviluppi del turismo nel Sud-Est Europa inquadrandolo in una prospettiva euromediterranea, alla ricerca di buone pratiche per viaggiare in modo sostenibile.
Viaggeranno cibi e saperi delle comunità del cibo di Terra Madre provenienti da Serbia, Bulgaria e Albania, che assieme a membri di Slow Food del Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia si confronteranno sul tema della preservazione di tradizioni e culture autoctone, trasformando vincoli in opportunità.
Paolo Rumiz ha donato alla voce di Roberta Biagiarelli un testo inedito di frammenti e ricordi da una vita in viaggio attraverso i Balcani, che sarà letto dall’attrice emiliana accompagnata dal violino di Mario Shtetl. Musica errante è stato definito il klezmer, espressione musicale della cultura ashkenazita nonché simbolo dell’eterno migrare del popolo ebraico per le strade d’Europa. J’Haz Klezmori, quartetto klezmer di Novi Sad, terrà un concerto la sera del 27 giugno nella splendida cornice dei giardini del Castello del Buonconsiglio di Trento.
Un viaggio in continuo divenire è infine quello dell’Associazione Trentino con i Balcani, da anni impegnata a tessere relazioni di cooperazione comunitaria tra il Trentino e alcuni territori del Sud-Est Europa. Occasione dunque per fare un bilancio di questa pluridecennale esperienza, individuando al contempo le strade future da percorrere. Ne abbiamo parlato con Luca Lietti, membro di ATB e coordinatore dell’evento.
Partiamo dal titolo dell’iniziativa. A quando risalgono i primi “viaggi, racconti e immagini” tra Trentino e Balcani? Come si è evoluta questa relazione nel corso degli anni? Quali le sfide future per l’Associazione Trentino con i Balcani?
L’evento vuole descrivere una fotografia dinamica, ovvero la relazione tra il Trentino e i Balcani. Una fotografia che rappresenti questi intrecci, fatti di frammenti, di racconti e di viaggi, messi in moto tanti anni fa ed evolutisi nell’immagine di oggi, pronta ad arricchirsi di altri particolari e altre storie.
La comunità trentina, la sua società civile e le sue istituzioni, ha percorso praticamente tutto l’arco di trasformazioni della cooperazione decentrata tra l’Italia e i Balcani, e oggi è ancora lì, a differenza di altre esperienze ormai esaurite da tempo, a raccogliere le nuove sfide.
Dai primi interventi coordinati dalla Casa per la Pace di Trento per rispondere all’emergenza della guerra in corso in Bosnia e Croazia durante il 1993, principalmente orientati alle vittime del conflitto (campi profughi e adozioni), passando per gli anni della ricostruzione fisica e di connettori sociali con le iniziative di diplomazia dal basso per favorire il dialogo tra comunità contrapposte, alle prime iniziative di sviluppo locale nel campo dell’agricoltura e del turismo, ad oggi che l’Europa sembra più vicina ma anche più sfuocata e i Balcani vivono un dinamismo frenetico. Un contesto più complesso fatto di incroci e reti su più livelli che trasmettono impulsi, esigenze, bisogni e opportunità nuove.
Oggi l’Associazione Trentino con i Balcani è una casa sola con più porte, ci si può entrare da Trento, da Peja-Pec (Kosovo) e da Kraljevo (Serbia), e guardare al futuro vuol dire guardare oltre la relazione bilaterale, allargando il proprio orizzonte a tutta la regione, lavorando con un approccio sempre più multilaterale e facendo emergere al meglio professionalità e competenze per affrontare quella complessità di cui sopra.
Coniugare un approccio territorialista e sovranazionale è stato sin dagli inizi uno dei temi più cari a questa relazione, verso la costruzione di un’Europa dal basso senza discriminazioni e buchi neri al proprio interno. Ciò acquista ancor più senso in un presente caratterizzato dalla profonda crisi in cui versa il progetto politico europeo, e parallelamente comunità spaesate spesso chiuse in localismi e neoidentitarismi che temono l’incontro con l’Altro. Gli anni passano, ma i Balcani continuano a rimanere “L’Europa che non conosci”.
E’ proprio così. Il punto è “aprire” l’Europa ai Balcani e viceversa, che poi significa riaprire l’Europa a sé stessa. Oggi il progetto europeo si è infilato in una stanza chiusa e buia, in cui ci si perde e manca il respiro, bisogna aprire e far entrare luce e aria, idee e speranze. Riconoscersi significa ridefinirsi attraverso le tante identità che compongono l’idea stessa di essere europei, identità che non possono essere che inclusive, aperte, contaminate e contaminabili, altrimenti avvizziscono nell’isolamento e nella sterilità di progetti politici a scadenza (di solito elettorale), producendo paura e insicurezza.
Non riconoscere i Balcani come parte di questo viaggio di autocoscienza è un []e fatale, la storia lo dimostra, per la stessa sopravvivenza dell’Europa. E ATB, nel solco della tradizione trentina di cooperazione di comunità, vuole partire proprio dal basso, dai territori, dalle ricchezze che vi risiedono (materiali e immateriali) e che non sempre sono immediatamente visibili, neanche a chi li abita, per ridare valore alla parola Europa, alla parola sviluppo, alla parola inclusione. Fare cooperazione per ATB significa creare diplomazia tra i territori, significa costruire reti di persone, passioni, professionalità e idee.
Accanto alla vostra associazione, hanno collaborato nell’organizzazione dell’evento anche altre realtà trentine impegnate a vario titolo e in maniera più o meno diretta nel Sud-Est Europa. Pensa si possa parlare di un “sistema trentino” di relazioni con i Balcani?
In Trentino risiedono diverse realtà. Ad oggi penso si possa parlare di modalità trentina di approccio alla cooperazione, forse di sistema ancora no. La Provincia Autonoma di Trento è stata ed è un punto di riferimento costante e le varie realtà si muovono indipendentemente l’una dall’altra. Serve, a mio modo di vedere, un salto di qualità e questo passa anche da un confronto più serrato tra le varie anime della cooperazione trentina con i Balcani. In concreto dobbiamo guardare ad iniziative comuni, approcciare la progettazione europea insieme, darci visibilità a vicenda.
L’occasione di questa tre giorni è giunta con la conclusione del Programma di cooperazione “Seenet II – una rete trans locale per la cooperazione tra Italia e Sud-est Europa”, che ha visto il Trentino protagonista di un ampio intervento di valorizzazione del turismo ambientale in 4 paesi del Sud-Est Europa: Albania, Kosovo, Montenegro e Serbia. Ci può descrivere origini e sviluppi di tale progetto? Quale il bilancio finale che si sente di fare?
Il Programma Seenet è stata un’iniziativa ambiziosa: mettere a sistema tutta, o gran parte, della cooperazione decentrata italiana nel Sud-Est Europa. Dare i natali e poi curare la crescita di quest’impresa è stato uno sforzo immane, e su questo bisogna rendere merito a tutte le amministrazioni pubbliche coinvolte e in particolare alla Regione Toscana e a Oxfam Italia. Per quanto riguarda la nostra esperienza come coordinatori dell’Azione Verticale 2C “Valorizzazione del Turismo Ambientale nei territori di Scutari, Niš, Kraljevo, Nikšić, Peć/Peja"” è stata un’esperienza provante ma anche ricca di soddisfazioni, che ci ha messo a confronto con nuovi partner e problematiche mai affrontate (appalti pubblici, reti di attori molto vaste e dispersive).
La cosa più interessante è stata quella di andare a scovare nuove pratiche e modelli di turismo sostenibile anche al di fuori del Trentino, grazie proprio all’ampio partenariato Seenet: gli alberghi diffusi in Friuli e in Carnia, gli ecomusei in Piemonte, la gestione delle aree protette in Abruzzo. Questo ha determinato un notevole stacco con il passato, in cui la relazione era biunivoca Trentino – Balcani, ampliando orizzonti e prospettive.
Anche la formazione, gestita praticamente solo in loco, coinvolgendo “teste” non solo italiane ma anche del Sud-Est europeo, ha rappresentato una nuova frontiera. Le due Summer School (2011, Scutari; 2013, Plužine), hanno visto un’ampia partecipazione e hanno riscosso ottime risposte dai partecipanti. Le difficoltà sono state tante, in primis i ritardi dovuti ai controlli ministeriali hanno rischiato di smorzare gli entusiasmi e svuotare il progetto dei suoi contenuti, in seconda battuta l’impari confronto tra la nostra struttura leggera (un coordinatore e un’amministratrice) e l’ampiezza del territorio da coprire, senza espatriati né antenne.
Fortunatamente la lunga storia di presenza trentina in Kosovo e in Serbia ci ha permesso di limitare i rischi di dispersione delle forze. Una delle soddisfazioni più grandi per me è stato quanto fatto proprio in Kosovo, a Peja-Pec, in Val Rugova, dove il nostro intervento ha reso disponibile e usufruibile quelle splendide montagne, attraverso la realizzazione di una fitta rete di sentieri e di rifugi. Per godere appieno di questo risultato, bisogna sapere come era ridotta la Rugova fino a pochi anni fa: completamente distrutta dalla guerra, popolazione decimata da sofferenze e richiusa su sé stessa. Entrare oggi in quelle case e sentire l’aria di rinnovata fiducia è qualcosa che i report non possono descrivere. Per di più, proprio quella rete di sentieri è inserita nella più ampia offerta nominata “Peaks of the Balkans” che nell’aprile del 2013 ha vinto un’importante riconoscimento internazionale “Tourism of Tomorrow”, conferito dal World Travel and Tourism Council.
Alla conferenza prevista per la mattina del 27 giugno, incentrata sulle buone pratiche emerse dal programma Seenet II, lei porterà come caso-studio l’esperienza friulana dell’albergo diffuso introdotta in Val Rugova (Kosovo occidentale), una delle sedi di implementazione del progetto. Perché avete scelto proprio questo sistema di accoglienza? Come è stato calibrato sulla realtà locale kosovara?
L’idea nasce da una considerazione: come combattere lo spopolamento dei villaggi di montagna, e se allarghiamo anche all’intervento a Scutari (villaggio di pescatori di Zogaj), parliamo dei villaggi rurali in genere. L’esperienza degli alberghi diffusi in Friuli e in Carnia nasce proprio dall’acuirsi di questo fenomeno, degradante per il territorio, a causa dei terremoti del 1976. Come in Val Rugova, la vita dei villaggi stava scomparendo, un’intera cultura dell’abitare il territorio, le tradizioni, i saperi stavano percorrendo velocemente la via dell’oblio.
Alcune amministrazioni pubbliche con il concorso di ampie fasce di società civile decisero di non soccombere a questa logica, puntando su loro stessi. Un processo lungo, i cui frutti si vedono solo oggi, frutti che però sono duraturi, niente a che fare con chi ha scelto il soldo veloce, e oggi si scontra con i costi di mantenimento di giganteschi impianti sciistici o paesi fantasma pieni di doppie case vuote, cercando di non rimanere schiacciato dalla concorrenza e pregando per una neve che forse non arriverà mai più. Sauris come Sutrio oggi sono un fiore all’occhiello del panorama dell’offerta di turismo integrata.
La realtà kosovara e albanese sono diverse, come è giusto che siano, ma il concetto di fondo che è passato è quello di scavare il tesoro fuori da sé stessi, dalla propria comunità se vogliamo parlare di sostenibilità nel lungo periodo. Il seme è già diventato germoglio, l’accoglienza diffusa in Val Rugova oggi è già una realtà, sperimentata dagli amici della SAT l’estate scorsa e in questi giorni da altri viaggiatori (il CAI di Perugia è tra le montagne del Kosovo in questo momento). Sta adesso alla comunità e all’amministrazione pubblica continuare ad ignorare le sirene del facile e del breve, che hanno devastato la vicina costa montenegrina, e puntare sul “passo dopo passo”, sulle piccole ma solide conquiste quotidiane, stagione dopo stagione trovare la propria dimensione, il proprio stile nel mercato turistico, senza vendere anima e terra al diavolo.
Un aspetto interessante dei momenti di riflessione pubblica è l’inquadramento dei Balcani in una prospettiva euromediterranea. Perché ha sentito quest’esigenza di allargare l’orizzonte di discussione? In che modo tematizzare tale rapporto?
Perché se è vero che i Balcani sono Europa, è vero anche che sono Mediterraneo. Dare uno sguardo a ciò che accade oggi in Nord Africa, in Grecia, in Spagna, in Turchia o da noi è parlare di un unico tappeto dai mille intrecci, anche dal punto di vista del turismo, di come si vuole fare turismo. Nel futuro che è già qui il Mediterraneo rappresenta un unicum speciale, mettere a sistema un progetto di sviluppo condiviso dell’enorme bacino di cultura, tradizioni, biodiversità, civiltà, significherebbe dotarci di un vantaggio competitivo incommensurabile: non esiste un mare così piccolo e così ricco come il Mediterraneo, e i Balcani ne sono uno dei tanti colori. Su questo consiglio come spunto di partecipare all’evento “L’Ulisse venuto dai Balcani”.
Turismo sostenibile; valorizzazione del patrimonio enogastronomico attraverso il coinvolgimento dei presìdi e delle comunità del cibo di Terra Madre; avvicinamento alla cultura della complessità di cui è ricco il Sud-Est Europa. Questi i temi portanti delle tre giornate. Accanto ad essi sarà comunque dato spazio ad altre aree tematiche in cui è impegnata da anni l’associazione Trentino con i Balcani.
Come dicevo in precedenza, questa tre giorni vuole rappresentare una fotografia dinamica, e quindi abbiamo cercato di far rientrare tutto quello che ATB è oggi, cercando anche di “aprire” i nostri progetti e i nostri pensieri alla cittadinanza, cosa che spesso la cooperazione non fa, per mancanza di tempo o, credo io pensando male, mancanza di volontà di confronto. Mettersi a nudo, esporsi ed esporre i risultati del proprio operato, anche rischiando di subire un giudizio negativo, “…ecco dove spendono i nostri soldi..”, penso ci farà solo bene, magari avvicinerà qualcuno con idee nuove, che vengono da un’altra storia. Ecco perché venerdì pomeriggio si parlerà del contributo fondamentale che il Trentino sta dando alla riforma serba sulla salute mentale, si rifletterà di nazionalismo e di viaggio con l’incontro sulla figura di Bekim Fehmiu. Solo un assaggio di quello che ATB quotidianamente porta avanti per arricchire la fotografia.
Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell’Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto Racconta l’Europa all’Europa.