Bulgaria, piazza contro oligarchia

Da giorni i cittadini bulgari riempiono le piazze in segno di protesta. A scatenare il malcontento la nomina, poi ritirata ieri, del controverso parlamentare e mogul mediatico Delyan Peevski a capo della Agenzia per la Sicurezza Nazionale (DANS). Le radici dello scontento, però, affondano ancora nella sfiducia nell’attuale modello di potere

20/06/2013, Francesco Martino - Sofia

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Manifestazione a Sofia, Bulgaria - F.Martino/OBC

Arrivata al sesto giorno consecutivo, dopo alcuni momenti di tensione che hanno segnato le giornate precedenti, mercoledì sera la protesta di migliaia di cittadini bulgari nelle strade del centro di Sofia si è fatta contagiare dal clima estivo, in un’atmosfera quasi vacanziera.

Sull’ “asse della protesta”, il viale che attraversa il centro della capitale della Bulgaria portando dalla presidenza fino al parlamento e al ponte delle Aquile, non solo bandiere, megafoni e striscioni, ma anche biciclette, famiglie al completo di bambini in carrozzina, ragazzi che cantano e bevono birra in circolo, ragazze in ciabatte e vestiti leggeri che sembrano più pronte alla spiaggia, che non alle manifestazioni di piazza.

Anche i cartelli mostrano sfumature più ironiche: “Non sono pagato per protestare, vi odio gratis”, recita il cartello più gettonato. Lo sberleffo alla classe politica guadagna posizioni sull’urlo di rabbia. Forse anche perché, nella mattinata di mercoledì, la protesta ha ottenuto il primo successo concreto.

Ritirata la candidatura Peevski

Con 128 a favore, e nessuno contrario, le forze della risicata maggioranza emersa dalle elezioni anticipate del 12 maggio scorso, il partito socialista (BSP) e il Movimento per le libertà e i diritti (DPS, che rappresenta l’elettorato turcofono) hanno infatti ritirato la candidatura del parlamentare DPS e mogul mediatico Delyan Peevski alla guida dell’Agenzia per la Sicurezza Nazionale (DANS), proprio la nomina che aveva scatenato la rabbia della piazza.

Dalle tribune del parlamento sono fioccate scuse contrite da parte dei principali attori della vicenda. “Voglio scusarmi con il mio gruppo parlamentare, con i membri del partito e con i nostri elettori”, ha dichiarato il segretario socialista Sergey Stanishev. Che poi ha aggiunto “questa vicenda rappresenta per me una lezione sia sul piano personale che politico”.

L’uomo sbagliato, al posto sbagliato, al momento sbagliato

Per l’attuale esecutivo, in carica da poche settimane grazie ad una fragilissima maggioranza parlamentare, e per il premier “tecnico” Plamen Oresharski la nomina di Peevski è stata più che un semplice []e.

Agli occhi di buona parte dell’opinione pubblica bulgara, Peevski rappresenta tutto quello che la (buona) politica non dovrebbe essere, con una carriera fulminante sempre a cavallo tra politica, interessi economici e controllo dei media.

Trentadue anni, deputato col DPS dal 2009, Peevski è figlio di Irena Krasteva, proprietaria della più grande concentrazione di media in Bulgaria, il “Nuovo gruppo mediatico bulgaro”, parte della costellazione economica che ruota intorno a Tzvetan Vasilev, proprietario della “Korporativna Targovska Banka” ed attivo in tutti i settori economici.

A 21 anni Peevski è già membro del consiglio di amministrazione del porto di Varna, da cui viene poi allontanato per mancanza dei titoli di studio necessari. Dal 2005, per alcuni mesi è investigatore, prima di essere nominato vice-ministro alle Situazioni di emergenza dall’allora premier Stanishev. Perde la poltrona in seguito ad accuse di concussione all’interno dello scandalo “Bulgartabac”, ma viene poi assolto per mancanza di prove. Il tribunale lo reintegra successivamente nel ruolo di investigatore.

Ma non è solo il ritratto del personaggio ad aver indignato migliaia di persone. La candidatura di Peevski segue l’approvazione di una legge d’urgenza che ha riformato l’agenzia di sicurezza DANS, che da struttura di analisi è stata dotata di poteri di polizia e d’indagine. I nuovi requisiti per dirigerla sono stati disegnati apposta per l’ingombrante figura del giovane e potente deputato.

Il dibattito parlamentare sulla nomina ha poi rasentato la farsa: appena quindici minuti dall’annuncio del nome, definito con una certa dose d’ironia inconsapevole “una scelta fuori dagli schemi” da parte del leader socialista Stanishev, al voto finale, senza nessun dibattito sulle motivazioni della decisione. Abbastanza per far traboccare il vaso, e riempire le piazze, a Sofia e in molte altre città bulgare.

Nella piazza: correttivo e laboratorio di alternative

“Chi scende in piazza in questi giorni ha un atteggiamento diverso dalle manifestazioni di febbraio, che hanno portato alla caduta del governo Borisov, con aspettative più modeste e forse più realistiche”, argomenta per OBC Dimitar Bechev, analista e direttore dell’ufficio di Sofia dello European Council on Foreign Relations. “Al di là dell’indignazione per la nomina di Peevski, l’obiettivo non è tanto quello di ‘rivoluzionare’ il sistema politico, ma piuttosto fare da correttivo ad una classe politica vista come corrotta e portatrice di interessi oligarchici e nascosti. L’esperienza recente ha mostrato a molti che dimissioni del parlamento e nuove elezioni non rappresentano necessariamente una soluzione”.

Una lettura che trova molti riscontri tra chi continua a sfilare nel centro di Sofia, anche dopo l’annuncio del dietro-front del governo su Peevski. “Come tanti qui non sono rappresentato in questo parlamento. Ci vogliono nuove elezioni, ma prima i nostri deputati devono rendere possibile il cambiamento, innanzitutto modificando l’attuale sistema elettorale”, è l’opinione di Lyubomir Moskov, imprenditore di Sofia, armato di fischietto colorato al collo. Nelle fila dei manifestanti, sembra importante la rappresentanza di formazioni rimaste fuori dall’attuale parlamento, e tradizionalmente forti a Sofia, soprattutto la destra liberista e in misura minore, i movimenti ecologisti.

“Siamo qui perché non siamo soddisfatti di chi ci governa. Oltre tutto, non sappiamo nemmeno esattamente chi è che comanda in questo paese”, fa eco Stefka Boneva, scienziata nell’Accademia delle Scienze bulgara. “Chi ci governa, chiunque esso sia, deve sapere che l’arroganza non sarà più tollerata. Ora misure di emergenza, nuova legge elettorale e poi Oresharski vada a casa”.

Alcuni elementi di continuità tra le manifestazioni di febbraio e quella in corso, però, ci sono. Innanzitutto il ruolo centrale giocato dai social network nell’organizzazione, largamente spontanea, delle proteste. Ma anche la voglia di creare spazi di discussione e sperimentazione politica nuovi, diretti e non mediati. Ed ecco che l’asfalto dell’incrocio del ponte delle Aquile, solitamente uno degli snodi più trafficati della capitale bulgara, diventa per una sera la sede di un piccolo parlamento improvvisato dove tutti, giovani e meno giovani, possono prendere la parola.

“Non sono d’accordo con chi grida ‘immondizia rossa’ contro il partito socialista”, dice un ragazzo sui vent’anni, la voce un po’ tremante. “In realtà tutti i nostri politici sono immondizia”. Segue uno scroscio di applausi nella calda serata di Sofia.

Governo Oresharski, prospettive grigie

Il neo-premier Plamen Oresharski, presentatosi ai cittadini come “tecnico” in grado di affrontare i problemi più urgenti che scuotono la società e l’economia bulgara, esce dalle proteste in posizione a dir poco scomoda.

Partito con grandi speranze, ma su una base politica fragile, fatta di una maggioranza risicate e di un parlamento con rappresentatività estremamente limitata, col “caso Peevski” Oresharski è incappato in un vero incubo. Dopo l’ammissione di aver “sottovalutato la reazione dell’opinione pubblica sulla nomina alla DANS”, ieri Oresharski ha fatto pubblica ammenda, parlando esplicitamente di “grave []e”.

L’elemento più grave per il primo ministro fresco di nomina è quello di aver dato l’impressione di essere in balia di interessi oligarchici ed economici su cui ha scarso o nessun potere di controllo.

Il premier ha comunque chiesto “un sostegno temporaneo”, senza specificarne i termini di durata, per poter implementare un pacchetto urgente di interventi volti a stabilizzare il settore economico. “Vi assicuro che sento molto bene gli inviti a consegnare le mie dimissioni. Queste, però, porterebbero oggi solo ad ulteriore caos”, ha dichiarato Oresharski in parlamento. “Nuove elezioni con l’attuale sistema elettorale servirebbero a poco. E metteremmo a rischio l’assorbimento di 15 miliardi di euro, nella cornice del prossimo programma quadro dell’UE”.

Le prospettive per Oresharski e la sua squadra di governo appaiono comunque grigie: secondo un sondaggio della società Alpha Research, la luna di miele con l’elettorato è già finita. Anzi, non è mai iniziata. Solo il 23% degli intervistati esprime fiducia nell’esecutivo, l’85% sostiene le proteste in corso, un misero 18% crede che Oresharski porterà a compimento l’intero mandato.

Partito socialista a rischio collasso

“A prescindere dalla pressione della piazza, il destino di questo governo è legato alle dinamiche interne al Partito socialista, che ha vissuto con grande travaglio sia la nomina di Peevski che le proteste che l’hanno seguita”, sostiene Bechev. “Nel BSP è in corso una rivolta interna, e le fazioni oggi minoritarie potrebbero riuscire ad esautorare Stanishev. La mappa degli equilibri che uscirà dallo scontro, sarà decisiva non solo per il futuro del partito, ma anche del governo”.

In termini elettorali il BSP non ha alcun interesse per elezioni immediate. Visto l’imbarazzante record del governo nelle prime settimane, non è escluso il tracollo in ipotetiche (ma nemmeno troppo) consultazioni a breve.

Il malumore nel partito però è molto forte. Una delle voci più critiche è quella del deputato di Sofia Georgi Kadiev, uno dei pochi ad aver abbandonato l’aula per non votare Delyan Peevski, e che nei giorni scorsi ha raccolto un gruppo di scontenti di fronte alla sede del partito, in via “Positano”. “Non capisco quale è stata la logica che ha portato alla nomina di Peevski, né dal punto di vista professionale, né politico, né morale”, ha dichiarato ad OBC Kadiev durante il meeting di protesta, che ha raccolto alcune decine di persone. “Si tratta di un accordo dietro le quinte che non approvo, come gran parte del popolo bulgaro.”

“Perché ci sia un governo stabile è necessario che la direzione del Partito socialista rispetti i propri impegni con gli elettori”, conclude Kadiev. “Sergey Stanishev non l’ha fatto, e ritengo che debba presentare le proprie dimissioni”.

“Sono venuto per capire cosa si nasconde dietro questa decisione, a questo patto scellerato”, ci dice Preslav Nedev, uno dei simpatizzanti del BSP presenti. “Ci sono momenti in cui si devono prendere decisioni impopolari, se servono a fini più alti. Stavolta, però, sono confuso. Spero che il partito abbia il coraggio di aprirsi, di spiegare. Non credo però che questo accadrà mai”.

 

Foto – F.Martino/OBC

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